FRANCO PEPE: 6 PIZZE & 6 CALICI

In giugno è stato tra i 57 eroi insigniti del riconoscimento di Cavaliere al Merito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma già l’anno scorso era stato nominato Cavaliere del Lavoro, diventando il primo pizzaiolo a ricevere il prestigioso riconoscimento. Un’onorificenza del Quirinale che premia l’imprenditore della pizza Franco Pepe, per la particolare sensibilità profusa verso chi durante l’emergenza lock down aveva bisogno di aiuto. Nella sua pizzeria di Caiazzo in provincia di Caserta, ha continuato a cuocere biscotti e pizza a porte chiuse, per gli indigenti e gli anziani in difficoltà, facendosi carico di una raccolta fondi da devolvere all’Ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. Un gesto di altruismo e una lezione di vita, proprio in un momento nel quale avrebbe dovuto dedicarsi alla sua azienda che viveva come molte altre un momento di tensione. Valori forti e solidarietà di un professionista integerrimo la cui reputazione ha fatto il giro del mondo ben prima del coronavirus. Nel 2014 andò a trovarlo il critico gastronomico Jonathan Gold, Premio Pulitzer 2007, a cui seguì un articolo sulla famosa rivista americana Food & Wine, dove la pizza di Franco Pepe fu definita “…la migliore del mondo”. Nel 2016 arrivò il critico Daniel Young, che dopo aver visitato 1705 pizzerie e pubblicato la guida “Where to eat Pizza”, incoronò Pepe in Grani come la pizzeria più votata del globo.

Una continua pioggia di riconoscimenti anche in Italia per l’imprenditore di Caiazzo, che nella Guida Gambero Rosso e nella 50 Top Pizza si aggiudica regolarmente il podio più alto. Un successo costruito giorno dopo giorno con umiltà e dedizione: “Sono cresciuto nella pizzeria di papà tra farine e impasti, quando aveva solo sette tavoli, poi nel 2012 decisi di spostarmi nel palazzo dove siamo ora, dove ho cercato di infondere quello che ho imparato a mio figlio Stefano e al gruppo di ragazzi che mi ha seguito, puntando tutto sulla formazione. In quegli anni ho scomposto l’idea di pizzaiolo classico che negli anni ’70 e ’80 rappresentava una figura fisica sovraccaricata di troppe mansioni e tutto gravava su di lui. Oggi da Pepe in Grani, ognuno ha un suo ruolo ma tutti insieme riproducono la mia identità di pizza, ed è accaduto quello che volevo, trasferire la mia identità nel piatto, non più nella persona fisica del pizzaiolo”.

Organizzazione e condivisione delle competenze, in un’orchestra che suona all’unisono, con l’obiettivo unico di mantenere una qualità altissima per soddisfare le attese dell’ospite. C’è chi lavora in cucina a supporto della pizzeria per la trasformazione della materia prima, chi agli impasti, alle farciture, al forno e c’è il passista, che controlla attentamente che non vi siano errori o bruciature in ogni pizza che esce. “Nello scomporre abbiamo voluto ridare dignità a questa professione. Quando terminavo le mie serate nella pizzeria di papà ero da buttare via, invece i miei ragazzi anche nelle serate in cui fanno 700-800 pizze, alla fine del turno se ne vanno a bere qualcosa tutti insieme. Era uno degli obiettivi del mio progetto, oltre a estendere la ricerca sulle materie prime e a dedicare maggior attenzione possibile all’accoglienza”.

Decisamente una destinazione che vale il viaggio, un palazzo interamente dedicato alla pizza, da scoprire nelle sue molteplici sfaccettature, con un’offerta diversificata a seconda delle necessità del cliente. “La pizzeria è un luogo del cibo popolare e deve rimanere tale, ma c’è stata un’evoluzione importante in questi anni e un grande impegno nella selezione e nella trasformazione delle materie, in carta vi sono tante pizze tutte diverse ed elaborate, bisogna darsi i tempi giusti e i luoghi giusti, diversificando gli ambienti a seconda delle attese dell’ospite”. Si può scegliere di accomodarsi in sala pizzeria; in sala degustazione dove vi sono tre tavoli da otto persone e un oblò che guarda al pian terreno mentre i pizzaioli sono al lavoro; nel giardino dove ci sono i tavoli del silenzio; nel privè posto sul belvedere; oppure decidere di vivere l’esperienza di ‘Autentica’ la pizzeria più piccola al mondo, un tavolo da otto persone intorno a un forno, dove c’è Franco Pepe a preparare la pizza e a raccontarla. “Ho sempre tenuto molto alla figura del sommelier e ritengo sia fondamentale per far vivere all’ospite un’esperienza a tutto tondo, il sommelier di una pizzeria è molto diverso dal sommelier di un locale stellato, propone vini in tempi diversi e ha il compito di avvicinare le persone al vino e alla birra di qualità, allontanando la coca-cola dal tavolo. In questi anni credo di aver creato delle figure nuove, come ‘il cuoco da pizzeria’ che lavora in cucina per trasformare le materie a supporto dei pizzaioli, il passista che accoglie la pizza quando esce dal forno, la controlla, vede la cottura, decide se può andare in tavola e la finisce di condire con gli ingredienti necessari, il sommelier da pizzeria e infine il responsabile dell’accoglienza, che è il primo approccio e quando arrivi ti fa accomodare o attendere qualche minuto”. Non c’è da stupirsi che Franco Pepe sia sommerso di inviti, lo chiamano da tutto il mondo per andare a presenziare ad eventi e a raccontarsi portando con sé la sua idea di pizza. Ma quali sono stati, tra i tantissimi appuntamenti di rilievo, quelli più significativi? “Ricordo l’emozione del 2015 quando ero a preparare la pizza al Louvre di Parigi, in un grande evento organizzato da LSDM e nel 2013 in un evento privato invitato dal presidente della Repubblica Napolitano. Ma nel 2014 ci fu un incontro che mi colpì molto, fu quello con il critico gastronomico americano Jonathan Gold, che vinse nel 2007 il Pulitzer, premio mai attribuito a un critico gastronomico, lo vidi tre volte, anche a Los Angeles e scrisse parole molto belle su di me che contribuirono a portare l’America a Caiazzo. Poi vi fu Abu Dhabi negli Emirati, con lo Sceicco principe ereditario, in un luogo dove non avrei mai pensato di riuscire a portare la mia pizza, non era semplice far apprezzare il pomodoro dell’Alto Casertano, l’olio caiazzano, i miei impasti, in un paese con tradizioni culinarie così diverse. E invece è stato un confronto costruttivo, uno scambio, a cui mi sono preparato scegliendo una pizza che si avvicinasse ai loro sapori, ho deciso per una farcitura a base di carne di agnello, una spezia particolare di quelle zone e l’hummus di ceci delle colline creatine, poi ne sono venute molte altre. E’ fondamentale sperimentare, ma serve rispetto per il luogo dove ti trovi, dove vado cerco di assimilare i prodotti locali e penso a nuovi abbinamenti, ma senza forzare, cercando un’armonia. Questo vale per l’Italia e per il resto del mondo. Anche l’esperienza in Franciacorta mi ha dato spunti interessanti, nella pizzeria che ho all’Albereta ho fatto la Curtefranca con i prodotti tipici. E’ importante riuscire a dialogare, non devo imporre la mia pizza, è limitativo, cerco di interpretare i luoghi”.

Pepe in Grani è un locale inclusivo dove accogliere clienti dalle esigenze più diverse, che vengono per ritrovare la tradizione pura, ma anche la ricerca e l’innovazione. Si può scegliere la pizza ‘portafoglio’ che costa solo 2€ fino a cifre molto importanti se si bevono bottiglie di pregio. Riguardo agli impasti, la filosofia di Franco Pepe è impiegarne uno solo, per qualsiasi tipo di pizza che ha in menu. La farina è la ‘Zero Pepe’, che ha perfezionato nel corso degli anni ed è a base di grani nazionali, lavorati con crusca, a cui aggiunge pasta di riporto e una punta di lievito di birra. “Riconoscendo l’impasto riconosci il pizzaiolo, che mantiene così la sua identità, tranne pochi casi gli ingredienti non li hai preparati tu, quello è l’unico momento nel quale puoi davvero porre la tua firma”. Anni di mestiere e decine e decine di pizze frutto di profonde riflessioni e lunghi tasting, ma alcune più di altre sono rimaste nel cuore di Franco Pepe. Eccole di seguito, con i consigli enologici da abbinare.

 

 

6 pizze & 6 Calici

paring by Eros Teboni, Best Sommelier of the world 2018

 

 

ACCIUGRANA

Pizza fritta con crema di Grana Padano DOP 12 mesi, acciughe di Cetara, spezie ed agrumi. “E’ la pizza della ripartenza, che ho creato dopo il lock-down, profumata, con tanti colori, il limone, l’arancio, l’acciuga, la fonduta di Grana Padano fredda, il rosso del piccante del peperoncino. E’ la pizza della speranza, bella, saporita, profumata e ci proietta con i suoi profumi e i suoi colori fuori dal lock-down”.

 

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Contrada “C” 2018 Passopisciaro

Un grande vino, uno dei simboli dell’Etna e della viticoltura presente sulle pendici del vulcano. Tra le diverse contrade la “C”, Chiappemacine, è quella situata nella zona più bassa, a 550 metri s.l.m. Scegliamo questa perché è quella che riesce a garantirci maggior rotondità e morbidezza e meglio incontra questa pizza speziata dai sapori forti. Il nerello Mascalese, è un vitigno dall’importante spalla acida e dai tannini piuttosto presenti, per questo per la combinazione perfetta con questa tipologia di pizza abbiamo bisogno di un vino che oltra alla sua grandezza strutturale riesca a sviluppare una parte di frutta più spiccata in modo da contrastare la sapidità e salinità del nostro piatto. La contrada “C” è un vino di grande espressione territoriale e sicuramente uno dei migliori esempi del lavoro che ormai da decenni si fa sulle pendici del vulcano.

 

 

CALZONE CON SCAROLA RICCIA

Scarola riccia, acciughe della costiera, capperi, olive caiazzane, olio EVO. “Lo dice anche Pino Cuttaia: ‘uno degli ingredienti della cucina italiana è la memoria’. E questa è la pizza che in assoluto piaceva di più a mio padre, è molto importante per me, perché la faceva papà e amava gustarla, ma ho anche un ricordo legato ad essa. Erano i primi anni 2000, quando venne Gino Veronelli a presentare un vino bianco affinato in barrique. Abbiamo bisogno di una tua pizza – mi disse – penseresti ad un abbinamento? Proposi il Calzone con scarola riccia, fu un successo. Sarò sempre grato a Veronelli che scrisse di questa pizza in un articolo e diede il via al mio percorso”.

 

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QuintoPasso Rosé Brut Modena DOC

Un rosé affascinante, dal perlage fine ed equilibrato, per questa variazione di Sorbara firmato Cleto Chiarli, che per potersi esprimere al meglio ha bisogno di una sosta corta nel bicchiere. Fresco e tagliente, ricco di profumi, dalla ciliegia alla fragolina di bosco, alterna una spezia verde e gialla che contribuisce ad aumentare la complessità dello spettro aromatico. In bocca intenso e molto fine, è l’ideale con questa tipologia di pizza, garantendo alta bevibilità, ottimo contrasto grassezza/acidità e un finale che riesce a neutralizzare e pulire completamente il palato, lasciando la bocca sapida e un ricordo di piccoli frutti di bosco.

 

 

SCARPETTA

Mozzarella di Bufala Campana DOP, fonduta di Grana Padano DOP 12 mesi, composta di pomodoro a crudo, basilico liofilizzato, ed in uscita, scaglie di Grana Padano DOP 24 mesi. “E’ una pizza a cui tengo molto perché venne premiata a Identità Golose nel 2017, era la prima volta che un pizzaiolo e non uno chef, conquistavano il Premio piatto dell’anno. L’idea nacque in Puglia, mangiando da Pietro Zito, Antichi Sapori, che mi preparò un piatto di pasta casareccia condito con una composta fredda e una fogliolina di basilico. E io gli dissi: ’Pietro, qua ci faccio una pizza’. Una pizza golosa che riporta al piatto dell’infanzia della pasta con il pomodoro e al termine, quando la fonduta rimane nel piatto, invita a fare la scarpetta con il cornicione della pizza”.

 

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San Lorenzo 2017 Girolamo Russo

Etna Rosso puro sangue, Nerello Mascalese con una micro parte di Nerello Cappuccio. Il San Lorenzo, un Cru che rappresenta la punta di diamante di un altro famosissimo produttore siciliano, Girolamo Russo, si adatta perfettamente alle nostre esigenze di combinazione con questa pizza forse più classica ma allo stesso momento complessa e ricca di intensità aromatica e intensità gustativa. Con la sua morbidezza entra perfettamente in contrasto con la parte sapida del piatto, riuscendo a neutralizzare grazie a un’acidità coinvolgente e raffinata, la parte grassa e lattica del piatto. Un vino dal finale piacevole e lungo che ci ricorda le classiche note di frutti di bosco, in questo caso abbastanza maturi, intensi e croccanti.

 

 

BUFALO TONNATO

Fiordilatte, scamorza affumicata, scarola riccia, sedano, carne di Bufalo, salsa tonnata, limone, pepe, capperi, olio EVO. “Ogni pizza ha una storia, descrive un momento di vita e ha una sua collocazione temporale. Questa nasce ripensando il vitello tonnato che è tra i miei piatti preferiti e lo ordino spesso quando sono in viaggio. Lo ho voluto riproporre in una pizza con gli ingredienti della mia terra, utilizzando al posto del vitello la carne di bufalo che dal punto di vista nutrizionale è eccellente, completando il piatto con il tonnetto alletterato della costiera, al posto della salsa tonnata.”

 

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Il Contestatore Il Pendio

Uno Chardonnay fuoriclasse per la zona di produzione, tagliente e verticale. Un metodo classico iconico e rivoluzionario, prodotto in sole 4 mila bottiglie, che mantiene una spiccata eleganza, un naso avvolgente e un perlage lieve e sottile. In bocca cremoso e coinvolgente riesce a neutralizzare bene la parte affumicata della scamorza e si combina con i diversi gradi di speziatura che troviamo su questa pizza tanto particolare quanto gustosa. Durante il tasting sorprende per la complessità e il finale sapido che si protrae a lungo nel palato per un tempo che sembra non finire.

 

 

ROCCO

Cono fritto con fonduta di Grana Padano DOP 12 mesi, formaggio pecorino, pomodoro Piennolo, pomodoro datterino, aromi, salsiccia di suino di razza nero casertano, peperoncino. “Ciro è un conetto fritto (un calzone a metà) con crema di Grana, rucola e olive caiazzane disidratate, di cui si preparano ogni anno 50.000 pezzi e rappresenta la pizza più venduta di Pepe in Grani. E Rocco è il fratello di Ciro, un conetto collocato fra gli starter, saporito, goloso, con un succulento pezzo di salsiccia casertana un po’ piccantina che non ti aspetti”.

 

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Cabochon 2013 Monterossa

Una pizza così ricca e gustosa ha bisogno di una bollicina altrettanto formosa e strutturata, per questo ho selezionato Cabochon, punta di diamante di Monterossa. La grandezza e la piacevolezza di questo Franciacorta è dovuta al significativo aumento della sua parte strutturale grazie all’inserimento della barrique nella prima fermentazione del processo di vinificazione, un elemento che smussa le spigolature del metodo classico, rendendolo morbido e abbinabile anche a componenti difficili come il pomodoro e il peperoncino. La stilistica del Cabochon incarna la potenza che la Franciacorta può mostrare a livello nazionale e internazionale.

 

 

MANGIABUFALO

Fonduta di Fabula, fior di latte, pane tostato con aceto balsamico di Modena IGP, noci, bresaola di bufalo, scarola riccia cruda, olio EVO. “Una pizza che esplora nuove vie, creando un ponte con l’Emilia, pur rimanendo nel territorio dove si è originata, con la bresaola di bufalo, le noci, un formaggio vaccino in crosta, fatto da un caseificio a pochi chilometri da Pepe in Grani. La preparazione prevede l’aceto balsamico, ma non versato semplicemente sulla pizza, bensì messo all’interno del pane tostato un momento prima che vada in tavola, da scoprire solo quando si sgranocchia il pane”.

 

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Vulcaia Inama

Intensità e potenza sono le chiavi di lettura di questo bellissimo abbinamento. Un Sauvignon Blanc molto particolare, affinato in parte in legno nuovo per almeno 7 mesi con un 30% di tostatura forte, leggero batonnage e ulteriore affinamento di 7 mesi in acciaio per far riposare e stabilizzare il vino prima dell’imbottigliamento. Un vino bianco molto strutturato, cremoso, sapido e muscoloso, tutte note indispensabili per affrontare gli elementi più vivaci presenti sulla nostra pizza, ma anche i più classici e complessi abbinamenti come il rognone o il fegato. Il successo di questo vino è sicuramente dovuto a due importanti caratteristiche, l’acidità e la mineralità, che gli donano un’eleganza non comune, ma anche verticalità e un sostegno alla sua imponente muscolatura.

 

 

pepeingrani.it