Concours Mondial de Bruxelles: a Pechino un’opportunità da non perdere
Come giudice e degustatore faccio parte del Concours Mondial de Bruxelles fin dalla sua prima edizione itinerante, ovvero Lisbona 2006. Di concorsi internazionali ne esistono molti (e ho avuto la possibilità di partecipare anche ad altri sinceramente), ma resto legato a “Bruxelles” per due motivi. Il primo, senza dubbio, la serietà di un’organizzazione dotata di altissima professionalità. Il secondo, l’amicizia che mi lega alle persone che lavorano quotidianamente alla realizzazione di una manifestazione che, negli anni, è cresciuta e ha assunto un ruolo sempre più importante nel panorama enologico mondiale.
Come in tutte le manifestazioni di questo genere è fondamentale trovare il giusto punto di equilibrio tra le gli obiettivi e i risultati. Un Concorso internazionale è una vetrina di visibilità mondiale, e Bruxelles non fa eccezione. Ma quello che forse molti non sanno è che, oltre ai premi e alle medaglie, l’attività fondamentale del CMB è la condivisione d’idee e di passioni tra le centinaia di degustatori che ogni anno s’incontrano in una città diversa. Non solo giornalisti ed enologi, ma anche buyers, uomini e donne che creano il mercato del vino. Tra un tasting, un pranzo, una risata o un discorso serio, per quattro giorni va in scena un rutilante teatro di considerazioni, scambio di opinioni, divulgazioni e contatti reciproci. E’ un lavoro parallelo a quello ufficiale, ma di fondamentale importanza. Non c’è un degustatore uguale all’altro, ognuno apporta il suo bagaglio di esperienze, di competenze, di originalità e di predilezioni enoiche: è nella eterogeneità di tutte queste anime che risiede la grande virtù del CMB, che poi saprà calmierarle e coordinarle in maniera da ottenere risultati scientifici e coerenti con la qualità dei vini presentati.
Ma c’è un fattore che spesso è sottovalutato e che ritengo determinate soprattutto oggi che il CMB si rivolge a una platea ancora più grande con la prossima edizione di Pechino 2018. Per spigare meglio questo “fattore” porto l’esempio della mia Umbria, una regione a cui sono particolarmente legato. Regioni come l’Umbria hanno bisogno di strategie comuni e unità d’intenti per eccellere in un concorso internazionale. Ovvero, data la varietà e gli stili così diversi dei vini di un territorio simile (e in Italia ne abbiamo in abbondanza), è fondamentale che a un Concorso Internazionale si presentino un numero considerevole di cantine produttrici della medesima tipologia di vino. Sottovalutare quest’aspetto significa non raggiungere gli obiettivi di mettere in luce le eccellenze, per esempio, di un Sagrantino di Montefalco o di un Grechetto, o di un Trebbiano Spoletino. Vini dalle identità uniche, che meritano di essere valutati in un contesto uniforme e omogeneo. Mi è capitato spesso di degustare una serie di vini accorpati per provenienza generica, per esempio Centro Italia. Come può un Sagrantino di Montefalco, con la sua rudezza e la sua tannicità, mettersi in evidenza se accostato, nella stessa degustazione, a un blend bordolese, o a un Sangiovese più o meno strutturato, o a un Montepulciano d’Abruzzo? Vincerà la rotondità suadente del vino più facilmente comprensibile da un gusto internazionale che premia tipologie di vino diverse dal Sagrantino. E’ inevitabile. Se invece al Concorso si presentano 15 Sagrantini di altrettante cantine, verranno proposti in una unica degustazione. E a vincere non sarà solo il migliore, ma il Sagrantino stesso. Che si metterà in luce e sarà argomento di conversazione per i degustatori cileni, francesi, cinesi, sudamericani, o giapponesi.
Ecco la grande opportunità che oggi regioni meravigliose come la mia Umbria hanno: unire le individualità per un progetto di strategia e comunicazione comune, salire su un palcoscenico immenso e giocarsi le proprie carte.
Anche perché la partita non è di quelle che si giocano in un campetto di periferia. E’ una competizione che si svolge sotto gli occhi del mondo. E non manca molto alla fine delle iscrizioni a Pechino 2018.
LE TENDENZE ENOLOGICHE DEL 2018
In un piacevolissimo scambio di mail intercorso con alcuni importanti colleghi che incontrerò a Pechino, ho raccolto molte opinioni interessanti. Ingrid Larmoyeur, dall’Olanda, pone in evidenza il ruolo centrale di vini con una “storia” da raccontare: il mercato olandese è desideroso di sapere chi c’è dietro un’etichetta di vino, qual è il suo racconto di vita e di lavoro. Organic wines (una tendenza mondiale, confermata da molti colleghi) e vini a bassa gradazione alcolica saranno il trend 2018 nel suo paese. Da Taiwan le fa eco Paul Peng, ponendo l’attenzione, oltre che per i famigerati organic, sui vini provenienti da Italia, Francia e Spagna: sono queste nazioni i leader del mercato e continueranno a esserlo anche nel 2018. Nello specifico ovviamente Bordeaux e Borgogna; in Italia certamente la Toscana, ma Paul accenna anche al crescente interesse per i vini dell’Italia Centrale, quindi manda un messaggio anche ai miei cari produttori umbri…
In Israele la voce è di Yair Koren: il mercato, nel 2018, vedrà i vitigni a bacca bianca a prevalere, lo Chablis sta rallentando in favore di Riesling e Sauvignon Blanc. Ma Yair sottolinea anche il crescente successo dei vini dell’Etna, e questa è certamente un’ottima notizia. Poco legno e più eleganza sembra essere la parola d’ordine del 2018. Anche Pierre Thomas dalla Svizzera mi conferma la tendenza del mercato locale a premiare soprattutto i vini bianchi e i rossi eleganti come il Pinot Nero. In generale quindi, dopo qualche chiacchiera in giro per il mondo, l’indicazione è chiara: il 2018 sarà l’anno dei vini leggeri, bevibili, prodotti con metodi naturali, provenienti da regioni storiche, ma con un’identità forte e precisa. Insomma in Italia abbiamo una grande occasione di espansione.
Veniamo, infine, a quel mercato che tutti i produttori del mondo guardano con grande desiderio e bramosia, ovvero la Cina. Tra gli obiettivi principali del CMB con Pechino 2018 c’è proprio l’apertura a questo immenso bacino di interesse. I dati che il board del CMB ci fornisce sono interessantissimi: nel 2018 il mercato cinese continuerà a svolgere un ruolo di primo piano nella filiera vitivinicola mondiale. I vini biologici e biodinamici dovrebbero continuare a crescere. Stesso andamento per le categorie premium e i vini provenienti da paesi definiti “di nicchia”. Vini con una storia autentica, incluse le vecchie annate, i consumatori saranno sempre di più alla ricerca di informazioni interessanti.
IL MERCATO CINESE
Nel 2017, l’Asia è rimasta attore principale del mercato enologico mondiale. La Cina ha il più alto tasso di crescita, sia in termini di produzione che di consumo. Questa tendenza dovrebbe mantenersi nel 2018.
La Cina sta per diventare il primo importatore mondiale di vino, registrando vendite per un valore superiore a 2 miliardi di dollari, conseguenza di una crescita vertiginosa del 37% dal 2014. I consumatori di vino in Cina sono 38 milioni e la loro fascia di età si abbassa: il 40% degli amatori di vino cinesi hanno tra i 18 e i 29 anni. In termini di scelta, i vini francesi, cileni e australiani figurano tra i vini importati più richiesti. In effetti, la Cina è il primo mercato d’esportazione in assoluto dei vini di Bordeaux. Tuttavia, si percepisce un abbassamento del consumo dei vini francesi che si spiega con la ricerca di una qualità equivalente a un prezzo più abbordabile, criteri a cui rispondono i vini argentini, spagnoli e portoghesi.
Nel 2017, i campioni di vini cinesi presentati al Concours Mondial de Bruxelles (CMB) hanno conosciuto un incremento del 112,5% rispetto al 2016, e di quasi il 250% dal 2015. Nel 2017, la Cina ha vinto ben 78 medaglie a fronte di 255 iscrizioni al CMB, posizionandosi 6ª nella classifica generale delle medaglie del CMB (in risalita rispetto al suo 8° posto nel 2016). La regione di Ningxia primeggia su tutte le altre per numero di vini premiati.
Nel 2017, la Cina ha riportato la vittoria vincendo diverse Grandi Medaglie d’Oro, preceduta soltanto da vincitori abituali quali la Spagna, il Portogallo, la Francia e l’Italia e nel 2018 la Cina potrebbe rimanere in cima alla classifica delle destinazioni per l’export dei principali paesi produttori di vino al mondo, grazie a tassi di crescita potenzialmente più alti rispetto a tutti gli altri mercati.
L’unica grande discriminante, però, è la seguente: in Cina, enologicamente parlando, non hanno una storia da raccontare. Noi, in Italia, ne abbiamo qualche milione.
Insomma, arrivederci a Pechino…