OSTERIA DEL FERROVECCHIO, IL PARADISO DELLA CARNE

La storia professionale di Endri Cuni, albanese classe ’79, parte dalle materie, attraverso esperienze con allevatori, coltivatori, pescatori, pratiche antiche tramandate da generazioni, in un iter non convenzionale a quello dei cuochi della sua età, fatto di scuole alberghiere e stage. Il suo è un viaggio antropologico che ne rafforza competenza e ampiezza di vedute, attraverso botteghe artigiane prima e blasonate insegne della ristorazione poi, in Grecia, Turchia, Spagna, Francia, ma anche a Tirana, dove diventa sous chef di uno dei più nominati hotel della capitale. Nel Sud est asiatico fa propri i segreti delle spezie e in Italia dove arriva nel 2012. Oggi lo potete trovare all’Osteria del Ferrovecchio di Forlì, un locale dalle linee pulite, materiche, essenziali, che ha aperto nel 2018, due anni dopo aver inaugurato Ziobio, un’insegna biologica, vegetariana e vegana (l’unica in città).

Nessun architetto e interior design, ma un’idea precisa che dopo una lunga ricerca sui materiali, giorno dopo giorno si concretizza in un arredo interamente realizzato a mano, con sedie e tavoli in tubo idraulico, raccordi e legno di larice, scelto in una segheria di Rocca San Casciano. Lampade, catene, carrucole e oggetti, acquistati dai robivecchi e restaurati. Pavimenti con tavelle in cotto di Faenza fatte a mano, bancone e vetrate realizzate da un fabbro della zona. “L’imperfezione dell’artigianalità per me è un valore, tutto ciò che è industriale non ha più un anima, non ti fa sentire a tuo agio, questa atmosfera invece mi fa stare bene e vedo che anche le persone vivono questa sensazione”.

E’ a Tirana che Endri riceve il suo primo battesimo gastronomico nella pasticceria dove lavora sua madre e ancora bambino assapora i profumi e la fragranza delle brioches appena uscite dal forno, le lunghe lievitazioni, la preparazione della crema pasticcera. Poi comincia un viaggio alla scoperta della carne, della frutta, della verdura, del pesce, facendo mestieri diversi ma tutti connessi al cibo accanto a grandissimi artigiani, dove scopre una vera e propria passione per le carni imparando nozioni fondamentali a partire dai tagli, mentre prosegue negli studi: “ho lavorato e viaggiato facendo sempre professioni legate al cibo, ho fatto il macellaio, il pescivendolo, il fruttivendolo, poi sono entrato in cucina, fino ad allora avevo lavorato sulle materie, ma ho capito che ero pronto ed era quello che volevo fare. Nel frattempo a Tirana mi sono laureato in Ittiopatologie e Scienze acquatiche, un’esperienza che mi ha completato anche sul lato ittico”.

L’università della vita lo porta a vivere esperienze che lo avvicinano alla comprensione del concetto di Fair e Confort-food una filosofia che parla di cibo giusto, che deve essere scelto, lavorato e comunicato adeguatamente e nel 2012 arriva in Italia seguendo Alda di cui nel frattempo si è innamorato. Metà del suo tempo lo trascorre in cucina e l’altra metà lo dedica alla ricerca, visitando i produttori romagnoli, conoscendo di persona gli artigiani, vedendo, esplorando, assaggiando, ricevendo in cambio emozioni e storie autentiche di vita.

“In questo momento di globalizzazione dove tutto è industrializzato, mi piace portare in tavola i sapori autentici delle nostre migliori materie condividendo il frutto della mia ricerca. E’ quasi un’alfabetizzazione, necessaria perché possiamo parlare tutti la stessa lingua, molti di noi non hanno più nella memoria quei sapori. Quando ordinano la trippa, la coda, l’osso buco, poi si alzano ti dicono, ‘ma è come lo faceva mia nonna”.

Se i cavalli di battaglia di Endri sono sempre la costata, la fiorentina, la tagliata, che richiamano moltissime persone da fuori Forlì, gli piace proporre tagli non consueti, come il quinto quarto, una specialità che si è persa e nessuno lavora più, un’opportunità di conoscenza che si rivolge a chi è curioso e vuole andare oltre al consueto. “Utilizzo tutto, non sprecare è una forma di rispetto verso l’animale che appartiene al mio modo di essere, un quotidiano travaso di esperienze che permetta alle persone di conoscere le parti dell’animale meno note, che un tempo erano molto utilizzate per la loro intensità e versatilità. E’ un peccato che molta della carne che c’è in giro sia frutto di allevamenti intensivi, dove è provato che l’animale soffre. Nella stalla dei piccoli contadini invece, l’animale vive bene, sono animali di casa e vengono trattati come tali, capire questa differenza e apprezzare questi aspetti vuol dire capire quanto impegno che c’è dietro a un chilo di carne”.

Nel menù dell’Osteria Ferrovecchio si trovano le interiora, il fegato, il polmone, la milza, la coratella, le animelle, la trippa, la coda, gli stinchi, le ossa, la parte del collo, la guancia, le orecchie, cucinati in diversi modi, naturalmente dopo che Endri ha scelto personalmente le carni, visitando l’allevatore più volte, vedendo dove vive l’animale e come è alimentato, ma anche come viene macellato, una fase molto delicata che richiede grande attenzione. “L’animale deve vivere in serenità fino all’ultimo minuto, occorre fare attenzione che entri per primo nel macello e non senta l’odore del sangue, potrebbe spaventarsi e secernere gli ormoni della paura, interferendo sulla qualità e la consistenza della carne. Seguo uno standard di frollatura molto rigoroso, che prevede che l’animale rimanga appeso in carcassa per venti giorni per scolare bene il sangue in maniera naturale (la legge richiederebbe solo 48 ore), poi taglio i pezzi e continuo a frollarlo facendo attenzione agli sbalzi di temperatura arrivando in alcuni casi fino a 120/150 giorni, a seconda del tipo di carne. Per la tagliata disosso personalmente le cosce anteriori e solo quando ho disponibilità di carni di eccezionali caratteristiche propongo fuori menù il castrato, il coniglio, il piccione, l’anatra, la faraona, il galletto, che hanno la loro stagione”.

Manzo di straordinaria qualità, ma anche maiale di primissima scelta, grazie alla collaborazione con un amico allevatore e a un incrocio di due razze, alimentato in modo naturale e specifico. Ogni settimana arriva la sfoglina da Predappio, che con le uova di un piccolo pollaio e la farina di grano locale del Molino Romiti, prepara l’altra specialità dell’osteria, la pasta fresca: sfoglia lorda, maltagliati, tortelli, tagliatelle, cappelletti e tutta la pasta che viene cucinata in Osteria.

Circa cinquanta le etichette di vino insieme a una selezione di birre artigianali, da scegliere consultando una carta fluida e territoriale, ben raccontata da Alda moglie di Endri, che è socia nelle due attività e segue con professionalità l’accoglienza, il servizio di sala e l’amministrazione.

“Sono arrivata in Italia a cinque anni e qui ho fatto dalle elementari all’università, lavorando nei locali per mantenermi” racconta Alda “poi nove anni fa, mentre ero in vacanza in Albania ho conosciuto Endri, che gestiva un locale sul mare, da allora non ci siamo più lasciati. Dopo la laurea ho lavorato un anno in Germania, ma avevo nostalgia dell’Italia e sono tornata, trovando un impiego in farmacia dove sono stata tre anni mentre lavoravo in osteria, lavorare a contatto con il pubblico mi è sempre piaciuto. Un anno e mezzo fa ho scelto di dedicarmi solamente ai due ristoranti, scommettendo tutto su Endri, lui sa dove vuole andare, è curioso e cerca sempre nuovi stimoli, ampliando continuamente le sue conoscenze”.

Intanto fervono i lavori di ristrutturazione dell’osteria, che termineranno a novembre, con l’ampliamento del terrazzo dove ci sarà un piano cottura e a cui si aggiungeranno sedie e tavolini, arrivando a una capienza di settanta coperti.

 

 

 

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