JOAQUIN E SINE BY DI PINTO, INTRECCIO DI ANIME PARTENOPEE
Nell’eterogenea offerta della ristorazione milanese, nel 2018 si è aggiunto Sine Ristorante Gastrocratico, il sogno di Roberto Di Pinto. Pasticcere e cuoco veracemente partenopeo, porta a Milano il cuore della sua terra raccontata in una cucina gourmet esperienziale che ama definire “gastrocratica”. Tappe significative definiscono il suo percorso lavorativo, prima con il Diana Majestic ma soprattutto con Nobu fino all’approdo parigino nel 2000 con Beltramelli.

Roberto Di Pinto
La grande occasione arriva però come Chef Executive al Bulgari, un incontro che lo ha completato dal punto di vista tecnico e grazie al quale è tornato a parlare di cucina campana. Con il Sine ha realizzato una vera e propria rivoluzione di gusto e di portafoglio, che s’interfaccia con una clientela concreta, giovane e dinamica. Un mix perfetto che lo rappresenta fedelmente e che si rivela anche grazie al luogo scelto, un’ex officina di moto dove le linee moderne e le luci calde creano un’atmosfera che sposa i colori e la creatività, che incontra la sua terra e nella quale veicola il timbro culinario dell’esperienza francese. L’elegante ingresso palesa il concetto di accoglienza con un bancone bar ideale per l’aperitivo; carte da parati e colori oro e mattone accendono di gusto la sala, lo stesso gusto che ritroviamo nei suoi piatti iconici. Signature dish che come dinamiche fotografie assecondando il concetto di sottrazione. Sine significa letteralmente “senza”. Senza orpelli, senza pesi inutili sul conto e nel piatto, e soprattutto “gastrocratico”, un manifesto che snocciola la democrazia dei menù, percorsi di degustazione capaci di arrivare indistintamente a tutti: Sine Confini composto da 10 piatti (95 euro), Sine Tempore 6 piatti (65 euro) e il Menù Gastrocratico 5 piatti (45 euro). Nelle occasioni speciali questa unità culinaria si fonde con l’esperienza enologica; il vino come elemento d’unione al territorio campano nelle selezioni di Joaquin azienda agricola Irpina.
Un cartello bianco su una strada sterrata e boschiva reca la scritta Joaquin A.A. Piante a Lapio. Non serve immaginare il territorio. La dimensione di come sarà il vino è tutta lì, racchiusa tra cielo e terra in un contesto di biodiversità chiamata Irpinia. E Raffaele Pagano Joaquin lo sa bene e lascia fare. Alla natura, alla vite che segue il ritmo delle stagioni nel ciclo di crescita, di maturazione, di equilibrio. Un clima balcanico lo definisce Raffaele, con fare scanzonato, sorriso armato di semplicità e di quella leggerezza, mi vien da aggiungere necessaria per affrontare ogni cosa con la dovuta serenità. D’altronde alla natura non si comanda, si subisce tutto nel bene e nel male: il cambiamento climatico, le derive di una viticoltura che si oppone a temperature sempre più calde, agli inverni sempre più miti, alla siccità di terreni impoveriti dalla mano dell’uomo. Joaquin in una sfida perenne contro l’omologazione entra profondamente in sintonia con quanto lo circonda, accompagnando semplicemente le fermentazioni che saranno spontanee e con lieviti indigeni, prive di controllo delle temperature per vini senza impiego di gomma arabica o filtrazioni, ma corrispondenti al suo progetto enologico: il tempo. Un fuoriserie come le sue 18.000 bottiglie che comprendono una piccola produzione sull’isola di Capri.
Joaquin Dall’Isola 2019 etichetta del decennale in perfetto abbinamento con Pizzetta fritta, friarelli, palamita e basilico. Ad accompagnare Tartare di anatra, midollo, mallo di noce e amaranto, un calice di Joaquin Vino della Stella 2018, il sorso che legge in modo chiaro e definito le terre a Lapio.

Risotto, latte di mandorla e caviale
Come Joaquin Piante a Lapio 2013, dal fascino floreale che si bilancia al Risotto, latte di mandorla e caviale.
Solide strutture di un territorio definito per la sua bellezza l’Irlanda d’Italia. Joaquin I Viaggiatori 2017 presentato in anteprima mondiale, l’Aglianico uscito solo tre volte nella storia dell’azienda: 2006, 2016 e 2017.
Vini ricercati davanti a spettatori inconsapevoli di un percorso che si snoda a fianco di grandi piatti come Guancia di manzo, patata al rafano e liquirizia. Joaquin Dall’Isola 2009 (Magnum) è il primo vino vinificato a Capri. Ricco, armonioso, pienamente equilibrato nella sua verticale salita verso il gusto, gode dell’abbinamento con Caciocavallo podolico 24 mesi e confettura di mela annurca.
Dieci anni (rispetto all’ultima in uscita) che segnano la rivalutazione della viticoltura isolana, tra le prime aziende a rispolverarla. Una viticoltura arcaica che parte dai tempi del romano Tiberio, su una zona piccola, calcearea, isolana. Le luci si abbassano con Joaquin 2013 e O’ Panettone Milano Napoli di Roberto Di Pinto. Poche centinaia di artigianali lievitati che profumano di costiera, di scorze d’arancia, di canditi lavorati secondo ricette antiche che traghettano il gusto milanese verso quell’intensa armonia che si chiama pastiera napoletana.