SUAVIA “I LUOGHI”, LA PERSONALITÀ DEL GENIUS LOCI
Dallo straordinario luogo del Soave Classico al particolare dei luoghi unici di Fittà, Castellaro e Tremenalto, il “luogo” è sempre stato per la famiglia Tessari, il punto centrale, il fulcro, l’essenza per parlare compiutamente di vino e territorio. Il luogo inteso nella sua interezza, con le sue valli, gli alberi, il clima, il sole l’acqua e il vento, la biodiversità, interagisce in un’equazione complessa e irripetibile, a tratti misteriosa, insieme al suolo, altro elemento importante.
Il primo evidente interesse per i “luoghi” e allo stesso tempo la loro piccola rivoluzione, fu proprio nella scelta del nome della cantina; non quello di famiglia, Tessari appunto, ma il nome antico del paese di Soave: Suavia. Il “genius loci”, quello degli antichi Romani, era vivo, di personalità e chiaramente definiva, ancora di più se approcciato nel modo unico quale saranno “I Luoghi”, il carattere di una produzione che dal 1982 diventerà propria e non più di uve conferite alle cantine sociali. La storia di Suavia ha inizio nei primi anni del 900’ quando i capostipiti della famiglia decisero di impiantare le vigne e cominciare a produrre uve da conferire alla cantina sociale del paese.
La vera svolta arrivò all’inizio degli anni ‘80 quando Giovanni Tessari e la moglie Rosetta, consapevoli delle grandi potenzialità del territorio, iniziarono a vinificare in proprio. Oggi a condurre l’azienda di famiglia sono Meri, Alessandra e Valentina, tre sorelle, la quarta generazione che ha scelto di onorare il legame con la terra d’origine specializzandosi nella produzione di Soave Classico. Ma soprattutto sviluppando il valore di un territorio dalle caratteristiche uniche di composizione del terreno, esposizione e microclima, luoghi vulcanici che hanno reso queste zone storicamente riconosciute come vocate e ufficialmente inserite all’interno del disciplinare di produzione come U.G.A. (Unità Geografiche Aggiuntive). Nei 30 ettari di vigneto, Suavia ha scelto inoltre di allevare esclusivamente viti autoctone a bacca bianca: Garganega e Trebbiano di Soave. “Raccogliere questa eredità è stato naturale per noi e una volta adulte ci siamo imbarcate in questa impresa: dare vita a una nuova azienda, dando un’identità chiara alle nostre uve. Guidate dal senso di responsabilità e con il desiderio di dare il nostro contribuito, supportando i nostri genitori, siamo quindi entrate in azienda, specializzandoci in modo diverso in questo settore, con l’obbiettivo di rimodernarla”, Meri Tessari.
Oggi Suavia si racconta con nuovo progetto che ha trovato compiutezza con la vendemmia 2020, e che vuole esprimere il territorio in profondità, esplorando la geologia e la ricchezza di suoli in cui le rocce basaltiche si sono disgregate al punto da rendersi assimilabili dalle radici delle viti. Il tempo e la natura hanno trasformato infatti il magma originario in energia vitale: terreni ricchi che interagiscono in maniera completa con le piante che li abitano scambiando facilmente con esse acqua e nutrienti. Luoghi ben definiti, piccoli appezzamenti (da 3600 metri a 2 ettari) di proprietà, in cui Meri, Alessandra e Valentina hanno riconosciuto una particolare espressività delle uve grazie all’osservazione e alla ricerca.
La scelta quindi di valorizzare con una prima attenta selezione in vigneto le bacche di Garganega, di microvinificazioni separate ma assolutamente identiche. La pressatura delle uve intere, la vinificazione in acciaio, la maturazione per 12 mesi a contatto con le fecce fini, il lungo affinamento in bottiglia per 24 mesi, il tradizionale tappo a vite, da sempre parte della filosofia Suavia e ideato appositamente per garantire migliore conservabilità ai vini. Tutto perfettamente uguale per un risultato diverso, unico e singolare. Tre vini, tre produzioni che hanno permesso alle sorelle Tessari di poterne esprimere pienamente le singole caratteristiche.
La ricerca geologica ha rivelato che Fittà, Castellaro e Tremenalto presentano una comune specificità, ma ci insegnano che parlare di “terreno vulcanico” in maniera generica è impossibile vista la grande varietà delle espressioni anche all’interno della stessa area. Ognuno di essi crea infatti un ambiente particolare e stabilisce una relazione differente con le viti stesse. Lo testimonia l’assaggio dei vini che ne derivano e che dimostrano come le caratteristiche di un suolo possano di conseguenza influire nella composizione delle uve. Vini da ascoltare, per il racconto di una nuova storia fantastica.
DEGUSTAZIONE
FITTA’ 2020
Soave Classico Doc
È il primo dei tre luoghi, quello che al calice si esprime fedelmente al Soave Classico: ampiezza, volume, profondità e una decisa verticalità sorretta da freschezza e sapidità. Fittà, vigneto dall’estensione di circa un ettaro, è casa loro. Al riparo dalle intemperie e costantemente baciato dal sole accoglie le vigne, storiche, piantate a mano dai nonni in un terreno vulcanico argilloso, quasi modellabile.
CASTELLARO 2020
Soave Classico Doc
Il vigneto di Castellaro è adagiato sul lato nord del Monte Castellaro e gode di un panorama incantevole sui Monti Lessini. Il terreno qui diviene pietroso, le radici affondano nel basalto. Ancora suoli vulcanici per uve che racconta fortemente la diversità. Il naso si apre a una distintiva nota speziata, le sensazioni minerali e la fragranza di fiori di gelsomino lo riconducono alla sua identità e alla sua storia. Persistente e salino, è un sorso profondo e intrigante.
TREMENALTO 2020
Soave Classico Doc
A 130 metri di altezza, su terreni vulcanici e forti pendenze, i grappoli di Garganega di vigneti di età media di 60 anni, trovano una terza identità. Il naso ricorda la mela cotogna, il gesso, i fiori bianchi e la frutta candita. Il palato alterna rotondità, lunghezza, calore e freschezza, oltre a una decisa salinità.