LA “STRANA” STORIA DI KLANBARRIQUE
Cosa può succedere a mettere insieme tre personaggi vulcanici e creativi e, diciamolo, brillantemente folli come Agostino Arioli, Matteo Marzari e Andrea Moser? Esattamente quello che può succedere in una complice stretta di mano fra il mondo della birra e quello del vino.
I tre protagonisti di questa storia provengono da settori analoghi eppure opposti ed è stato forse proprio questo il loro punto di forza.
Agostino Arioli è il fondatore del noto birrificio lombardo Birrificio Italiano, mentre Matteo Marzari e Andrea Moser provengono dall’enologia di cantina, lavorando rispettivamente per le Cantine de Tarczal e per Cantina Kaltern. La complementarietà delle loro capacità di trattare la materia birra e quella vino si sono integrate alla perfezione, riuscendo a supportarsi vicendevolmente nella creazione di un prodotto ibrido. Fu così, con la briosa allegria di chi ama conoscere, che i tre personaggi sopraddetti scrissero l’antefatto di una storia fuori dai canoni che si chiama Progetto Klanbarrique.
A guidare la degustazione, il giornalista e grande appassionato di birre Raffaele Foglia. A lui, il compito di costituire la voce narrante di questa storia, animata dalla degustazione di 4 birre Klanbarrique nell’abbinamento con gli eleganti piatti firmati dallo chef Vittorio Tarantola. Eleganti, sì, perché queste birre che ammiccano alla complessità del vino sono pensate proprio per l’alta ristorazione, nella quale il sommelier potrà divertirsi a proporre al commensale alternative nuove e piuttosto curiose.
Inclusio Ultima
E’ la birra di ingresso. Si tratta di una “Birra Metodo Classico” che prevede un dry-hopping in bottiglia, rifermentando in presenza dei luppoli ed affinando per circa un anno. Al naso avvolge con una nota marcata di cereali, ma è soprattutto in bocca che articola la complessità gustativa guadagnata con il suo metodo produttivo. La traccia di miele si unisce con la conduzione fresca del sorso in un equilibrio ben studiato. Una leggerissima chiusura amaricante emerge da eco in persistenza, insieme a una punta balsamica. È proposta in abbinamento all’antipasto “zucca gialla cotta al forno, cotechino, scarola, nuvola di patate bianche e chips di lenticchie”, del quale sa pulire egregiamente la grassezza apportata dal cotechino. Il cenno amaricante della birra si lega a quello altrettanto leggero della scarola prolungando le percezioni gustative del piatto.
Wildekind Brett Farmhouse Ale
E’ la seconda a farsi conoscere, nell’abbinamento con un “Risotto alla W. con Blu del Moncenisio ed essenza di barbabietola”. Questa è una birra che, fosse con entrambi i piedi nel mondo del vino, farebbe quasi storcere un po’ il naso. L’utilizzo del Brettanomyces qui è voluto e sapientemente gestito, inoculato in fase di affinamento della birra all’interno di botti che hanno precedentemente ospitato del vino rosso. Il Brett degrada gli ultimi zuccheri, regalando una birra dal gusto acre e dall’impronta animale. La nota muffosa, quasi di flor, vagamente polverosa e a tratti virante su una speziatura indiana risulta molto marcata. Sicuramente una birra di carattere, per chi ama i gusti decisi e senza ammorbidimenti. In bocca ricorda i frutti di bosco, l’anice e la liquirizia, nella piacevole percezione acidula.
Padosè
Con il “Cervo al pepe nero, salsa ai mirtilli speziata e cipolla arrosto” è proposta la fantastica Padosè, ossia un’altra Birra Metodo Classico ottenuta con bassa fermentazione e una piccola aggiunta di ribes nero in bacche. La macerazione con il piccolo frutto ha la durata di un mese, a cui seguono i processi di illimpidimento ed aggiunta di liqueur de tirage. Da qui, la birra inizia il suo lungo processo di rifermentazione in bottiglia per 14 mesi. Al naso mostra note fruttate dolci, tracce di fragola, foglia di the e un’impronta evidente di fungo. In bocca vige l’acidità che sa determinare l’eleganza senza eccessi. L’abbinamento con il cervo è perfetto, poiché entrambi questi elementi sono legati da un intenso fil rouge terroso, con una nota fruttata comune sia alla birra che al piatto.
Moonshare Barrel-Aged Barley Wine
L’epilogo della storia è affidato alla Moonshare Barrel-Aged Barley Wine. Con il suo 10% di titolo alcolometrico già si afferma come qualcosa che, superando la linea di confine del mondo birraio, corre rapidamente incontro alla sfera del vino. È una birra forte, invecchiata per molto tempo all’interno di botti precedentemente contenenti la grappa 18 Lune Marzadro. Questo la connota di una peculiare morbidezza, amplificata ulteriormente dall’utilizzo del legno. Al naso dà un’impressione acidula ma equamente morbida, confermando poi entrambe queste caratteristiche al palato. Intrigante, beverina ed equilibrata. L’abbinamento pensato per questa birra è quello con un dessert altrettanto particolare: “Mela caramellata alle noci, gelato al formaggio fresco di capra, nota di 18 Lune Marzadro e panettone”. Il connubio è eccellente, grazie ad una struttura possente della birra in grado di sostenere l’aromaticità del formaggio di capra e grazie al tratto acidulo in bilanciamento della dolcezza della mela. Si basa su un contrasto perfetto fra il carattere articolato del dessert e quello pungente, acre, della birra.
Un birraio, due enologi e l’orizzonte dell’alta ristorazione.
Questa storia è, probabilmente, solo al suo inizio.
www.klanbarrique.it