JARDIN LA MÉNAGÈRE, UNA CUCINA OLISTICA

L’idea di cibo si collega inevitabilmente al concetto di natura, anche se il legame non sempre è chiaro e appropriato. Nell’esperienza umana, infatti, i valori portanti del sistema alimentare non si definiscono in termini di “naturalità”, bensì come esito e rappresentazione di processi culturali che prevedono sostanzialmente la trasformazione e la reinterpretazione stessa della natura.

Il cibo è cultura quando si produce, perché effettivamente l’uomo non utilizza soltanto ciò che trova in natura, ma ambisce a creare il proprio cibo, sovrapponendo l’attività di produzione a quella di predazione. Il cibo è anche cultura ovviamente quando si consuma, perché l’uomo lo sceglie con criteri legati sia alle dimensioni economica e nutrizionale del gesto, sia a valori simbolici di cui il cibo stesso è investito. Infine, il cibo diventa cultura (ed è in questo caso quello che ci interessa al momento di più) quando si prepara, poiché viene modificato attraverso un’elaborata tecnologia che si esprime nelle pratiche di cucina.

Già, lo chef israeliano Erez Ohayon ragiona proprio in tale maniera, in quanto il suo mantra in cucina è solo uno: educazione al cibo. Un concetto tanto semplice a dirsi, quanto complicato nel da farsi. Una stella Michelin a La Bottega del Buon Caffè, approda al Jardin La Ménagère (sempre a Firenze) per far sbocciare il giardino del Riva Lofts, luogo che rasenta la perfezione affacciato sull’Arno, frutto di una recente ristrutturazione firmata dal celeberrimo architetto fiorentino Claudio Nardi. Per Erez, la cultura alimentare è declinata sotto forma di rispetto per l’ambiente, per la salute, per le persone, sia come clienti che come produttori e staff: un pensiero talmente forte, da considerarli e soprattutto chiamarli tutti quanti “famiglia”.

Erez Ohayon, Chef del Jardin La Ménagère

Le sue esecuzioni sono piuttosto ineccepibili, anche perché la sua cucina si arricchisce della sua storia personale, intrecciando le tradizioni culinarie marocchine, russe, polacche e naturalmente israeliane. Tutto è nel segno della sobrietà e dell’essenziale, senza disdegnare però finezza ed estro, mostrando il sincretismo e la capacità di giocare con gli opposti: contrasti, sapori decisi e preparazioni che strizzano l’occhio al passato e guidano il menu à la carte. In più, due percorsi di degustazione, di cui uno vegetariano.

L’elegante atmosfera del ristorante Jardin La Ménagère

Insomma, una riflessione olistica, di evidente ispirazione orientale, dove salute, spiritualità e cucina sono inseparabili. Non c’è infatti piatto che non rinvii a tale sistema di pensiero, dalla sua preparazione alla scelta della materia prima, fino ai fornitori. E poi il grande capitolo delle fermentazioni, concepito come assoluto valore aggiunto, ossia la sperimentazione in cambio di una sostanza più ricca di sapore ed elementi nutraceutici. Per intenderci, una partita di frutta andata a male per causa di forze maggiori può rinnovarsi magicamente in un fondo per una portata vegetariana o, al limite, per una marinatura di pesce.

Dulcis in fundo, la fine e allettante proposta gastronomica si arricchisce di un’ottima cocktail list costituita da classici rivisitati e signature, da sorseggiare fin dall’orario dell’aperitivo, nell’atmosfera distensiva e semplicemente bellissima, del Jardin.

 

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