PROGETTO MIMESI: ESPRESSIONE DELLA PUREZZA A GHIZZANO
La vite ha viaggiato con l’uomo, fin da quando si sono incontrati, fin dal 6.000 a.C. nelle terre del Caucaso. La vite ha percorso gli stessi passi dei conquistatori, degli esploratori, dei commercianti, dei naviganti. Dove i piedi e le culture si sono incrociate, anche le viti si sono incrociate. Si mescolavano fra di loro e si intersecavano con le diverse tradizioni, ascoltando differenti linguaggi e interagendo con le diverse maniere dei popoli, respirando arie nuove, approfondendo terreni mai uguali. Non esiste alcuna specie vegetale che, come la vite, è riuscita a entrare in sintonia con l’intimità dell’uomo, assolutamente nessuna. L’uomo ha sempre interpretato l’uva e il vino attraverso la propria sensibilità, derivante dallo strascico di una cultura e dall’identità del singolo. Per questo, in ogni vino si può leggere la firma di chi lo fa. E nei vini di Ginevra Venerosi Pesciolini quel tratto è riconoscibile per eleganza e per espressività.
Ginevra è il volto di Tenuta di Ghizzano, azienda dai natali lontani tanto quanto la lunghezza dello sguardo di Ginevra sulla propria terra. Nel chiaroscuro delle Colline Pisane, all’ombra invisibile del Mar Tirreno, Tenuta di Ghizzano vive dal 1370. Oggi si estende su una superficie di 350 ettari, di cui solamente 20 a vigneto e ulteriori 20 a uliveto. Il resto si ripartisce fra seminativi, cereali, legumi e tanto bosco. L’intento è quello di far vivere un po’ tutto, qui a Ghizzano.
La certificazione biologica fu conseguita nel 2008, mentre quella biodinamica nel 2018. Una prosecuzione naturale di quello che era l’anima, ancora più che l’intento, di Tenuta di Ghizzano. Un approccio, questo, che conserva tanta energia quanta pacatezza, in quel vigore vitale consegnato alla terra e nell’abbandono completo ai suoi equilibri, ai suoi tempi, ai suoi cicli. E di tale abbandono, i vini di Ginevra portano chiaramente traccia. Imbattersi in essi è simile a sfogliare un libro. Dapprima la finezza della copertina, poi la delicatezza delle pagine di carta, il loro profumo e quel fruscio che promette di essere la miglior colonna sonora di una storia potente e nostalgica. La curiosità porta a fissare qualche parola, di tanto in tanto, immaginandosi lo svolgimento della trama, cercando di coglierne qualche spunto o qualche lampo di colore. Infine, gli occhi si acquietano sul testo e lì, in un frammento di spazio libero e di aria tersa, la sensibilità del lettore incontra quella dell’autore. Un’alchimia non programmabile, che sopravvive solo in un’intesa impalpabile eppure pervasiva, quel tanto che basta da instaurare un dialogo muto.
I vini di Ginevra sono espressivi. Non i più perfetti, non i più brillanti, non i più famosi, ma certamente tra i più espressivi che il nostro panorama viticolo possa offrire. Forse per il carisma della loro produttrice, forse per quella squadra coesa e affezionata che la supporta quotidianamente in campo e in cantina, forse per la terra, forse per le brezze, forse per il sole. La verità è che, in realtà, non lo sapremo mai. Le coordinate che tracciano la specialità di questi vini resteranno parzialmente ignote per tutti, persino per Ginevra stessa. Ed è giusto che sia così, perché la miseria del nostro mondo si misura sull’abbondanza della serialità senza macchia, diserbante di una vita individuale.

Ginevra Venerosi Pesciolini
La storia vitivinicola di Tenuta di Ghizzano è stata scritta a capitoli di uvaggi. Fino a oggi. La novità del presente si chiama Mimesi, ed è il “progetto delle purezze”. Un bianco e un rosso, rispettivamente un Vermentino e un Sangiovese. La confidenza con la terra ha inizio nell’aria, poi nel vigneto e infine in cantina, dove Ginevra ha scelto di utilizzare proprio la terra, per la vinificazione dei due Mimesi: anfore di terracotta Tava per il primo e anfore di Cocciopesto Drunk Turtle per il secondo. Vengono presentati entrambi oggi, sul calare del 2021, ma sono figli di annate differenti. Mimesi Vermentino trae il suo passo felpato dall’equilibrio delle stagioni 2020, mentre Mimesi Sangiovese ha ereditato la finezza di una maturazione lenta, nel 2018. Li distingue la loro identità, la loro annata, la loro fisionomia. Li accomuna un certo pudore espressivo nei convenevoli e un contenuto ammaliante nell’incontro calmo, paziente, avvinto, dilatato su un tempo perduto che concede ancora l’ascolto.
MIMESI – COSTA TOSCANA IGT VERMENTINO 2020
Il colore parla già di un percorso fuori dai canoni. Quella punta estremamente romantica di giallo che porta in sé il ricordo dell’oro rosa, è la veste di un vino che profuma di classe. Al timbro varietale si integra un’anima completamente sua. Il sorso è fresco, il sorso è sapidissimo. È una salinità elegante, parte di una bellissima texture e di una bocca composta.
MIMESI – TERRE DI PISA DOC SANGIOVESE 2018
Naso che, certamente, propone il frutto, la terra e la rudezza della varietà, ma che ha sempre nel suo impasto l’eleganza riconoscibile nel tratto di Ginevra. Una finissima punta balsamica si svela piano piano, insieme alla liquirizia e all’agrume. Rude nel timbro, ma affatto lo è nelle movenze del tannino signorile.