FIRE SOUL, SESTO ATTO. GROW RESTAURANT OSPITA TRI
Siamo giunti alla cronaca della penultima cena del ciclo di eventi organizzati dal neostellato Grow Restaurant di Albiate e che da settembre 2024 ha coinvolto alcuni dei più importanti ristoranti europei che presentano il loro stesso stile di cucina, basato su sostenibilità, brace, ingredienti spontanei. Lunedì 10 febbraio i fratelli Vergine hanno ospitato Nicolas Min Jørgensen, chef e patron di Restaurant Tri nella penisola dello Jutland in Danimarca, in un paesino di 300 anime sulla riva del Mare del Nord. Siamo a cinque ore di auto da Copenaghen, nell’area naturalistica di Limfjord, nota in tutto il mondo per le pregiate ostriche e per le cozze, dove la terra si assottiglia in piccole lingue a dividere il mare salato dalle distese di acqua dolce, in un reticolo anfibio che genera un ecosistema ricco e affascinante. Qui, a 50 metri dalla spiaggia, in una posizione molto appartata, nel 2022 ha fissato il suo indirizzo gastronomico Nicolas, che dopo aver lavorato dal 2014 nella città di Aarhus nel ristorante Substans e aver conquistato la stella, ha deciso di lasciare la città e trovare un luogo che aderisse alla sua ricerca sul gusto e il rispetto per la natura.

Nicolas Min Jørgensen e Riccardo Vergine
“Desideravo mettere su un ristorante a misura di famiglia, dove contasse la dimensione umana, sia nel team che nell’accoglienza dei clienti, e sono arrivato qui, in un’area naturalistica protetta che non può essere cementificata e in cui si vive nel compromesso con la natura e le sue stagioni. Per esperienza sono arrivato a credere che si possa fare un buon ristorante ovunque ci i trovi, ma è necessario tenere conto di quello che si ha intorno, bisogna capire dove si è e fare in modo di avvalerci di quel territorio. Pur essendo in Danimarca, non sento di poter definire la mia cucina come nordica, nel senso classico del termine, perché il mio concetto ruota attorno a quello che la natura può offrirmi ogni giorno, con tutta l’estemporaneità e le variazioni del caso. Il mio menù – un solo menù degustazione di una ventina di passaggi – racconta una storia, quella di questo luogo, dei suoi produttori e del legame con la natura, il lavoro quotidiano dei pescatori e quello dei contadini al ritmo delle stagioni, basti pensare che il nome Tri che significa tre, vuole riassumere questo luogo, acqua del mare, acque dolci e la terraferma coi suoi boschi. Non siamo un ristorante di mare, ci avvaliamo di tutto quello che ci circonda, pecore, pollo, manzo, maiale, anatra, e ancora pesce specie in inverno, e i vegetali in primavera e in estate che poi in autunno essicchiamo. Forse la mia si potrebbe definire la fusione di varie suggestioni, nordica, classica, ma sempre in nome del territorio. In fondo, quello che più mi preme, è mettere una tecnica al servizio dell’ingrediente per valorizzarne profumi e sapori. I clienti che vengono da Tri si immergono completamente nello spirito del luogo, e noi non solo li accompagniamo attraverso il gusto del cibo, ma vogliamo far vivere loro tutta la bellezza, facendo loro godere il momento del tramonto oppure dopo cena, portandoli nella veranda a vetri a godere il cielo stellato della notte”.
L’intesa coi ragazzi di Grow è stata perfetta in ogni momento di dialogo e lavoro, con un’armonia di valori e intenti che hanno dato vita a una serata emozionante, con l’alternanza di piatti dell’uno e dell’altro che hanno creato una sequenza impeccabili di sapori, senza cesure. Filo rosso, nel vero senso della parola, a collegare il menu della serata, sono stati i vini dell’azienda Asotom nel Monferrato, del giovane Tommaso Gallina, alla scoperta di vitigni autoctoni a bacca bianca come il Timorasso.

Alga, sedano rapa, merluzzo
La cena inizia con gli snack di Tri, da gustare in un sol boccone: Brodo di pino e aglio orsino con piccoli fiori acidulati; uno scorcio d’estate con una tartelletta di gusci di gamberetti ripiena di una brunoise di seppia e condita con salsa di soia, e petali di rose selvatiche che crescono d’estate, a dare la suggestione del luogo; per finire con un soufflé di merluzzo, su una base di alghe e sedano rapa acidulato, in un gradevole contrasto caldo freddo tra pesce e tartelletta.

Anguilla e anatra
Risponde Grow con i suoi snack: oltre al brodo di campagna (a base di patate, radici, erbe, fagiano) con cresta di gallo alla brace, arriva un boccone di anguilla laccata con fondo di anatra, cotta su brace, con emulsione al prezzemolo e ravanelli sottaceto; per finire con una tartare di cervo, sambuco, fungo fermentato e polvere di noci bruciata.

Cavolo riccio, ostrica e latticello
Tri porta in tavola uno dei signature del proprio ristorante, con Cavolo riccio, Ostrica e Latticello, in varie consistenze e temperature. La pelle del pesce viene bollita, freddata, essiccata e fritta a ricostruire la forma del guscio di ostrica che invece compare fredda in forma di maionese con il contrasto ancora freddo di una brunoise di cavoli di vario tipo (cavolfiore, cavolo cappuccio) acidulati e finocchietto, legati insieme da una crema calda di latticello, a mo’ di beurre blanc. Eleganza, scansione dei sapori in perfetto equilibrio, pienezza di gusto, per un piatto indimenticabile.

Orzotto affumicato con germano e curry
Da Grow arriva l’Orzotto affumicato con germano e curry, con l’orzo mantecato in crema di tuorlo affumicato, crema di cicoria, aria al curry, petto di germano marinato in garum vegetale per una settimana e passato su brace per affumicare e rendere la pelle croccante. Venature fresche che si alternano alle gradevoli rotondità amplificate dalla masticazione che dà succulenza, mentre le note floreali e delicate del curry danno apertura e leggerezza.

Cozze, alghe e cipolla
Un altro signature di Tri è Cozze, alghe e cipolla, con le alghe che vengono impastate a formare una sfoglia a coprire le cozze e della cipolla sottaceto, irrorate da una salsa banca di brodo di cozze e miso evocativa della spuma del mare. L’eco del Raviolo aperto marchesiano con le cozze al posto delle capesante, pari per estetica ma per l’eleganza gustativa in cu le note iodate si intrecciano a quelle fresche e umami a tessere un piatto perfetto. Non è da meno Grow con la Lepre, erbe selvatiche e cavolo, con la sella farcita con verza ed erbe aromatiche quali cerfoglio, finocchietto, erba cipollina, ribes ghiacciato e salsa al cavolo bianco fermentato. Completano il piatto un brodo di lepre in purezza fatto con gli ossi tostati senza altri aromi, e un chorizo di eco rinascimentale a base di cosce e spalle conditi con fegati e salsa di sangue e cioccolato; per finire con una torta di erbe e pinoli a richiamare l’alimentazione della lepre. Un piatto in tre servizi a dare la coralità di un animale e il suo territorio.

Carciofo e vaniglia
Grow avvia il gran finale della cena con un suo signature, il Carciofo alla brace con le sue note amarognole perfettamente risaltanti nel contrasto con la crema inglese alla vaniglia e le note dell’aceto balsamico, per un vero predessert che annuncia la parte dolce curata da Tri. In Danimarca sono molto amanti del caffè, ma chef Jørgensen non vuole usarlo perché non è un ingrediente autoctono, e così ne ricostruisce il gusto attraverso una composizione: dopo aver bruciato le nocciole che danno la parte acidula e amara, ne fodera le pareti interni di una tazza cui aggiunge del caramello di topinambur che fa da collante, oltre a una brunoise croccante di topinambur, un gelato di nocciole.

Nocciola bruciata e topinambur
Un dessert perfetto nel suo minimalismo, due ingredienti nella loro interezza, tra temperature e consistenze che in tutto e per tutto soddisfano come un perfetto fine pasto. Gran finale di Fire Soul il prossimo lunedì 17 marzo con la presenza del ristorante Domestik di Copenaghen.
growrestaurant.it
Photo credits: Lido Vannucchi
Cover: Nicolas Min Jørgensen