ARBORINA RELAIS, SOGNO SOFFUSO DI SAPORI E PAESAGGIO
Arborina Relais compare quasi all’improvviso a chi sale a La Morra. Dopo un tornante, una vegetazione verticale rigogliosa scelta con cura botanica incornicia l’ingresso, in un armonioso accordo cromatico e vegetale preludio delle atmosfere che verranno. L’intimità della corte nella quale si è accolti varcato il cancello è accentuata dalla contrapposizione all’orizzonte aperto sulla Langa che circonda il relais; un susseguirsi di morbidi declivi collinari tappezzati dai filari dei più celebrati vitigni piemontesi culminanti nel poggio sul quale svetta il cedro del Libano, possente albero dalla chioma orizzontale piantato a metà ’800 come atto beneaugurante da una coppia di sposi, a simboleggiare la solidità del loro legame anche in relazione alle terre che l’unione avrebbe tramandato alle generazioni future. I due giovani erano Eulalia Della Chiesa di Cervignasco e Costanzo Falletti di Rodello e oggi quell’albero divenuto monumentale è il simbolo della Langa Unesco.
Nell’ampia distesa verde smeraldo del paesaggio delle Langhe si inserisce in felice accordo il parallelepipedo dell’Arborina Relais, struttura dall’architettura moderna e lineare, edificata usando materiali naturali come pietra e legno che ne rivestono il guscio in elegante stile anni ’60. A rendere originale e armonioso il luogo concorrono i giardini pensili che con generose e aromatiche macchie di Rhyncospermum Jasminoides (il falso gelsomino bianco dalle foglie ovali e carnose e i profumatissimi fiori bianchi a stella), lunghi steli di lavanda e cespugli di roselline vivacizzano i prati dei dehors sui quali ciascuna delle dieci suite è immersa e creano cornici naturali nell’intera corte interna. Qui si affacciano la reception e l’area benessere, la piscina e le suites, il ristorante fine dining aperto a cena con vista sui filari delle nobili viti e la scala che conduce alla terrazza della trattoria contemporanea spalancata con le sue pareti in vetro sul mare di colline.
I riti dell’Arborina Relais iniziano con il risveglio nelle suites arredate con eleganza rigorosa nei torni neutri del grigio e del tortora rischiarati dalla luce naturale filtrata dalle vetrate a tutta parete dalle quali si accede al proprio giardino segreto con sdraio dove piluccare nocciole tonde gentili del Piemonte rivestite di cioccolato fondente o sorseggiare un bicchiere di vino accompagnato da tarallini. Al mattino, la colazione è servita negli spazi interni ed esterni della terrazza vista colline della trattoria dove con garbato gusto sono disposti prodotti di pasticceria infornati dalla cucina. Un parterre di torte dolci con marmellata e quiche alle verdure, soffici muffin e plumecake, biscotti e dolcezze al cioccolato, oltre a marmellate, miele, frutta secca e in succo fresco e, nel capitolo salato da ordinare alla carta, uova in omelette o alla Benedict preparate espresse a vista.
Una passeggiata alla scoperta dei paesaggi e della flora di Langa può essere propiziatoria ai trattamenti del piccolo centro benessere aperto solo agli ospiti del relais, eseguiti con prodotti naturali a base di fiori, nocciola, vite rossa e vinaccioli del territorio, ma anche bava di lumaca, preziosa perché ricca di sostanze antiossidanti e idratanti. Le lumache in Langa sono un prodotto emblema, peculiarità soprattutto della vicina Cherasco, piccola località sede dell’Istituto Internazionale di Elicicoltura con un grazioso centro storico dove è possibile visitare la Sinagoga, un museo napoleonico, graziosi cortili segreti aperti in speciali occasioni e che in alcune domeniche si anima di un mercato antiquario diffuso nelle vie del borgo. I gusci delle lumache arrivano anche sulle tavole del ristorante Arborina, per esempio a contenere uno Shottino di “minestrone” fermentato nel quale confluiscono otto verdure diverse e completato da un goccio di vodka servito a chiusura delle giostra di amuse bouche.
All’Arborina Relais si viene anche senza esserne ospiti, per la cucina. L’offerta è una gemma doppia, dal ristorante fine dining incastonato nella corte Osteria Arborina, alla trattoria contemporanea panoramica The Lab, e la cucina è affidata dal 2023 allo chef Fernando Tommaso Forino (che ha raccolto il testimone di Giuseppe Lo Presti, Enrico Marmo e Andrea Ribaldone). Forino è uno chef campano ormai ben inserito nel folto gruppo di talentuosi cuochi partenopei che in Langa disegnano una vivace proposta gastronomica nella quale ricette tradizionali piemontesi e dinamiche interpretazioni ispirate alla modernità si mescolano con brio. Nel ristorante fine dining, a una certa deferenza per le materie prime locali lo chef Forino aggiunge l’aspirazione a ridurre gli sprechi alimentari, il recupero di ricette locali e personali, l’innesto di citazioni a classici degli anni ’80 e giocose metamorfosi di ricette piemontesi e partenopee in finger food, per indurre a un più stretto contatto con il cibo gustandolo appena possibile con le mani, come piace a lui.

Fernando Tommaso Forino
Tecnica e divertimento sono il filo conduttore dei percorsi degustazione Senza Regola e Distanze che si incontrano, pensati con cuore e testa per superare il concetto di fine dining e dare una scossa alla cucina tradizionale. Del resto Forino può permetterselo, forte delle esperienze formative con maestri e chef autorevoli, a partire dai tre stelle Anne-Sophie Pic e Michel Bras e poi Andrea Aprea e il due stelle Nino Di Costanzo. La cena all’Osteria Arborina viene preparata sotto gli occhi dei commensali nella cucina a vista che accoglie con il divertissement di amuse bouche costellati da rivisitazioni di ricette pop come l’Arancino a base di tapioca incoronato dal sapore guizzante di una tapenade di oliva taggiasca e servito su un piedistallo in osso collezione dello chef. La Boscaiola si evolve da condimento a protagonista impregnando del suo sapore acre e dolciastro la farcia di due sottilissime cialde a forma di fungo che si fondono e frantumano come flutto di velluto sul palato e il gioco si rinnova nella sagoma bicolore del wafer croccante modellato come un maialino nel quale si compendia il ricordo della merenda d’infanzia dello chef a base di pane con lardo.

Alici in verde
Grissini stirati a mano, pane conviviale di grano saraceno e olio ligure di Imperia accompagnano una serie di piatti nei quali lo chef Forino si diverte a scompigliare i ruoli di sapori e ingredienti, portando in primo piano ciò che normalmente è comprimario. Avviene nella Alici al verde dove la parte vegetale diviene protagonista in forma di insalatina di prezzemolo riccio insaporito con soia, garum (ottenuto dalle interiora delle alici messe sott’olio con la soia) e katsuobushi di alici ricavato dalla lisca essiccata e tritata ridotta in polvere; le alici arrivano dopo, quasi ne fossero l’accompagnamento, marinate e decorate con una crema di acciughe e pane che pare un centrino.

Toast farcito con lingua di vitello e anguilla
L’idea di mangiare con le mani è una divertente ossessione che ritorna nel Toast farcito con lingua di vitello e anguilla accostato a un punto interrogativo disegnato con una salsa di capperi, acciughe e un particolare peperone campano piccolo, carnoso, dolce e profumato detto pappacella. Una provocazione quella del toast nel menu del ristorante gastronomico, che oltre a scardinare il profilo del classico bollito piemontese, rivela affinità fra la tradizione gastronomica locale e quella partenopea attraverso quel peperone napoletano dalla storia antica un tempo coltivato negli orti delle masserie dedicate alla produzione dell’aceto da usare per la conservazione, parente stretto del colorato ortaggio che nella cucina casalinga piemontese gioca un ruolo importante.

Insalata russa
Questa e altre affinità fra le tradizioni rurali di nord e sud hanno reso facile allo chef Forino ambientarsi e assimilare la cucina del territorio adottivo, studiata a fondo, mescolata a ricordi personali, elaborata in piatti che richiamano tradizioni contadine talvolta dimenticate, sovvertite nelle forme ma riconoscibili nel gusto. Esemplare il Tomino elettrico, antipasto da piola e bocconcino da rustica merenda sinoira piemontese che incendia il palato per il condimento del formaggio fresco a base di peperoncino e spezie e la marinatura in olio e aceto, qui cotto alla brace e ricomposto nella sagoma circolare di un favo di miele le cui celle esagonali traboccano qua e là dei sapori della ricetta tradizionale, dalla maionese piccante al miele acidificato di mele.

Tomino elettrico
Il tomino si spalma su una fetta di pane azimo accompagnato a una fettina di mela in giardiniera, tutto servito su un piatto dai decori dorati un po’ consumati perché pescato dal servizio della nonna dello chef, ad accentuare il desiderio di accogliere l’ospite nel proprio spazio domestico, come si fa in ogni famiglia che quando invita tira fuori il servizio di porcellane più bello. La narrazione che intreccia lo spirito culinario del Piemonte e della Campania prosegue con l’ordito delle prime portate dalle quali cogliere il Risotto al lampone, una genovese in versione vegetale quasi spiazzante per l’acidità perfettamente controllata del frutto di bosco compenetrato alla cipolla caramellata; presentato in un vaso simile a un fiore profumato, da cogliere nel periodo a cavallo fra la primavera e l’estate fino ad arrivare alla radice del suo sapore, una dolcezza vellutata che allaccia, amplificata da un sorso di Chablis abbinato dal sommelier attingendo da una cantina ampia e con etichette interessanti anche per il rapporto qualità prezzo.

Pasta Patate e Provola
Dopo il sogno soffuso di lampone, è un prepotente ritorno alla realtà la Pasta Patate e Provola trasfigurata in un lingotto street food con tanto di finta stagnola commestibile, da mangiare a morsi senza l’intermediazione delle posate, facendo atterrare direttamente sul palato il vortice di sapori che dal morbido al piccante all’amaro strinato rievocano la celebre ricetta campana di attualità nel XVII secolo come in epoca moderna, per l’abilità di legare la pasta al tubero diffuso dopo la scoperta dell’America come pure al formaggio simbolo, in un piatto autenticamente popolare. Forino sembra volerne cogliere il senso rivoluzionario degli albori e lo stupore di chi fra i primi assaggiò l’ortaggio arrivato da un altro continente. Inseguendo la sconcertata meraviglia della prima volta, dà forma nuova a una ricetta compiuta, rimettendone in gioco forma e consistenza, sostituendo la Provola con il Castelmagno e replicando la forma della patata al cartoccio, ma ricomponendo il sapore originario.

Finocchio in giardiniera
Per quanto la mente vaghi, il pensiero dello chef sembra ritornare sempre con fedeltà all’elemento vegetale, ed è un sorso di libertà il cuore di Finocchio in giardiniera glassato con aceto giapponese da strofinare su una macchia di cioccolato acidulo, tra i piatti più memorabili del menu per la perfetta sintonia di ingredienti dal gusto netto affratellati dal Vermouth servito in abbinamento, a comporre un boccone guizzante e vivace e nettare il palato dopo l’opulenza della pasta. La piemontesissima giardiniera che richiama il pinzimonio e va oltre, sposando l’aceto della marinatura alla nota acidula del cioccolato fondente, introduce la portata successiva, la Triglia con salsa giamaicana cucinata al vapore e fiammeggiata con fiamma viva, polposa e fragrante con la sua glassa ottenuta secondo la tecnica giapponese degli spiedini yakitori esaltata dal sapore dolce e piccante della salsa e della zucchina che la ricopre a lamelle. Nel gioco di specchi fra ingredienti vegetali poveri e prodotti nobili, si inserisce un’insalata che con la sua trama di consistenze, acidità e colori di ravanelli, daikon e mela verde accompagna il molto succulento Manzo in crosta di pane, pinoli e una striscia di Blu di Langa, quasi mortificato nella presentazione che lo mette in secondo piano ma con grande rivincita di gusto.

Seirass
Efficace ripasso sui classici piemontesi il Predessert di Insalata russa tradizionale con sale in scaglie ad accentuarne l’identità salata, ambasciatore della sua versione dolce, una sagoma sinuosa come i sapori ondivaghi fra la dolcezza di piselli e patata dolce e la nota amara di pompelmo, ma che sempre tornano a se stessi insieme al gelato a far le veci della maionese. Dimostrazione di alta pasticceria della pastry chef Giulia Bucci con forte aderenza al territorio replicata in un altro dolce che con il Seirass (una ricotta di pecora delle Valli Alpine del Piemonte) mantecato e le amarene disegna un occhio dallo sguardo doppiamente profondo, nel suo richiamiamo all’antico Egitto che in Piemonte trova colta espressione nel Museo Egizio di Torino e alla “Coppa sabauda” amata da Vittorio Emanuele II. Nella vita da borghese insieme alla bella Rosina il Re Galantuomo avrebbe amato sorseggiare anche il Cocktail abbinato, odoroso di mirtilli, ibisco, limone e arancia come pure affondare le dita nella terra di cacao in cerca di tartufi che si rivelano essere Pop corn glassati al cioccolato al latte del Brasile.
arborinarelais.it
Photo credits: Stefano Caffari, Officina 38