BUON COMPLEANNO VERMOUTH DI TORINO!
Quello del 14 giugno è un giorno speciale per l’Istituto del Vermouth di Torino, che nel 2020 ha depositato il marchio Vermut di Torino/Vermouth di Torino in Italia, Unione Europea, Regno Unito e Usa, con l’obiettivo di promuovere e tutelare questa Igp nel mondo. Ma come noto, la storia del vermouth parte da lontano ed è strettamente legata al Piemonte e alla città di Torino. È l’assenzio (Artemisia absinthium L.), una materia prima amara già citata nel primo cerchio dantesco, un’erba fiorita dalla scia lasciata dal serpente in uscita dal Giardino dell’Eden a dare il nome al Vermouth. Che deve necessariamente essere presente nel primo cocktail della storia “ready to drink”, il Wermut (assenzio in tedesco) che deriva da “wermo”, amaro ed è presente nel mondo in oltre 100 varietà, benché siano appena tre quelle ad essere impiegate sin dall’800: romano, gentile e pontico (speziato e meno amaro).
Pancalieri è l’epicentro, ancora oggi, della produzione. Ma, diciamolo, inutile mentire, cos’è, in fondo il Vermouth? Un momento? Un rito? Un eccesso o uno svago? Lo sappiamo tutti, un piacere e non tanto difficile da mandar giù. Meglio se solo con ghiaccio e una scorza di arancia. Questa è l’antica tradizione anche se oggi è difficile sentire un cliente avvicinarsi al bancone e chiedere: “Vorrei un bicchiere di Vermouth, liscio”. Già, questo vino – perché di vino, aromatizzato, si tratta – mette a nudo i propri contrasti e negli ultimi dieci anni è riuscito a trovare una nuova dimensione nella mixologia, una sorta di America ritrovata, per gli italiani. E il contrario. La scelta di tutelarlo, il Vermouth di Torino, è per non lasciare che le menzogne vadano in giro col rischio di confondere il mercato, e i consumatori, sebbene questi ne abbiano ben compreso il valore e lo apprezzino nei drink. Per omaggiare questa storia italiana e il prodotto, l’Istituto del Vermouth di Torino, ha presentato alla stampa a Milano tutte le etichette conformi al disciplinare regalando la possibilità di assaggiare le varie tipologie e apprezzarne le differenze. Ne derivano eccellenti versioni e proposte dai dibattiti e tasting, come quello di proporre il Vermouth anche in bottiglie in formati più piccoli, per agevolare il consumo casalingo o nei cocktail bar.
Secondo il Decreto Ministeriale 1826 del 22 marzo 2017 il Vermouth di Torino è il vino aromatizzato ottenuto in Piemonte a partire da uno o più prodotti vitivinicoli italiani, aggiunto di alcol, aromatizzato prioritariamente da Artemisia unitamente ad altre erbe e spezie. Da bevanda medicinale ad aperitivo conviviale, il Vermouth ha contribuito – e non poco – alla fortuna di molte Case liquoristiche piemontesi: a metà ottocento si contavano 42 i venditori di distillati e 30 produttori di liquori. I primi che materializzano un prodotto dolce, balsamico, alcolico e conservabile. Si ricerca l’equilibrio gustativo e chimico tra erbe e spezie. Il Generale Staglieno – a cui si attribuisce il gran parte del merito della nascita del Re dei vini, il Barolo – si fa prestare una barca per palesare la capacità di invecchiamento e conservazione del Vermouth. La nave, dopo aver viaggiato per il mondo, fino a Rio de Janeiro con le bottiglie a bordo, è la conferma della stabilità del prodotto. Il successivo sviluppo dei trasporti, a metà Ottocento, con la linea ferroviaria Torino-Asti-Genova, sarà la svolta per questo drink prêt a boire.
Il successo arriva con i successi ottenuti alle Fiere internazionali, in Francia, Spagna, America Latina, Stati Uniti. Serpeggia, ovunque “l’ora del Vermouth”. E per tenere viva l’attenzione arriva il momento di ampliare la gamma e portare i consumatori a nuove esperienze: nasce il Vermouth bianco, dal colore più tenue, e che, per via delle sue note floreali e agrumate, determinerà una vera e propria rivoluzione nel mercato. A cui segue il Vermouth rosso, il cui colore deriva dal caramello, esplicitamente richiesto dal mercato americano. D’altra parte, a ripercorrere la storia del vino, erano anni in cui piacevano i gusti più dolci.
Arrivando ai gironi nostri, nel 2014, in occasione del seminario The Vermouth Institute a New Orleans, inizia a sentirsi il bisogno di proteggere oltre alla denominazione, il prodotto, quel vermouth che la legge americana avrebbe permesso di produrre senza le caratteristiche che ne hanno delineato, in Italia, storia e carattere.
I produttori italiani presenti a New Orleans trovarono così le ragioni di ritrovarsi al tavolo dell’Unione Industriale di Asti: iniziò così l’ultima importante fase del percorso, reso più facile da un nuovo spirito costruttivo e collaborativo tra i produttori che portò alla prima bozza della legge, grazie anche al sostegno di Federvini, vagliata dalla Regione Piemonte, quindi trasformata in legge dello stato Italiano nel marzo 2017 e inviata alla Commissione Europea per la successiva ratifica. E così, consequenzialmente, nel 2017 nasce, quasi obbligatoriamente, l’Istituto del Vermouth di Torino. Roberto Bava è il primo Presidente e, assieme ai soci fondatori, vengono poste le basi per la costituzione del Consorzio del Vermouth di Torino, avvenuta in seguito, nel 2019.
La produzione del Vermouth di Torino
Uno dei principi cardine è la qualità del vino: bianco o rosso, ci devono essere struttura e acidità per sostenere gli aromi e al contempo gli zuccheri. Scelta la base alcolica, si aggiungono gli estratti di erbe aromatiche e di spezie: fiori, semi, radici e cortecce, estratti ottenuti mettendo in infusione le erbe e le spezie in una soluzione idroalcolica per 15-20 giorni. Che, dopo essere stati miscelati con lo zucchero e il vino, vengono lasciati a maturare in acciaio. Dopo la filtrazione, il vermouth può essere imbottigliato. La zona di produzione è esclusivamente entro i confini della regione Piemonte. Quanto alla classificazione, il Vermouth di Torino viene catalogato, in primis, in base al colore (Bianco, Ambrato, Rosato o Rosso) e alla quantità di zucchero impiegata nella sua preparazione. Si possono ottenere versioni Extra Secco o Extra Dry (prodotti con meno di 30 grammi di zucchero per litro), Secco o Dry, (meno di 50 grammi per litro), e Dolce (zuccheri pari o superiore ai 130 grammi per litro).
Il top di gamma si raggiunge con il Vermouth di Torino Superiore, un prodotto dal titolo alcolometrico non inferiore a 17% vol., realizzato con almeno il 50% di vini piemontesi e aromatizzati con erbe – diverse dall’assenzio – coltivate o raccolte in Piemonte.
I Soci e Marchi del Consorzio
Sono attualmente 23 le aziende storiche che producono e distribuiscono in tutto il mondo il Vermouth di Torino: Antica Distilleria Quaglia, Antica Torino, Arudi, Cav. Pietro Bordiga, Calissano – Gruppo Italiano Vini, Carlo Alberto, Carpano – Fratelli Branca Distillerie, Casa Martelletti, Giulio Cocchi, Chazalettes, Cinzano Davide Campari–Milano, Del Professore, Drapò – Turin Vermouth, Erbe Aromatiche Pancalieri, Gancia & C., La Canellese, Luigi Vico, Martini & Rossi, Peliti’s, Giacomo Sperone, Tosti1820, Ulrich, Vergnano. Il Consorzio ha per scopo principale la tutela, la promozione, la valorizzazione, la vigilanza e la cura generale degli interessi della IG “Vermouth di Torino”. Il Consorzio svolge nei confronti di tutti i soggetti sottoposti al controllo della IG “Vermouth di Torino”, attività di valorizzazione e promozione della denominazione e dei marchi connessi, attività di tutela e cura degli interessi della denominazione e di informazione del consumatore, attività di vigilanza, nonché ogni altra attività e/o funzione attribuita, delegata o consentita dalla normativa vigente.
Dopo oltre vent’anni di lavori, nel 2019 è nato il Consorzio per volontà dei produttori di Vermouth che, consapevoli della necessità di una regolamentazione, hanno definito insieme un disciplinare di produzione approvato dal Decreto del 22 marzo 2017, con cui il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha regolamentato l’indicazione geografica Vermut di Torino/Vermouth di Torino. Il Consorzio del Vermouth di Torino è l’organo che valorizza, promuove e tutela la denominazione e i marchi a esso collegati.
vermouthditorino.org