VILLA SALETTA, “FATTORIA TOSCANA”
Case coloniche, ville signorili e fortezze medievali rappresentano alcune peculiarità delle Colline Pisane e della Valdera, vale a dire una raggiante estensione intensamente coltivata, conseguenza di un impianto rurale eretto sino agli anni ’50 del secolo scorso sulla mezzadria poderale. In estrema sintesi, una superficie in notevole sviluppo, perfetta per l’agriturismo e il turismo verde, oltre che per la produzione di vino, olio, grani, erbe, frutta e ortaggi.
Di proprietà della Hands, casata inglese operosa e dinamica nella galassia della finanza e dell’ospitalità di lusso, Villa Saletta occupa una postazione di gran privilegio in quel di Palaia, essendo da secoli al centro della vita toscana. Origini risalenti al 980 d.C, la menzionano di fatto come produttrice enologica, per poi transitare in alcune dinastie importanti, fra cui, quella dei Riccardi che riesce a trasformarla, tra il XVI e il XVII secolo, in una vera e propria “fattoria Italiana”. Ma è proprio con la famiglia britannica che l’azienda riprende nuova linfa circa vent’anni or sono e il complesso avviene con un investimento di 250 milioni di euro, seguito da un’intrigante visione che vuole ruotare intorno al vino.

David Landini
L’azienda agricola, capitanata magistralmente da David Landini (ovvero talento accompagnato da un’ottima dose di modestia), estende la sua paternità su circa 720 ettari tra boschi, ulivi, vigne e coltivazioni. 30 si presentano gli ettari totali di vigneto di cui 17, ora, in lavorazione. Da questi acclivi che assecondano differenti pendenze, giungono nel reparto vinificazione acini di uve allevate a cordone speronato monolaterale e bilaterale (Sangiovese e Merlot) e guyot (Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc), secondo comunque uno schema che fa dei vitigni internazionali una delle scelte più caratteristiche della zona.
Un percorso enologico, quello del classe ’75 David, che segue un pensiero vibrante, in cui finezza e pulizia divengono inderogabili denominatori.
Le etichette di cui si fregia la cantina sono ciascuna il segno rappresentativo di questo modus operandi, che indubbiamente, è oggi più toscano che mai e si riscontra in un vino che rappresenta la controparte vinifera di un popolo, quello toscano, che invece è, abitualmente e di parecchio, sciovinista. In particolare nel 980 AD IGT 2015 (per l’appunto 980 bottiglie solo in formato magnum) si agitano le forze morbide ed eleganti del Cabernet Franc, grazie anche a una vinificazione in atmosfera ridotta dove i fusti di Perlé consentono alle uve, soggette ad un quantità inferiore di ossigeno, di avere un processo allo stesso tempo di fermentazione e di infusione. Il Saletta Giulia IGT 2015 regala anch’esso un calice di un’intensità quasi tattile mostrando tutta la carica “dolce” di entrambi i Cabernet, garante di un’espansione tannica tanto intrigante quanto persistente. Il Chiave di Saletta IGT 2015 concede nel complesso una trama correttamente intensa e avvolgente, frutto di un blend (Sangiovese in dominanza, seguito dal Merlot, Cabernet Sauvignon e Franc) molto ben orchestrato. Nel Saletta Riccardi IGT 2015 così come nel Chianti DOCG 2015, si nota chiaramente l’austerità del Sangiovese, con tutto il suo proverbiale nerbo. Nel Rosé 2019, l’apporto fruttifero è assoluto protagonista e degnamente bilanciato da freschezza e salinità. Infine nello Spumante Rosé Millesimato 2014 la carbonica, estremamente delicata, elargisce nette note di fragole di bosco e lampone, guidate da una bevibilità alquanto disarmante.
Villa Saletta ha poi ancora tutto il desiderio nel progredire verso l’emblema di una conversione che vede strutture fortificate trasformarsi in eleganti ville-fattorie. Ogni casolare è, infatti, specchio fedele del suo passato, con pavimenti in cotto impreziositi dai tipici motivi etruschi, persiane dipinte a mano e soffitti a volta, poiché l’aspirazione a divenire l’insegna di antropizzazione della campagna è sentita nella giusta maniera di accogliere e ospitare il brulichio delle genti provenienti da ogni parte del pianeta.
villasaletta.com
Photo credits Alessandro Ghedina