GRANDI CALICI PER LA SUBLIME MOSTARDA MANTOVANA
Da sempre la Mostarda mantovana accompagna il sontuoso carrello dei bolliti, re indiscusso della tavola italiana, che con qualche differenza di tagli e salse, unisce la penisola dalle Alpi alla Sicilia. L’antica preparazione nata per conservare frutta e ortaggi e consumarli anche quando non era stagione, si ottiene dopo aver lavato e mondato la frutta fresca matura (a Mantova in prevalenza si usava la mela campanina di cui erano ricche le campagne) oppure la verdura, tagliandola a fettine sottili, per poi candirla, lasciandola qualche giorno immersa in uno sciroppo di zucchero, aggiungendo l’essenza di senape. Il bollito non è l’unico piatto con cui gustare l’antica preparazione mantovana, molto più complessa di una semplice marmellata, il suo caratteristico sapore leggermente speziato dalle note piccanti, ne lascia intuire un’inaspettata duttilità in cucina.

Mantova
La Mostarda si presta a dare ritmo alle portate, intercalando primi e secondi, si sposa magnificamente con i Tortelli di zucca mantovani, con lo Zampone, il Cotechino, la Salama da sugo, i Formaggi mediamente stagionati, i Salumi, si presta addirittura a insaporire Pesce e Insalate. Tuttavia, la genesi della Mustum Ardens, come era chiamata in epoche lontane, affonda nella storia della cucina basso lombarda e riporta ai banchetti della nobile dinastia dei Gonzaga che governò Mantova per quattro secoli, dal 1328 al 1707, facendone una delle più prestigiose famiglie principesche d’Europa. Mecenati nelle arti seppero attirare a sé i grandi artisti dell’epoca da Leon Battista Alberti al Mantegna, da Ludovico Ariosto a Giulio Romano, da Raffaello a Leonardo e Tiziano. Una capitale che saprà affermarsi anche nella cucina, utilizzando la tavola come momento iconico nel quale distinguersi, riuscendo a competere con le altre casate europee anche in quell’ambito. Eccellere anche a tavola fu la parola d’ordine, grazie a cuochi di rinomata reputazione come il bolognese Bartolomeo Stefani, che nel tardo Seicento pubblicherà un testo dedicato al Principe Ottavio Gonzaga (1543-1583), nel quale impartirà regole e consigli su come preparare ricevimenti e banchetti, codificando e riordinando la gastronomia rinascimentale e mantovana, facendo della Mostarda un cibo destinato non più solo all’aristocrazia, ma anche alle classi meno abbienti.

Paola Calciolari
Ma dove trovarla oggi, se non abbiamo le competenze per prepararla home made? Tra i più virtuosi produttori artigianali spicca Le Tamerici di Mantova, un’azienda con laboratorio di produzione, negozio e uno spazio di 300 mq con cucina per eventi e iniziative, fondata nel 1991 da Paola Calciolari. Un’avventura iniziata organizzando corsi di cucina, che si è evoluta quasi subito nella produzione di confetture e mostarde attingendo alle ricette della tradizione mantovana, utilizzando verdure e frutti dimenticati, come pomodori verdi, zucca, mela campanina o anguria bianca, lavorati freschi senza l’impiego di conservanti, additivi, addensanti o antiossidanti. “Le origini antiche della mostarda mantovana riportano ai Gonzaga” ci racconta Paola Calciolari, “nella preparazione di allora si usava la frutta disponibile, la mela campanina che abbondava a Mantova, l’anguria bianca del basso mantovano o la pera dell’area destra Po, ma anche la mela cotogna, insieme al miele, visto che ancora lo zucchero non c’era. Originariamente si producevano dei panetti solidi di mostarda, perché i cavalieri potessero portarla con sé e cibarsene durante i viaggi e le campagne belliche. In Italia vi sono varie tipologie di mostarda, come quella cremonese, oppure quella piemontese, la Cugnà, prodotta aggiungendo mosto cotto, un termine comune che identifica prodotti diversi; ad esempio, a Mantova la mostarda contiene un solo tipo di frutta, esclusivamente del territorio, tagliata a fettine sottili, mentre a Cremona e Voghera, ad esempio, si utilizzano frutti interi. Del resto, la cucina mantovana riporta al gusto agro-dolce, pensiamo ai Tortelli di zucca (con amaretti e mostarda) e al Cappone alla Stefani (con uvetta), nei quali la mostarda si sposa particolarmente bene. Fin da bambina ricordo la mostarda con il bollito o con il Riso alla pilotta, ma anche messa semplicemente su un pezzetto di Parmigiano o su una fetta di Salame mantovano, deliziosa e capace di pulire il palato”.
L’azienda Le tamerici, guidata da Paola Calciolari insieme alla sorella Alessandra, si trova a S. Biagio di Bagnolo S. Vito (Mantova), ma nella sua prima sede era a Pietole – Borgo Virgilio, località dove nacque il poeta e scrittore Publio Virgilio Marone. La scelta di chiamarla “Le Tamerici” deriva da un arbusto che fiorisce solo quindici giorni all’anno ed è menzionato nella IV Bucolica virgiliana. Per Virgilio le tamerici sono “umili sobrie e fascinose, delicate e suggestive”, una pianta che qualcuno ha definito l’arbusto dei poeti, visto che oltre a Virgilio, ne hanno scritto anche Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio ed Eugenio Montale. “Mi sembrava un bel modo per rendere omaggio al grande poeta latino, nato qui, a cui si deve l’Eneide” conclude Paola. Un nobile condimento capace di solennizzare la tavola, lasciando traccia indelebile di un periodo della nostra storia nel quale salato e dolce convivevano in perfetta armonia e che ha posto le basi alle contaminazioni che oggi caratterizzano la moderna cucina. Un condimento che tuttavia abbiamo voluto ripensare in modalità street-food, in una rilettura contemporanea dove l’antica preparazione diventa ingrediente principe di quattro golosi spuntini quotidiani, adatti a tutte le ore del giorno, a cui ho abbinato quattro calici a mio avviso super.
Prosciutto crudo e mostarda di melone mantovano
Pane ai grani antichi cotto a legna, con un velo di Burro Superiore F.lli Brazzale da mucche olandesi Holstein che pascolano a 300 metri di altezza (uno dei tre migliori burri d’Italia); Prosciutto crudo di Modena Dop F.lli Guerzoni stagionato 14 mesi e Mostarda mantovana di melone Le Tamerici, una varietà di frutta autoctona coltivata ai confini con il parmense. Un boccone dal piacevole contrasto, con la parte profumata, dolce, suadente e aromatica del melone, che incontra la sapidità e le note di nocciola del prosciutto crudo delle colline modenesi, ma si può osare ancora oltre, puntando sulla complessità del Culatello dell’Antica Corte Pallavicina di Spigaroli.
Abbinamento
Malvasia Ronco dei Tassi Collezione di famiglia
Un’azienda sorta nell’89 a Cormons, nel cuore del Collio, dalla passione di Daniela e Fabio Coser, che hanno scelto di posizionare i vigneti in un’area incontaminata ai confini del Parco di Plessiva, dove si riproducono i tassi e altre specie animali protette. Un vino che si origina su terreni di origine eocenica, ricchi di sali minerali, marne e arenarie, con un clima temperato che gode della vicinanza del mare e contribuisce a definire un interessante profilo organolettico. Una Malvasia sempre interessante, che fermenta in tonneau di rovere e affina sulle fecce nobili per 12 mesi. Al naso frutta, un bel floreale e note di cannella e pepe. Un sorso più intenso che nelle precedenti vendemmie, più sapido che minerale, croccante, elegante, lavora molto di frutta gialla matura, con una buona concentrazione legata a un’ottima acidità e a una bella lunghezza.
Carpaccio di salmone affumicato e mostarda di pere Williams
Pane di farro cotto a legna, con Burro Superiore F.lli Brazzale, ottenuto con il latte della mungitura del mattino di mucche Holstein; carpaccio di Salmone selvaggio affumicato Upstream, allevato nelle acque gelide e pulite delle Isole Faroe, tra Scozia e Islanda, marinato e affumicato con faggio dell’Appennino; e mostarda di pere Williams Igp delle Tamerici, una delle più classiche e celebrate mostarde mantovane. Una deliziosa merenda dal sapore dolce e piccante.
Abbinamento
Kerner di Sabiona Cantina Valle Isarco
Una cantina sociale virtuosa, con 130 soci, fondata nel 1961 a Chiusa (Bolzano), dove il livello delle uve dei vignaioli conferitori è sempre molto alto. Un’area da secoli vocata alla viticoltura, con i caratteristici terrazzamenti che richiedono interventi esclusivamente manuali. Suoli di origine glaciale, alluvionali, pietrosi, magri, ricchi di scheletro e poco profondi, insieme a notti fredde e a una favorevole esposizione al sole, danno vini con un ampio spettro aromatico, come il Kerner, che fermenta in botti di legno di acacia, matura su fecce nobili in tonneaux per 15 mesi e affina 9 mesi in bottiglia. Al naso intenso, speziato, sapido. Al palato strutturato, aromatico, con un coinvolgente equilibrio tra corpo e acidità, una bella concentrazione e sentori di frutta gialla, in particolare pesca e albicocca, rivela un’ottima bevibilità e un interessante potenziale d’invecchiamento. Uno dei migliori Kerner che si possano trovare in Alto Adige e un grande esempio di vino di montagna.
Mortadella, Camembert di bufala e mostarda di prugne
Pane ai cereali tostato, Camembert di bufala Defendi (Bergamo), dalla pasta morbida e cremosa, ricoperta da una sottile crosta bianca edibile; Mortadella Palmieri Favola, prodotta con coscia, spalla, guanciale, sale integrale dolce di Cervia e miele, insaccata e cotta nella cotenna naturale; e, per completare, la tradizionale Mostarda di prugne delle Tamerici. Le note speziate e dolci della mostarda, la parte lattica e cremosa del formaggio vaccino, insieme al contrasto sapido del salume, offrono un assaggio ricco e complesso. Un’alchimia perfetta, per un aperitivo sostanzioso o un antipasto originale.
Abbinamento
Riesling Herzú Ettore Germano
Una leggendaria realtà vitivinicola, giunta alla quarta generazione, sorta nel 1856 in zona Cerretta (Serralunga D’Alba), in un’area da sempre vocata al Barolo. Inizialmente erano soli quattro ettari che oggi sono diventati dieci, con Sergio entrato in azienda negli anni ‘90, a caratterizzare un percorso fatto di classicità, voglia di sperimentare e una manifesta tensione alla sostenibilità, insieme alla moglie Elena e ai figli Elia e Maria. Vigne di quindici anni e terreni a circa 550 metri di altitudine, limosi, calcarei, abbondanti di pietre, in regime di agricoltura biologica, senza erbicidi, limitando l’uso di fitofarmaci, concimando a letame e microelementi bio, applicando il sovescio con leguminose e crocifere. Un Riesling sorprendente, che si caratterizza per un leggero gioco di riduzione e si distacca completamente dall’idea di Riesling che abbiamo sempre avuto, tra i migliori che ho bevuto in Europa negli ultimi tempi. Al naso pietra focaia, sentori lievi di fieno, erba appena tagliata, fiori bianchi e frutta tropicale. In bocca pieno, super salato, fruttato, di grande freschezza, lunghezza e persistenza.
Parmigiano Reggiano e mostarda di anguria bianca
Pane di farina integrale, il pluripremiato Parmigiano di montagna caseificio Malandrone a Pavullo (Mo), prodotto a 700 metri di altitudine, con foraggi locali, stagionato 24 mesi, oppure 60, diventando ancor più complesso, intenso, persistente, a cui aggiungere la Mostarda di anguria bianca Le Tamerici. Una varietà antica, dalla scorza verde e polpa bianca ritrovata per caso vent’anni fa da un piccolo contadino di Viadana, ispirando la creatività di Paola Calciolari, che ne ha fatto una mostarda che non c’era. Uno stuzzichino goloso all’ora dell’aperitivo, ma anche un fine pasto di carattere.
Abbinamento
Chardonnay 2017 Ca’ Del Bosco
Tutto nasce in quel lontano 1964, quando Anna Maria Zanella, madre di Maurizio, acquisisce due ettari di collina a Erbusco, un territorio verde, boscoso e idilliaco, dove si è originato uno dei brand che hanno fatto la storia del Franciacorta e ne hanno favorito l’affermazione. Un’identità che prende corpo anno dopo anno con il Metodo Cà del Bosco ispirato ad una rigorosa viticoltura biologica che produce grandi millesimi, su 250 ettari vitati, insieme a progetti culturali ed etici. Un grande esempio di vino bianco fermo composto al 100% da uve Chardonnay, provenienti da 5 vigne scelte e dedicate esclusivamente alla produzione di questo vino. Scrupolosa é la sua lavorazione, che prevede di lavare e asciugare ogni singolo grappolo, mentre la fermentazione ha luogo in piccole botti di rovere, seguita da un´ulteriore sosta sui propri lieviti per almeno 9 mesi. All’assaggio rivela che il 2017 era un’annata calda, dove il vino, grazie soprattutto al grande lavoro svolto in vigna, si mostra elegante e raffinato, dotato di un´ottima spalla acida che garantisce bevibilitá e accompagna il corpo e l’intensità del vino durante tutta la fase di degustazione . Al naso sprigiona sentori fruttati con un leggero ritorno speziato di vaniglia e crosta di pane, ciò garantisce una forte identità parietale e territoriale. Al palato sottende un’interessante trama organolettica, grande corpo e struttura, buona freschezza, buon gioco tra legno e frutto, ma anche equilibrio, rotondità, armonia, con note di frutta esotica e mela matura. L’assaggio evidenzia un interessante potenziale evolutivo.