PRINCIPE CERAMI, L’ARMONIA DI MASSIMO MANTARRO
La narrativa del gusto al ristorante Principe Cerami, si fa epopea di libertà espressiva nella corrente edizione dei menù istoriati dall’executive chef Massimo Mantarro.
Dall’enclave fine dining più cosmopolita di Sicilia, dal San Domenico Palace, a Four Seasons hotel a Taormina, la passionalità mediterranea degli ingredienti di ricerca – nella visione contemporanea dello Chef – è in perpetuo affinamento. Affinamento come risoluzione delle complessità della tradizione in evocativa eleganza sensoriale, memoria gustativa trasposta dal cosmopolitismo stilistico.
“Non c’è innovazione senza tradizione, la tradizione alimenta il mio pensiero in cucina, mentre l’innovazione avviene attraverso la tecnica di cottura”. Massimo Mantarro memore dell’École Lenôtre a Parigi e di ogni eco della gastronomia italiana attraverso le collaborazioni professionali al ristorante Del Cambio a Torino, da Don Alfonso in Campania ed in Sicilia, a Palermo, al Mulinazzo di Nino Graziano e al Duomo di Ragusa Ibla, ha fatto suo un patrimonio culturale del gusto che sa trasporre con purezza espressiva ed autorevole visione.
Dal 2002 il ristorante Principe Cerami – intitolato al nobile che fu proprietario del San Domenico nell’Ottocento – è il fulcro della sperimentazione per lo Chef, il suo teatro proiettato sulla baia di Naxos, abbracciato dal vulcano Etna e dal mar Jonio. Il Ristorante oggi annovera una delle due stelle Michelin storiche, nell’immutata eloquenza della più sontuosa ambasciata dell’accoglienza siciliana.
S’illumina d’ispirata gioia Massimo Mantarro quando espone ogni variazione di registro espressivo dei vegetali, le primizie dell’orto sono oggi le sue note musicali, che rimodula nella scala gustativa ritrovando gli agrodolci dell’heritage siciliano in una travolgente tessitura di mineralità e freschezza. L’identità vegetale sdoganata da ogni ombra anima i menù del Principe Cerami, le conturbanti note carnali delle ciliegie dell’Etna a dare anima al crudo di ricciola, nel duplice specchio umami di pomodoro giallo e acqua di vongole.
Ancora mare e monti nel componimento che si fa rappresentazione del locus amoenus, Scampi e Porcini, crostacei e duplice sintesi dei boschi delle pendici del vulcano, nell’aulico esercizio di stile enunciato in un consommé chiarificato che dona tepore, valorizzando la struttura e l’espressività degli scampi.
Nell’edizione estiva di Come un quadro di Arcimboldo, gli ortaggi crudi, cotti e marinati definiscono l’architettura di una portata strutturata per rivelare ogni essenza vegetale, mineralità, dolcezze salmastre e clorofilliche piccantezze. Animata dalla memoria siciliana dei legumi antichi, delle cicerchie al finocchietto selvatico e dal fondo bruno vegetale, a definire un caleidoscopio che è signature di sensibilità artistica, sostenibilità e nutraceutica.
Gli spaghettoni artigianali Luca Crimi “Monte Etna” sono emblema della filosofia di ricerca e selezione dello Chef: “ho scoperto che ogni produttore ha la sua storia da raccontare. Penso che la qualità della materia prima in Italia sia incredibile”. Fonduta di cinque pomodori come magma, ricotta salata e panure al nero di seppia, sono gli ingredienti di un trompe-l’oeil dell’eruzione vulcanica.
Branzino, peperoni misti, pomodorini e pane alla “Turrato” sono rimembranza della sinfonia panormita dello sfincione. La ritmica più fruttata dei peperoni dialoga con il filetto di pesce in una magistrale esecuzione.
All’arrivo dell’avant dessert giunge anche la dichiarazione dei trascorsi professionali al Mirazur di Mauro Colagreco del pastry chef Vincenzo Abagnale, abile nel legare carota viola a pesca bianca, in un bacio niveo di yogurt e mandorla amara.
A seguire yuzu, pistacchio, miso giallo e soia, sintesi di un viaggio emozionale Tokyo-Bronte, per poi tornare agli scogli mediterranei con l’asparago di mare che vivacizza il millefoglie di ricotta, olive nere, mirtilli e mandorle sabbiate. Intrigante sdoganamento della dolcezza senza leziose edulcorazioni, da mettere a fuoco la prevalenza della cremosità sulla croccantezza.
“Il principe Damiano Rosso di Cerami era un viaggiatore e un devoto amante del vino. La nostra selezione di vini San Domenico Palace vuole essere un viaggio immaginario attraverso le etichette che potrebbe aver incrociato lungo la strada e potrebbero avergli rubato il cuore durante uno dei suoi viaggi”, così l’head sommelier Alessandro Malfitana ha introdotto la nuova carta dei vini del ristorante Principe Cerami, sintetizzando in 1.300 etichette in un romanzo enologico che amplifica la propria valenza letteraria attraverso le illustrazioni artistiche di Serena Silaro.
La cultura del Sommelier traspare dalla selezione biodinamica e dalla rarità internazionali selezionate, tratteggiando verticali toscane di pregio ed etichette di nicchia. Dagli Champagne dei lieu dit all’unico Grillo siciliano reso venerabile dalla Botrytis Cinerea, gli abbinamenti proposti da sempre da Alessandro Malfitana, ne definiscono stile e paradigmatica intelligenza, sorprendendo per la memorabilità delle finestre che sa spalancare sul mondo.
La magnificenza del Principe Cerami di Massimo Mantarro brilla dell’esemplarità delle scelte stilistiche funzionali di interior design e della mise en place, donanti porcellane e cristallerie funzionali, nella sofisticata raffinatezza percepita. Curatissimo il servizio in sala, supervisionato dal restaurant manager Giacomo Girolami, amabile nella narrazione stilistica della cucina.
Oltre all’esponenziale espressione della sua istrionica professionalità, Massimo Mantarro dona la gioia di nutrirsi di una Sicilia senza dogmi, rivelata dall’interpretazione creativa del patrimonio mediterraneo dei sapori che rendono l’isola meta del gusto.
fourseasons/Principe Cerami
Cover: Bao caviale e avocado