ENOTECA LA TORRE, LUMINOSO “STILE” PARTENOPEO

Un’ambasciata di suggestioni partenopee nello scrigno di una dimora del primo Novecento, a Roma sulla riva destra del Tevere ci si sente come tra le maioliche policrome della penisola sorrentina, tra sapori indissolubilmente connessi alle memorie familiari e nell’assonanza di ingredienti idioma di solarità campana. Domenico Stile, dal 2016 executive chef del ristorante Enoteca La Torre a Villa Laetitia, narra attraverso la sua proposta di cucina non solo il suo DNA, ma le influenze compositive maturate al fianco di Crippa, Cannavacciuolo, Bottura e Nino di Costanzo.

Domenico Stile (photo credits Aromi.group)

Concretezza, contaminazioni asiatiche ed architetture che trovano in stampi, stencil e coloranti l’iconografia di una proposta fine dining che intrattiene anche attraverso il gioco.

Appetizer (photo credits Rossana Brancato)

Appetizer (photo credits Rossana Brancato)

Il circo degli appetizer si svela nella funambolica metalleria della mise en place che mette in risalto le tinte sgargianti ed il filo conduttore delle cremosità rassicuranti, dalla ricotta all’erborinato di bufala, dalla cagliata di mandorla con cialda al caffè all’airbag di pizza, arrivando all’adorabile devozione per il friabile tarallo e per le mandorle speziate. Su tutto, il desiderio di trasporre i paradigmi dell’aperitivo a sud.

Cialda al baccalà (photo credits Rossana Brancato)

L’iconica cialda di Quique Dacosta, nella rivisitazione dello chef Domenico Stile vuole accogliere l’ospite nell’esperienzialità del fritto di baccalà, attraverso il sontuoso mantecato celato nella sfrigolante crespella, brillante della polvere di puntarelle e delle note acidule del gel all’aglio nero.

Ricciola, pompelmo rosa e zucca (photo credits Rossana Brancato)

La ventresca di ricciola e le stelle di zucca maculate al cannello, mostrano l’umbratile persistenza della combustione, trovando compendio nel pompelmo rosa. Non un tataki, né per taglio né per texture, ma un ricordo di carpione in edizione autunnale.

Risotto ai limoni, cannolicchi, vongole veraci, asparagi e yogurt (photo credits Rossana Brancato)

Uno studio sul limone d’Amalfi che si rivela manifesto di essenza e identità: il risotto ai cannolicchi e vongole veraci. La vivacità dei frutti di mare distilla la mineralità iodata che amplifica i toni esperidati. Consistenze multiple dell’agrume tratteggiano le sfaccettature aromatiche senza mai scivolare verso esasperazioni, affidando allo yogurt la cremosa acidità lattica. Gli asparagi croccanti in brunoise creano la tridimensionalità di un riso al salto più che del risotto all’onda. Scorzette di limone candite, polvere di limone affumicato ed un aerosol a tavola di elisir di limone, definiscono le coordinate per elevare l’assaggio a viaggio emozionale in Costiera.

Uovo, taleggio di bufala, tartufo ai sentori di sottobosco (photo credits Rossana Brancato)

L’uovo cotto a bassa temperatura è un’ode ai piatti di mezzo ormai desueti ma sempre carezzevoli e significativi nella leggiadria di un menù. Il tartufo bianco a tratteggiare il legame col sottobosco dei funghi, la mousse di taleggio di bufala e donare cremosa persistenza. Una portata al cucchiaio vivacizzata da tessiture multiple e ricercate croccantezze.

Manzo alla partenopea, radice di prezzemolo e pinoli (photo credits Rossana Brancato)

Il manzo alla partenopea, radice di prezzemolo e pinoli, destruttura e ricompone la braciola della tradizione napoletana. Una lettura contemporanea che esclude le ossidazioni degli stufati per donare all’assaggio iridescenza. Chips di aglio, emulsione di pinoli ed uvetta semi-dry come tessere di un mosaico che raffigura la matrice umami del manzo, materia prima di ricerca tra le razze autoctone campane.

Cioccolato, mandarino e capperi (photo credits Rossana Brancato)

Il cioccolato Macaé brasiliano dalla fruttata emblematicità e voluttuosa texture, armonicamente si sintonizza alle gelatine di mandarino e alla trilogia di capperi, elementi salmastri che sanciscono l’importanza di un approccio al dessert al piatto libero finalmente dal monopolio lezioso della dolcezza.

Rudy Travagli (photo credits Aromi.group)

Rudy Travagli, restaurant manager dell’Enoteca La Torre, coordina in sala un servizio puntuale, dinamico e disinvolto. Dall’esperienza al The Fat Duck di Blumenthal e all’Enoteca Pinchiorri mutua la consapevolezza che sia la proposta enologica spesso a qualificare in larga misura un ristorante.

La sala (photo credits Aromi.group)

All’Enoteca La Torre brillano numerosissime proposte al calice, verticali e rarità nazionali e francesi dai ricarichi contenuti. Alessandro Nocera, maître del ristorante, anticipa le esigenze e dirige un team particolarmente abile al servizio al guéridon, nella rifondazione del legame indissolubile tra cucina e sala.

 

enotecalatorreroma.com

 

Cover: photo credits Aromi.group