IL GABBIANO 3.0, MARE E ORTO IN MAREMMA

La mia idea di cucina è quella di legare ciò che abbiamo di fronte a noi, ovvero il mare, con quello che abbiamo alle nostre spalle, ovvero la Maremma più verace. Un’unione, anzi un’intersezione con i sapori dell’orto. Una cucina di stile mediterraneo, senza disprezzare qualche tecnica francese in alcuni piatti che si prestano ad accompagnamenti più ricchi. Tuttavia, l’uso di tante erbe aromatiche e di sapori delicati si prestano proprio allo stile mediterraneo”.

Si presenta così il giovane e talentuoso Alessandro Rossi, chef stellato al Gabbiano 3.0 in quel di Marina di Grosseto. Si muove con caparbietà ed entusiasmo, cercando nel suo lungo menu un ricordo indelebile del distretto adiacente, raccontando storie di mare e di terra, senza perdere di vista la sua centralità, e quindi il suo gusto. Una cucina, la sua, originale e impavida, in cui gran parte dei piatti sono costruiti attorno al rischio, in cui l’avvolgenza palatale è di fatto “contesa” dalla freschezza, da una decisa acidità e da qualche vena amaricante. Sapori ed equilibri che stanno sul filo del rasoio, ma che mettono in luce tanta inventiva e radiosità, anche grazie alla gentil concessione delle erbe aromatiche e dei prodotti dell’orto, curato maniacalmente da lui stesso.

Alessandro Rossi, chef del Ristorante Gabbiano 3.0

Già tanta esperienza per il chiusino classe 1991, con studi alberghieri all’Istituto Pellegrino Artusi della sua località. E poi Zafferano a Città della Pieve, Fino di Rimini, Jasper a Perugia; un’esperienza con Alessandro Dal Degan all’Hotel Europa ad Asiago e infine socio e chef con Filippo Saporito alla Leggenda dei Frati a Firenze, prima di approdare al ristorante grossetano.

È come se regnasse una creatività libera da ogni pregiudizio, favorendogli soluzioni feconde ed esclusive: una maturità comunque da affinare, ma che lo porta, in questo istante, a guardare con occhi nuovi al circondario a lui familiare, che si estende tra il mare e le ondulazioni di questo lussureggiante angolo di Toscana.

È l’inizio conferma il curriculum, dove la composita complessità delle selezionatissime materie prime mette in risalto, sin da subito, i cinque gusti (compreso ovviamente l’umami) percorrendo, in questo modo, un viaggio gustoso in cui il mare, ogni tanto, cede il suo indiscusso protagonismo agli ortaggi a lui estremamente cari ed altri, non sempre ordinari, frutti della terra.

Seducente il gambero marinato con succo di pomodoro e cocomero, cocco, basilico e 11 pomodori del suo campo coltivato. Centrato nella colorazione e nel gusto lo splendido San Pietro in verde e cedro sotto sale. Decisi e saporiti gli gnocchi di patate e pecorino, salsa di seppie, seppioline sporche e maggiorana. Lo spaghettino cotto in estrazione di senape, formaggio e cipolla, lumachine di mare e bottarga, rappresenta, alla fine, un azzardo congegnato. Modestamente gradevole e attraente la rana pescatrice, finocchietto selvatico ed alloro, patate, scalogno e salsa périgourdine. Essenziale e pimpante il dolce dato dal mirtillo, cioccolato bianco e zenzero.

Gnocchi di patate e pecorino, salsa di seppie, seppioline sporche e maggiorana

Buonissimi i pani e i grissini, bellissimi i piatti in porcellana della Gaya ceramic (azienda italiana trasferitasi da tempo a Bali), così come splendida è la vista sul porto: uno stile minimalista ed elegante, in cui il legno scuro domina, ma non appesantisce mai.

 

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