D’O, IL TESSUTO UMANO DUE STELLE MICHELIN

Uno è originario di Cornaredo, seppur nato a Milano, l’altro di Bareggio. Il primo ha scelto di dedicare la sua vita alla cucina senza mai distogliere da essa lo sguardo passionale, il secondo è stato attratto irrimediabilmente dal vino, che si è fatto largo nella sua vita senza uscirne mai più. Lo Chef fu colui che acquistò le mura, ristrutturò i locali e diede vita a un ristorante che oggi si fregia della seconda stella Michelin, il Sommelier fu quello che ne varcò la soglia nel lontano 2004, finendo per diventare parte integrante di questa realtà e rappresentarne un valore aggiunto. Loro sono Davide Oldani e Manuele Pirovano, rispettivamente Chef Patron e Head Sommelier del Ristorante D’O di Cornaredo.

Manuele è uno di quei professionisti che traggono soddisfazione nell’instaurare empatia con il cliente e, soprattutto, è uno di quei pochissimi uomini che ne sono ancora realmente capaci. Gentile e non ossequioso – come dovrebbe sempre essere un Sommelier che sotto la divisa voglia preservare la sua fisionomia umana – Manuele è capace di condividere quell’ironia che, come lui stesso dice, è sinonimo di intelligenza. Acutezza e discrezione sono i presupposti per un intuito fine, che Manuele mette costantemente al servizio delle sue giornate trascorse fra i tavoli del D’O.

Manuele Pirovano, Head Sommelier del Ristorante D’O (photo credits Mauro Crespi)

Davide è una di quelle persone che sentono l’armonia correre come una linfa dentro il proprio corpo, lasciandole il potere impressionante di riattivare certi ingranaggi sopiti, che mostrano i sintomi della loro esistenza attraverso un’emozione fra le più intense.

Al di là di quella che può essere la geniale definizione della cucina pop che ha reso celebre Davide Oldani e il suo Ristorante D’O, ciò che siamo qui oggi a raccontare è la trama umana che anima tutto questo. Lo Chef Oldani ha affermato l’armonia dei contrasti nei suoi piatti, andandoli a ricercare come farebbe un pioniere. Ma armonia, per Davide, non è esclusivamente quella sorretta dalle stoviglie di ceramica e destinata al piacere del palato. Armonia, al D’O, è anche il principio su cui si fonda la squadra che muove il ristorante. Già, perché la realtà di un ristorante non è l’insistenza egocentrica e ripetibile di una nota sola, per quanto incredibile possa essere, ma piuttosto l’orchestrale combinazione di una molteplicità. Ognuna delle persone che la compone ha la sua attitudine, ognuno ha il suo pensiero, ognuno ha il suo ruolo, ognuno ha la sua inclinazione – che un buon leader deve saper guardare, riconoscere e accompagnare nella fioritura – ognuno è la sua diversità, che può condurre certamente a screzi ma che arricchisce un insieme di tridimensionalità. Una delle variabili che rendono il D’O un ristorante d’eccezione è precisamente questo: la squadra e il modo con cui essa viene coordinata dal suo vertice.

Davide Oldani, Chef Patron del Ristorante D’O (photo credits Neri Oddo)

Un punto focale, su cui difficilmente ci si sofferma a parlare, è proprio il rapporto che deve funzionare tra il meccanismo della cucina e quello della sala, che spesso si dà per scontato ma è in realtà un’intesa importantissima” racconta Manuele “Io sono con Davide da tanti anni” prosegue “e la cosa che abbiamo fatto, in modo del tutto inusuale, è stata quella di scambiare per breve tempo sala e cucina: chi era di norma in cucina ha seguito la sala e chi invece era destinato al servizio in sala ha vissuto l’esperienza di cucina, così da acquisire consapevolezza di quali siano le esigenze reciproche. Per me è stato illuminante”.

Manuele Pirovano nella cantina del D’O (photo credits Maki Galimberti)

Sapersi confrontare” conferma Davide Oldani “è la caratteristica più importante di una squadra; noi ci confrontiamo una volta alla settimana tutte le settimane, da 17 anni”. Il ‘terzo tempo’ in casa D’O si svolge il sabato mattina, davanti a una buona colazione. Questo è il momento, voluto fortemente da Davide, in cui tutti, ma veramente tutti, sono chiamati a costruire la realtà del D’O, con la pazienza del confronto e l’entusiasmo del cambiamento volto a migliorare. Tutto, qui al D’O, si fonda sull’interazione umana, poiché senza di essa persino la perfezione di un piatto o una sala colma di clienti perderebbero di senso. “Prima del cliente ci siamo noi” dice lo Chef, affermando un principio cardine non solo della realtà di ristorazione ma di qualunque atto che nasca da un incontro umano “Non si riesce a lavorare bene se non si sta bene”. E prosegue “La differenza tra sala e cucina è storicamente molto sentita nella ristorazione poiché chi è in sala ha la giacca e la cravatta, e quello in cucina no. Ma qui non è così: ciò che fa chi è in sala, che difatti è in prima fila sul palco, è la stessa cosa che fa chi è sotto a fare il pane”.

Spaghetti al cartoccio by Davide Oldani (photo credits Mauro Crespi)

È obbligatorio, per volere dello Chef, darsi la mano alla mattina, non appena si varca la soglia del locale, così come è imperativo festeggiare i compleanni preparando una torta e stappando una bollicina degna del momento di festa. Poiché le tensioni esistono, ma l’intenzione è saggiamente quella di ricominciare, ogni mattina. L’essere umano e le sue dinamiche relazionali sono poste al centro della squadra del D’O, tanto che lo Chef sta guardando a una modifica sostanziale degli orari di apertura, mantenendo un solo servizio al giorno e consentendo così ai propri collaboratori di godere anche del tempo personale. Poiché se è evidente che un essere umano necessita di un tempo per mettere a tema la propria vita in tutte le sue componenti, è altrettanto vero che sempre più spesso l’alienazione prende possesso della vita lavorativa, esasperandola e rendendola totalizzante nelle proprie giornate. Per invertire una simile tendenza ci vogliono occhio umile e consapevolezza della differenza che esiste fra la carne e la robotica.

Davide Oldani ha a cuore il fatto che il lavoro sia cultura e declinazione di sé stessi nella quotidianità, presupposti fondamentali per sviluppare un attaccamento libero e appassionato ad ogni gesto, dall’apparecchiare al lavare i piatti.

Del mio lavoro amo i continui stimoli e l’adrenalina giornaliera” racconta Manuele “Mi piace imparare dai nostri commensali, poiché a volte ci sono persone estremamente preparate su alcuni temi e questo sprona a migliorarsi sempre di più anche nella conoscenza”. “Cosa mi piace nel mio lavoro? Tutto” fa eco lo Chef, aggiungendo “Lo pratico tutti i giorni e se non trovassi una bellezza in quello che faccio, la vita sarebbe trasandata. Amo le mille opportunità che ci sono in questo lavoro, per poter crescere”.

Scombinare le carte by Davide Oldani (photo credits Mauro Crespi)

Le numerose sfide sono quindi vissute come fossero i pioli di una scala, di cui si può ricordare l’inizio ma non se ne intravede fortunatamente ancora la fine. Il riconoscimento della seconda stella Michelin, arrivato durante il periodo di chiusura per le misure anti Covid, sarà la principale novità della riapertura, ma non sarà l’unica. Il D’O è stato infatti insignito anche della nuova e rara Stella Verde, attribuita dalla Guida Michelin a coloro che mostrano una certa sensibilità verso il tema del “sostenibile”, nella sua accezione più ampia e concreta. Due meriti, questi, che erano nell’aria già da un po’ e che trovano conferma nella realtà vissuta, ancora più che in quella parlata o dipinta sulle tele del marketing. C’è attesa. C’è il desiderio di vivere in prima persona questa seconda e desiderata stella Michelin, come sfida per sè stessi e come impegno verso i clienti. La voglia di ripartire con questa stella affissa al petto si legge negli occhi di Davide e di Manuele. “Il bello arriva adesso”, dice Manuele. E sorride, dissolvendo l’attesa in un silenzio sufficientemente eloquente.

 

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Cover: Davide Oldani (photo credits Mauro Crespi)