RELAIS LE DUE MATOTE: L’ORANGERIE, ATELIER DEL GUSTO
L’Orangerie, il ristorante del Relais di charme Le Due Matote, nasce del segno dell’arte, gastronomica e di stile. Situato a Bossolasco nel cuore dell’Alta Langa – sullo sfondo lo sguardo si erge fino a catturare il contorno del Monviso – è un indirizzo che sta riscrivendo le regole dell’ospitalità. Qui la tradizione si mescola con stile e ricercatezza a una moderna concezione di cucina trovando una dimensione genuina, tra ispirazioni, accostamenti, contrasti e convivialità.
L’Orangerie, dal francese il giardino d’inverno – lo spazio adibito ad accogliere gli agrumi e altre piante da frutto durante il periodo invernale – è il ristorante del retrofuturo, un futuro visto dal passato che reimmagina la cucina tradizionale. Tipicamente annesso alla villa, anche L’Orangerie di Le Due Matote si inserisce nel progetto con una splendida struttura architettonica, celebrazione dell’eleganza e della bellezza. Piante di agrumi, sedie in ferro battuto con soffici cuscini, un piano forte a coda, toni sobri e ampie vetrate rendono il ristorante gourmet il trionfo del décor.

Luca La Peccerella, Lorenzo Manosperti
La cucina a vista dove l’Executive Chef campano Luca La Peccerella propone una cucina italiana raffinata e creativa che trova le proprie fondamenta nella tradizione, completa l’incontro tra architettura, arte e gusto costruito su un nuovo classico in cui le origini campane dello chef si compenetrano con il territorio in un’esperienza maturata nel tempo in rinomati ristoranti italiani. Nella Langa più defilata al limite tra Piemonte e Liguria, Luca La Peccerella è riuscito a creare un ponte con la territorialità, rendendo visibile l’invisibile, celebrando l’orto, le famiglie, la destinazione. In punta di piedi, giorno dopo giorno, ha trasformato la diffidenza in condivisione. Il brunch domenicale ha proprio questo senso: instaurare con il territorio un rapporto diretto e veritiero basato sulla cucina e le sue origini beneventane. Racconta lo chef “Tra l’entroterra beneventano e Bossolasco ci sono molte affinità. Cercavo da tempo un luogo come questo, non solo per cucinare ma anche per produrre e coltivare come si faceva a casa mia. Le sue sfumature mi sono entrate dentro. Mi appartengono. Le mie radici si sono intrecciate con la magia di questo luogo. Vivo nella beatitudine di un eremitaggio, sono sereno. La pace che ho trovato qui è impagabile”.
Al menù À la carta sono affiancati due percorsi degustazione, “Mi chiamo Luca” (140 euro, cinque calici in abbinamento 65 euro) menù a mano libera dello chef, una cucina di pancia e di emozioni che attinge da quella scatola magica che è il suo vissuto, costruita su memorie, tecnica e meraviglia; “Dal Nostro Orto” (110 euro, tre calici in abbinamento 45 euro, cinque calici in abbinamento 65 euro) la proposta che si concentra sul vegetale, attingendo dall’orto simbiotico lavorato quotidianamente per farne parte integrante. “C’è un patto non scritto che di giorno in giorno rafforziamo, un impegno d’onore: offrire un’esperienza culinaria sostenibile e di alta qualità ai nostri ospiti che qui si sentono a casa. Grazie all’orto interno, siamo in grado di ridurre il nostro impatto ambientale e garantire freschezza e genuinità. Non è solo filosofia, è una pratica quotidiana, un rituale. Non salgo in cucina se prima non vado nell’orto, un richiamo ancestrale che mi riconnette col tutto”.
Con il menù vegetale, organico e complesso, ci si immerge nella bucolicità langarola che restituisce la terra, i profumi e i colori delle quattro stagioni espresse anche nel piccolo giardino all’italiana dove trovano dimora alcune delle 250 rose che sono state piantate per rendere omaggio al paese di Bossolasco, a 800 mt sopra al livello del mare.

Minestrone di verdure
Il Minestrone di verdure con 24 tipologie di vegetali, bon bon di Parmigiano 30 mesi e croste di parmigiano, il Cappellino al pomod’oro, cotto in acqua di pomodoro, mantecato con burro di bufala e tre varietà di pomodori “tartarizzate” e una salsa di ben sette tipologie differenti di pomodori, esaltano le verdure in una costruzione di gusto che non soffre della mancanza della carne o del pesce. Il Carciofo con erbe spontanee, il pane panko, salsa bianco di langa taglio vegetale, la Melanzana al carbone, yogurt affumicato, miso, accompagnato da un brodo garum di melanzane e cardamomo, olio alla menta o dragoncello in base alla stagionalità, sono un incalzare di sapori definiti e intensi.

Amouse bouche
“Mi chiamo Luca” ha la forma ritmica dei grandi classici. Tra i piatti più rappresentativi dello chef c’è la regina dello street food napoletano, la Pizzetta fritta, vitello tonnato, capperi, jus e insalatina dell’orto. Si prosegue con Il Panzerotto, bietola, mozzarella di bufala, olive servito con una spuma alla birra Sagrin nella quale, su consiglio dello chef, si intinge il panzerotto; l’Ostrica, topinambur, aringa affumicata e aceto di more; Foie gras au torchon, fichi e pane sfogliato; Calamaro al nero, ceci, alga Nori, e fresno; Terrina di Trota Fario, affumicata e cotta a bassa temperatura, insalata russa di barbabietola fermentata con semi di finocchi dell’orto messi sottaceto.

Cardo

Lumachine, lenticchie, saba e chiocciole di Cherasco
La materia resta netta nei Plin ripieni di ragù napoletano “Omaggio a Nonna Ida”, i Bucatini in estrazione di cipolla, avena e peperone crusco, i Gnocchi di patata, astice e creste di gallo. Chef’s Speciale le Lumachine, lenticchie, saba e chiocciole di Cherasco (anche nella versione vegetariana senza le chiocciole), dove c’è tutto il sapore di casa in un piatto giocoso. Un capolavoro di mediterraneità sono gli Spaghetti Sciuè – Sciuè, nello slang napoletano significa veloce, dinamico. In questa ricetta la Campania incontra il bagnèt verde piemontese stravolgendone i ruoli. Le acciughe, prezzemolo, pane e aceto, elementi cardini del bagnetto, da salsa di accompagnamento a condimento per esaltare la colatura di alici, le alici marinate e lo spaghetto.

Agnello di Langa
Tra i piatti storici che rappresentano il percorso personale dello chef facendo luce sulla cultura gastronomica piemontese c’è la cotoletta alla torinese, Cotoletta Unica Martini, caponata di verdure, salsa bernese e gelo di rucola; il Royale di coniglio, cedro, salsa all’arneis e tartufo, l’Agnello di Langa “Qui la parte del lombo viene farcita da spinaci e spugnole mentre la costoletta viene cotta nel Green Egg”, o il Salmerino all’acqua pazza. A livellare ogni gusto, ogni esperienza goduta, ci pensa il “Gelo di rucola”, un passe-partout che spalanca le porte al dessert: per chi scegli la cucina vegetariana “Carota..Carota..Carota”, bisquit alla carota con namelaka di ricotta di seirass, spuma di carota viola e meringhe alla carota. Per tutti gli altri c’è il Tiramisù di Langa o il classico Babà, albicocche e crema allo Strega, lo storico liquore dell’azienda Alberti. Anche i lievitati sono un’opera d’arte a sé stante. Focaccia al timo; pagnotta, lievito madre, farina integrale enkir, (un cereale selvatico piemontese che non necessita di trattamenti per questo più gustoso e salutare), chips al sesamo e semi, i grissini di farina semintegrale, tutto riporta alla memoria la tradizione contadina italiana.
Il servizio è puntuale, discreto mai prevaricante: guidato da Sabrina Fumagalli insieme al direttore di sala Salvatore De Biase e al sommelier Antonio Vale, punta su attenzione e qualità offrendo empatia e un abbinamento perfetto grazie a una cantina con referenze di grandi etichette e piccoli produttori locali; Ruinart è lo Champagne di casa.
Oltre a L’Orangerie, Le Due Matote ha anche Il Giardino, bistrot e pizzeria che si affaccia sui vigneti che circondano il relais e sul giardino interno. Una doppia anima, trattoria per il pranzo infrasettimanale e pizzeria per la cena che riaprirà con la bella stagione (marzo 2025).
leduematote.com