LOCANDA DEL SANT’UFFIZIO: OLTRE LA STELLA MICHELIN
In certe giornate di fine marzo la promessa della primavera si avverte a fior di pelle, mentre l’inverno consegna al tempo la sua eredità fatta di cieli tersi e aria fredda. Quello di fine marzo è un giorno instabile, che si prende gioco delle previsioni. È un giorno che apre una porta su un tempo straordinario ancora da venire e sprona alla vita come farebbe un bambino disubbidiente. Un giorno buono, per iniziare.
Era il 24 marzo del 2018. Gabriele Boffa e Francesco Palumbo, rispettivamente Executive Chef e Restaurant Manager, alzavano il sipario sui tavoli della Locanda del Sant’Uffizio. L’omonimo Relais, in quel di Cioccaro di Penango in Monferrato, già esisteva, e con esso anche il ristorante. Ma qualcosa era destinato a cambiare. Fu così che la proposta ristorativa venne affidata alla genialità di Enrico Bartolini, capace di mettere insieme una squadra che, nel tempo, non avrebbe elevato solamente il livello qualitativo del ristorante – insignito molto presto della stella Michelin – e del Relais, ma anche di un territorio intero.

Enrico Bartolini, Gabriele Boffa e il suo Sous Chef Emanuele Anastasi nelle cucine della Locanda del Sant’Uffizio
Gabriele e Francesco erano lì, dal primo giorno di questa metamorfosi, da quel giorno di fine marzo. Ognuno dei due donava al progetto della nuova Locanda del Sant’Uffizio il proprio bagaglio complesso. Francesco aveva imparato il mestiere camminando le sale stellate e percorrendo in lungo e in largo quella distanza che separa il commensale da un bravo maître, imparando che essa si misura su una linea sottile, sopra la quale i passi corrono veloci oppure più lenti ma sempre e comunque in punta di piedi. Ha sviluppato il gusto estetico, la gentilezza, l’abilità e la capacità di sintonia con il cliente, Francesco, con quell’eleganza particolare che gli è propria.

La mise en place della Locanda del Sant’Uffizio (Photo credits: Paolo Chiodini)
Gabriele aveva strappato il segreto delle spezie nel Messico, aveva familiarizzato con le acidità del Brasile, sublimando i dettagli con una raffinatezza francese e imparando la tecnica da ogni cucina stellata in cui aveva messo piede. Il tutto, poi, tornava sempre a casa. Tutto veniva riposto nel baule più intimo delle proprie origini, quelle piemontesi, e qui si mescolava come fossero i pigmenti di una tinta nuova, a servizio di una mano in grado di trasformarli in figura.
Armin Causevic fece il suo ingresso qualche anno dopo, nel più recente 2021. Lui, nella dinamica realtà del Sant’Uffizio, porta non solo il suo passato nella sommellerie ma anche quell’attitudine curiosa di chi ama osservare dietro gli spigoli del mondo, per notare ciò che gli altri normalmente non vedono. Le esperienze di lavoro in vigneto, la ricerca continua di prodotti e produttori, quell’instancabile accento sulla sua terra, sul quel Monferrato che rappresenta un panorama meraviglioso e una potente sfida, per un Sommelier.

Da sinistra: Armin Causevic, Head Sommelier, Gabriele Boffa, Executive Chef, e Francesco Palumbo, Restaurant Manager della Locanda del Sant’Uffizio
Il ruolo che il Sant’Uffizio riveste nel territorio del Monferrato è più della semplice proposta gourmet. La sinergia che esiste con i produttori – siano essi di alimenti o di vini – è a tutti gli effetti simile a un percorso di crescita sincrona. C’è una collaborazione che rende l’uno punto di riferimento per gli altri, nel comune obiettivo di una qualità elevata, capace di farsi carico dell’immagine e della nomea di un territorio che ha veramente tantissimo da offrire. La duplice anima monferrina accosta alla solarità delle colline la timidezza dei boschi, presentandosi come una terra che sa ancora tener celata ai più una parte di sé, custodendola con una sorta di riservatezza finalizzata all’elezione.

Scorcio esterno del Relais Sant’Uffizio
I piatti di Gabriele celebrano quindi la ricchezza del Monferrato e del Piemonte in genere, accogliendo tutti quegli influssi liguri che si beffano del confine e portano il calco di una storia comune. La tecnica e la creatività, qui, sono ai massimi vertici. Sono a servizio di materie prime nobili ma anche di quelle meno nobili, come l’universo delle frattaglie, e sanno rendere la semplicità qualcosa di eccezionale. Questo è quanto succede quotidianamente, nella cucina del Sant’Uffizio, con la preparazione del pane, una delle passioni di Gabriele Boffa. Una cosa che lo ha sempre affascinato, la panificazione, poiché “sono solo quattro elementi – la farina, l’acqua, il lievito e il sale – eppure ha milioni di sfaccettature, ogni giorno non è mai uguale perché comunque è vivo” dice, accompagnando queste parole da un gesto cadenzato della mano destra a sottolineare il susseguirsi delle sfumature, come stesse percorrendo la scala di un pianoforte.

Risotto al peperone giallo, sgombro marinato e olive (photo credits Pisano Saverio)
Non è ancora questa, tuttavia, la cosa che accende in modo particolare gli occhi di Gabriele. E neppure la descrizione di alcuni suoi piatti. “La cosa che amo di più del mio lavoro è saper insegnare e trasmettere qualcosa; al di là del fare il piatto bello, quando vedi che i tuoi ragazzi lo replicano senza che tu debba essere lì è la soddisfazione più grande, perché hai vinto. Se non si insegna agli altri, cosa ci rimane?” È nel proferire questa ultima frase, che l’energia e l’emozione sfuggono dalla compostezza di questo giovane Chef come una scintilla che oltrepassa un velo. La squadra di Gabriele Boffa è probabilmente una delle più stimolate, spronate e sfidate che ci siano nel panorama dell’alta ristorazione. La sua visione e il suo approccio al lavoro in team rendono la sua passione per la cucina qualcosa di estremamente reale, in cui ogni atto non è la narcisistica affermazione “di” sé, ma la ricerca di qualcosa di interessante “per” sé, perchè è lui stesso il primo a desiderare qualcosa, entro quelle mura.
Francesco e Armin sono fatti della stessa pasta di Gabriele. Ognuno con la sua fame, ognuno con la sua gratitudine per questo lavoro, ognuno con i suoi desideri. Per Francesco, la cosa più bella del proprio lavoro è vedere l’ospite che esce dal ristorante soddisfatto e ritorna, ancora, con il medesimo sorriso; per Armin è l’adrenalina del servizio, il dinamismo che il contatto con il cliente richiede, l’originalità che il lavoro quotidiano assume.
Un trio ben assortito, quello della Locanda del Sant’Uffizio. Quel giorno di fine marzo era preludio di qualcosa, in fondo, come compete a qualunque Primavera. Consapevoli del loro inizio e della loro storia, nessuno dei tre ha intenzione di considerarsi arrivato da qualche parte. Perché forse la parte più bella dell’irrequietezza si trova proprio nell’incessante voglia di andare.
relaissantuffizio.com