SIGNUM SALINA: L’ISTINTO DELLA CUCINA DI MARTINA CARUSO

Martina Caruso. Parlare di lei significa parlare della sua isola, Salina, un perla di rara e selvaggia bellezza nell’arcipelago delle Eolie, la più verde delle sorelle, ricca di una natura che prende il sopravvento su ogni altro elemento. Un battito vulcanico, una biodiversità rara, panorami da togliere il respiro e una comunità di persone complice e unita, in un senso di appartenenza e condivisione unico. Tratti che Martina, chef e patron del ristorante SIGNUM, sito all’interno dell’omonimo Hotel, ha tatuati sulla pelle, nell’anima. Un marchio a fuoco, che la definisce come donna e come chef, nella tempra che delinea ogni suo progetto e nella determinazione con cui lo persegue. Occhi scuri come la sua terra, sorriso aperto e indole siciliana che scorre nelle vene. L’apparente timidezza scompare immediatamente quando parla della passione per Salina, dell’amore che la lega alla famiglia e della cucina che ogni giorno la rappresenta. Classe ’89, nasce tra le mura del Signum, insegna creata e condotta con tenacia e convinzione dai suoi genitori, Michele Caruso e Clara Rametta. Luogo che da sempre è “casa”, una dimora che diventa un abbraccio generazionale, in cui vita personale e professionale intrecciano lo stesso filo, in maniera indissolubile. Ispirazione che anima Martina dall’infanzia, totalmente immersa nel mondo della ristorazione e dell’accoglienza, e che sfocia a soli 16 nella decisione di percorrere la strada della cucina, mettendosi in gioco con slancio e chiarezza di idee. Una scelta naturale, come tuffarsi nel blu del mare, abbracciare gli orizzonti eoliani, assaggiare la terra brulla e raccontarne i colori. Con caparbietà difende questo percorso, lo alimenta e lo rende concreto, sentendolo sempre più vibrare nelle sue corde. Lavorare la materia prima, trasformare un ingrediente, pensare e creare abbinamenti. Adrenalina pura.

Martina e Luca Caruso

La scuola alberghiera, le importanti esperienze, in Italia e nel mondo, e poi il ritorno a casa, per prendere in mano a soli 23 anni, insieme al fratello Luca, il timone del SIGNUM. Lei in cucina, lui alla direzione e management dell’hotel, in un legame fatto di affetto e complicità, oltre che dello stesso profondo attaccamento alla storia familiare. Numerosi e prestigiosi i riconoscimenti degli anni successivi, tra cui brillano la stella rossa (a soli 26 anni) e la stella verde Michelin, entrambe ancora all’attivo. Il premio “Miglior chef donna Michelin 2019” by Veuve Clicquot, i tre cappelli Espresso e le tre forchette Gambero Rosso. Un tripudio di successi che rappresentano il coronamento di un sogno diventato realtà attraverso dedizione e duro lavoro. Il ristorante si trova all’interno del SIGNUM, hotel diffuso nato dalla ristrutturazione di un gruppo di tipiche case padronali eoliane e magazzini agricoli collegati da terrazze e giardini, a formare un borgo. Un progetto che ha salvaguardato le strutture originarie mantenendo intatto l’equilibrio tra il fascino della casa eoliana e il comfort di interni contemporanei, tutto all’insegna di una cifra stilistica perfettamente integrata nel contesto dell’isola e nella sua prorompente anima naturalistica.

Istinto è la parola chiave che muove il fuoco di Martina in cucina. Un richiamo che arriva da dentro, ribolle come il magma nelle viscere del vulcano. Un impulso naturale, spontaneo che le deriva dalla terra e dall’impianto valoriale che ha da sempre assorbito, una pulsione a raccontare il territorio nella forza della sua materia prima e nei sapori potenti e audaci che ne derivano, svelando e salvaguardando il prezioso patrimonio che Salina offre. Anche ciò che guida il suo processo creativo è un moto dell’anima, che si risveglia in momenti inaspettati: leggendo la pagina di un libro, ascoltando il mare, sentendo il profumo di un’erba, viaggiando. Da lì, come un guizzo, lo stimolo a prendere un foglio bianco e progettare il piatto, negli accostamenti e negli ingredienti, così come nella sua forma estetica e visiva. Una spontaneità supportata da tecnica, ricerca e costante confronto. Senza dimenticare la componente giocosa della sua proposta gastronomica, un punto centrale da cui partire per carpirne le sfumature più sottese. Lascia il timone alla vivacità del suo intuito, salvo poi con il tempo perfezionare ogni dettaglio. Un approccio certamente legato ai dogmi del fine dining, ma che trova linfa in quella componente istintiva che definisce la sua identità e ogni piatto attraverso l’emozione, verso saliscendi sensoriali che la rappresentano con sincerità.

Firma una cucina permeata delle sue origini e della sua storia, in un legame imprescindibile. L’estrazione del sapore diventa un “sigillo” in piatti che spingono, impavidi, veicolando la potenza del gusto isolano, l’intensità dell’odore dei pescherecci, il sentore della macchia mediterranea, la sapidità di una terra irrorata dal mare. Un gioco continuo tra temperature diverse che animano pietanze inquiete e consistenze che passano dalla morbidezza alla croccantezza, attraverso note di acidità e amarezza che rendono riconoscibile la sua mano. Martina Caruso è vibrante, come la terra vulcanica di Salina, che narra in tutta la sua peculiarità. I prodotti che ne derivano. La biodiversità che la rende preziosa. I profumi. I pescatori, con la pelle bruciata dal sole e le loro storie di mare, che intessono le parole come fili di reti da pesca. Le armonie e i contrasti. Le donne che raccolgono i capperi e li lavorano per la conservazione. Gli orti e frutteti di cui si prende cura papà Michele. Le erbe spontanee che crescono in ogni dove, dalla riva all’entroterra. I polposi agrumi. Ma non si limita ai confini. La Sicilia è da sempre terra di incontri culturali, ispirazione che conduce la giovane chef a contaminare le sue ricette con elementi dal mondo. Le spezie, gli influssi orientali (nell’utilizzo dei brodi, esaltatori di gusto), i rimandi alla cultura sudamericana (come il Leche de Tigre scoperto in Perù). Il viaggio le appartiene, nella costruzione della personalità, nell’attitudine alla conoscenza, all’apertura. Tratti che si riconoscono nella contemporaneità che sa regalare ai sapori mediterranei, senza snaturarli della loro anima.

La tradizione è una radice, profonda, che arriva in tavola attraverso ingredienti, gesti, sapori, profumi, ricordi che Martina Caruso sa interpretare in forme differenti, con un guizzo creativo capace di rileggerne i contorni lasciando intatta l’essenza. Non un’emulazione, ma una costante ispirazione, accesa da un senso di appartenenza profondo. Il suo tratto identitario, isolano, siciliano e mediterraneo ne fa rivivere la straordinaria forza evocativa, non attraverso una cucina tradizionale ma di territorio, trasversale al tempo e al suo divenire. Segni riconoscibili, come il costante uso degli agrumi, per via di quella nota acida che firma i suoi rimandi di gusto, così come delle erbe aromatiche che crescono spontaneamente sull’isola e ne raccontano le infinite sfaccettature. Curiosa e determinata, verace e semplice nel significato più bello che il termine possa assumere. Caratteristiche che definiscono Martina e che si traspongono nel suo approccio al cibo, da quando giovanissima inizia il suo percorso fino ai traguardi odierni. Con una “spinta evolutiva” che appartiene al suo essere donna, che l’ha vista crescere nella vita, diventando moglie e madre, e crescere in cucina, in un percorso verso un’identità sempre più definita e consapevole, nel gusto, creativa e accattivante nell’estetica. Senza mai perdere di vista sé stessa e le radici della sua cultura culinaria.

Triglia, zuppetta di mandorla, vongole, limone e bottarga

Evoluzione che si evince anche da alcuni suoi signature, come la Triglia. Un piatto che ha da sempre in menu e che nella stagione 2024 vedrà la versione 6.0. Un gioco che ha portato nel tempo a sviscerare questo pesce in tutte le sue enormi potenzialità, con una ricetta diversa ogni anno. Oppure nella Bagnacauda con ricci di mare crudi, il piatto di benvenuto. Un rimando alla tradizione piemontese, ma realizzato con ingredienti mediterranei, in chiave marina e isolana. Una zuppetta di patate, latte e panna con aglio, acciughe e a terminare l’aggiunta dei ricci crudi, un tuffo nel mediterraneo in un perfetto e definito equilibrio e bilanciamento di sapori, raggiunto con un costante affinamento nel corso degli anni. L’evoluzione nasce dalla natura vulcanica del suo modus vivendi, nella voglia di sentire nuovi stimoli, aggiungere ingredienti, cambiare consistenze, rafforzare acidità o regalare rotondità, scoprire accostamenti inaspettati, affinché il gioco non finisca mai, così come il suo entusiasmo creativo. E dal costante desiderio di andare oltre, di osare per scoprire nuovi traguardi di gusto. Come per la frollatura del pesce, a cui Martina si è da poco avvicinata cominciando a sperimentare questa pratica, con la produzione di qualche insaccato di mare e pesci frollati, per la creazione di nuove ricette, verso note gustative più profonde, consistenze inaspettate. Una frontiera che si sente di approcciare oggi, in un tempo che le appartiene, che la fa sentire matura e a proprio agio in questo percorso, senza seguire tendenze che altrove hanno già trovato il loro divenire in momenti differenti.

Mezzo rigatone con scorfano, zafferano, arancia e cicoria

L’attenzione alla sostenibilità è un valore che da sempre appartiene alla natura del Signum, in tutte le sue anime, con un impegno costante alla valorizzazione del territorio e alla tutela della biodiversità, salvaguardando la filiera e le persone che ne sono cuore pulsante. Sin dal principio, fonda la propria filosofia sulla necessità di vivere ai ritmi della natura, senza forzature. Valori che Martina Caruso incarna in una cucina strutturata, ma al tempo stesso fresca e godibile, con maniacale attenzione per la stagionalità della terra e del mare, attraverso il sostegno ai pescatori locali e all’utilizzo di erbe spontanee e ortaggi coltivati nel territorio e alla preparazione di pani da antichi grani siciliani, patrimonio di valore inestimabile. Grandissimo impegno anche nell’evitare ogni spreco della materia prima, utilizzando l’elemento in ogni sua parte, che sia nello stesso piatto o per avvalorare altre pietanze. Nella stessa direzione la scelta di pesci poveri, o scartati al mercato, come la murena, nell’ottica di un rispetto della natura e dell’ambiente senza compromessi. E poi le conserve, che ama preparare per poter sopperire alla mancanza di alcune varietà di ortaggi fuori dal periodo estivo, mantenendo la stessa freschezza e filiera corta di derivazione. La materia prima rimane il fulcro di una cucina di territorio. Ingredienti veraci e artigianali, locali e di altissima qualità, che la chef tratta con grande rispetto. Ha imparato da papà Michele l’attenzione alle cotture, soprattutto del pesce, per non stravolgerne la consistenza, trattenerne i succhi e preservarne il gusto. Ogni lavorazione realizzata con attenzione e cura, in un approccio al prodotto che denota l’attaccamento viscerale alla sua terra e ai suoi frutti, ricchezza di inestimabile valore da portare a tavola in tutta la sua preziosa essenza. Martina Caruso parla con orgoglio e soddisfazione dei tre menu degustazione ideati per definire l’esperienza gastronomica dei suoi ospiti nella nuova stagione 2024. Nomi evocativi, tratti di isola, promesse di gusto. Un incedere che parte dalla mente e dalle sue suggestioni e arriva dritto al palato, in sapori che lasciano il segno. Sono proposte intriganti e coinvolgenti, ben bilanciate nell’accompagnare per mano in un viaggio, all’interno del suo pensiero culinario, nella storia e nei nuovi progetti che animano la sua cucina, sempre fedele a sé stessa e salda al territorio, ma con il piglio mai domo di scoprire nuovi orizzonti gustativi. Rimane poi la carta, ideale per chi desidera costruire un proprio percorso.

Carpaccio di ricciola, garum di alici, olio alle erbe

SIGILLO è il menu di mare e terra, di pesce e di carne, 9 portate (con la possibilità di aggiunte per un totale di 12) che raccontano la chef attraverso i piatti storici che hanno accompagnato il suo percorso nella cucina del Signum. OLTREMARE è un menu di solo pesce, 8 portate che accolgono le novità 2024, tra cui alcuni dei piatti realizzati utilizzando il pesce frollato, nuovo progetto di cui Martina va particolarmente fiera. RADICI è la proposta vegetale, in 7 portate, un’esplosione di ortaggi, erbe e agrumi, emblema di Salina e della sua ricchezza verde. Uno dei piatti storici nel menu SIGILLO, che racconta con garbo il rispetto e la naturalezza con cui la materia prima viene trattata, è il Carpaccio di ricciola, garum di alici, olio alle erbe (raccolte all’interno del Signum). Semplice nell’essenza e al tempo stesso esaltatore dell’ingrediente in ogni sua sfumatura. Degustarlo è come fare una passeggiata all’interno della struttura, annusando l’aria e avvertendo i profumi di una natura che pulsa con forza. Il pesce nella sua delicata crudità, le erbe in tutta la loro esplosione e il garum di alici, a condurre verso il mare con la sua nota sapida. Anche la Spatola panata al barbecue, mandorla e “leche di tigre” rientra a pieno titolo nella storia di Martina Caruso, un piatto che racconta due sue esperienze importanti. Da Gennaro Esposito, a Vico Equense, dove ha conosciuto questo pesce e da cui sempre assorbe la sensazione di “casa”. E il viaggio in Perù, foriero di nuovi stimoli, da cui ha importato la ricetta del leche de tigre, per poi riprodurlo con i suoi prodotti. La spatola è panata, cotta al barbecue, con all’interno una crema di mandorle. Rifinita poi con le immancabili erbe aromatiche, il leche de tigre aggiunto a temperatura ambiente, sedano croccante e colatura di alici. Un piatto che sprigiona freschezza, acidità e piccantezza, in un equilibrio che doma la forza dei picchi di sapore.

Cernia frollata, cruda e cotta

Nell’OLTREMARE ritroviamo l’evoluzione della triglia, un pesce molto amato dalla chef e ormai alla sesta edizione. Questa volta si presenta una Triglia, zuppetta di mandorle, vongole, limone e bottarga. Un’esplosione di mediterraneità, di Sicilia, di mare! Il pesce è marinato in sale e zucchero e poi affumicato. La nota di fumo ben si sposa con la dolcezza della mandorla e il sapido di vongole e bottarga, il tutto pulito dall’acidità del limone. Un piatto nuovissimo, che porta in tavola il lavoro che Martina sta facendo sulla frollatura del pesce è un secondo, la Cernia frollata, cruda e cotta. Due tranci dello stesso pesce, nella volontà di far emergere le differenze di gusto tra la parte cruda e quella cotta al josper, sul carbone. Servita con una misticanza e un fondo di cernia, intenso e deciso. Esprime la ricerca di nuove consistenze e profondità, che si stanno svelando in questo nuovo percorso, la voglia di giocare e di spingersi oltre. Ne emerge una dolcezza e una scioglievolezza, soprattutto nella versione cruda, inaspettata quanto sorprendente. Nella stessa direzione il Mezzo rigatone, con brodo di cernia (nell’ottica di utilizzo dell’ingrediente a 360°), scorfano, zafferano, arancia e cicoria, che narra la nota acida dell’agrume, l’amaro della componente verde e la dolcezza dell’oro rosso, in un tripudio di intensità ed equilibrio.

Bottone di ceci, rosmarino affumicato, foglie di capperi e acqua di pomodoro

Martina Caruso ama la pasta e la porta nel menu RADICI con una nuova proposta, goduriosa ed estiva. Il Bottone di ceci, rosmarino affumicato, foglie di capperi e acqua di pomodoro. Un morso morbido e giustamente tenace, che fa esplodere il ripieno realizzato con ceci siciliani e rosmarino raccolto al Signum. Nel piatto, foglie di cappero (che portano Salina direttamente in tavola) e acqua di pomodoro. Un inno al territorio e all’estate, nella freschezza del pomodoro e nell’immancabile nota acida dell’agrume. Interessante il gioco di avvolgenza e cremosità nelle consistenze, una morbidezza che trova armonia nella parte umida che finisce il piatto.

Tutt’intorno il cuore di una sala garbata, professionale, empatica e leggera, accogliente in maniera naturale e una cantina di grande pregio, curata da Luca Caruso, in un tripudio di etichette prestigiose, da vini di nicchia a blasoni importanti, a cui si aggiunge EOLIA, progetto vitivinicolo sull’isola di Salina affascinante e di grande interesse, di cui Luca va molto fiero. Un capitolo che merita un approfondimento a parte.Che sia fuori o dentro la cucina, la magia che pervade il Signum in ogni suo respiro è quella incredibile sensazione di casa, quel sorriso che avvolge l’ospite dal primo istante in cui si entra in contatto con gli ambienti della struttura e con le persone che la animano. Un luogo che sa abbracciare senza stringere, che sa parlare sapendo ascoltare, che sa sorridere con spontaneità. La casa di ognuno di noi, trasposta in una piccola isola nell’arcipelago Eoliano, tra il verde lussureggiante della natura e il nero del suolo vulcanico, sospesa tra cielo e mare e resa unica da una famiglia, i Caruso, che batte allo stesso ritmo della terra. Nel cuore del Mediterraneo, una perla di semplicità, gusto e “lusso”, nella sua accezione più attuale: poter fermare il tempo ed immergersi nel benessere della bellezza.

 

 

hotelsignum.it

 

Cover: Martina Caruso 

 

Photo credits: Giò Martorana