COLLI BOLOGNESI, LONTANO DAI LUOGHI COMUNI

Lontani dai luoghi comuni, distanti e distaccati dalla facile letteratura fatta di icone, simboli e parole che disegnano un’incompleta, a volte banale, carta di identità di un luogo. Cosa viene in mente, ai più, nominando i colli bolognesi che, a sud e ovest, abbracciano il capoluogo felsineo? Alla più parte di un turismo non particolarmente attento né desideroso di approfondire e conoscere a fondo quasi nulla. Invece nei dintorni di Bologna, nei suoi colli, tutto è fluido e da scoprire, tutto si mescola e completa idealmente per sensazioni inaspettate sincere e pure per ognuno e per tutti cinque i sensi: sono morbide e quiete colline, in parte vitate, per silenziosi panorami a perdita d’occhio che invitano alla meditazione interiore, è l’ospitalità quasi sartoriale di locande e agriturismi a conduzione familiare dove soggiornare e dormire vuol dire sentirsi tutt’uno con il territorio, è l’autentica gastronomia locale, quasi perduta nei principali centri urbani, che racconta storia (davvero antica, fin dai tempi degli etruschi) e cultura di un popolo e della sua terra, sono i vini locali.

E poi sono musei come l’Ecomuseo della Collina e del Vino e Ca’ la Ghironda, borghi quali Monteveglio, Valsamoggia e Savigno, castelli ed eremi (Eremo di Tizzano e il Castello di Serravalle su tutti), i parchi (tra i quali spiccano il Parco dell’Abbazia di Monteveglio e quello della Chiusa), ville e dimore storiche (notevoli, tra le altre, Villa Albergati e Palazzo Piepoli) fino ad arrivare alle suggestioni, quasi ariosi quadri, dei calanchi, ricchi di conche e grotte.

Un territorio di straordinaria ricchezza paesaggistica, storica e culturale con differenti altitudini, terreni e microclimi estremamente variegati. Ed è da queste terre, come si scriveva in larga parte ricche di vigneti, che nascono vini profondamente identitari e propri della zona: il Pignoletto DOCG, bianco frizzante e fermo ottenuto dall’omonimo vitigno, è forse il più caratteristico tra tutti: una varietà di uva capace di assumere toni diversi nelle differenti cantine, in virtù di terreni, esposizione e altimetrie diverse. Pochissimi chilometri di distanza fra un produttore e l’altro possono dar luogo a importanti differenze, ma il DNA dell’uva rimane comune, per un tenore zuccherino non particolarmente marcato e una sapidità equilibrata.

Altre referenze che meriterebbero ben altra fama sono quelle della DOC Colli Bolognesi. Sono proposte enologiche tutelate e valorizzate dal Consorzio Vini dei Colli Bolognesi, che unisce quasi 90 soci tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori locali, i più a conduzione familiare. Sono vini longevi, che spaziano dalla bacca internazionale a quella nazionale, ideali per la gastronomia del territorio, dalla mortadella IGP allo gnocco fritto, dal parmigiano reggiano al marrone biondo, dai salumi del posto ai formaggi locali fino alle crescentine, che qui chiamano (erroneamente, a detta dei vicini modenesi) tigelle; sono diverse le eccellenze ristorative della zona, ognuna con una propria firma, in grado di proporre queste genuine prelibatezze locali. Vini che si sposano con antiche ricette locali, in un silenzioso territorio, quello dei colli bolognesi, di verdi colline e piccoli borghi; luoghi che invitano a un soggiorno inaspettato lontano da luoghi comuni e dal facile turismo mordi e fuggi, da respirare a tutto tondo per un profondo elogio della lentezza per corpo e mente.

 

collibolognesi.it

 

Photo credits: Marco Parisi