FEDERICO DE CERCHIO, ULISSE D’ABRUZZO

Vogliamo sempre ciò che non abbiamo”. Sarà per questo che Federico De Cerchio ha iniziato a muoversi presto, valigia in mano e motore ai piedi. Finlandia, Svezia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti: Federico ha girato un po’ ovunque, inizialmente per studio, poi per approfondimento e, oggi soprattutto, per lavoro. Una serie infinita di stimoli e di fotogrammi, che trascinandolo ora di qua ora di là riportavano i suoi passi sempre e comunque a casa, in quel suo Abruzzo che rimane un punto fermo di tutto il suo viaggiare. Del resto, l’omerica bufera interiore che frattura l’animo umano fra il desiderio di conoscere e la nostalgia di casa è una faccenda ben nota alla nostra specie. Ma per accogliere tutti questi risvolti, qualcuno sceglie di assecondarli, senza risparmiarsi mai.

Federico de Cerchio è un produttore di vino, figlio d’arte se così si può definire, esattamente come tante nuove generazioni del settore. Rispetto ai tanti, però, ha avuto chiara fin dall’inizio una condizione: due cervelli, due desideri, due volontà alla guida della stessa azienda non potevano coesistere. Fu così che scelse inizialmente di non affiancare il padre nella vita aziendale, ma di creare una realtà imprenditoriale propria, un ecommerce dedicato alle piccole cantine. Le competenze economiche acquisite negli anni di studi si mescolarono in modo del tutto naturale al vissuto assorbito da bambino, da ragazzo e poi da uomo, trascorso in una casa della campagna abruzzese, a vista sui vigneti e a soffio del mare.

Ci fu un momento, però, un momento in cui il tempo non fa più sconti e chiede alle parti coinvolte di prendere una posizione, e quella di Federico e di suo padre Riccardo furono estremamente sagge. Nessun finto passaggio di consegne, nessuna menzogna da marketing in esaltazione delle nuove generazioni, a cui invece troppo spesso non viene lasciato mai campo davvero libero: no, niente di tutto questo. Il passaggio di consegne fu vero, una reale e coraggiosa separazione. Perché ci vuole coraggio a lasciar andare ciò che si è costruito in una vita e ce ne vuole altrettanto per assumersi la responsabilità di portarlo avanti facendolo proprio. Replicare o ubbidire, in fondo, è più semplice; creare è sfrontato, osare è rischioso. Ma la famiglia De Cerchio sapeva che questo era l’unico modo possibile, il cambio di passo che la natura chiede a tutti fin da quando essa esiste.

Era quindi il 2018, quando il passaggio di testimone avvenne in casa De Cerchio, nell’azienda Torre Zambra di Villamagna, in quello spicchio di Abruzzo che da un lato riposa all’ombra della Maiella e dall’altro giocherella con il mare. Diverse cose sono cambiate, dal 2018 ad oggi. Con l’ancora costante presenza del padre Riccardo, che supporta lo slancio nuovo e autonomo del figlio, Federico si è coinvolto in prima persona per diffondere Torre Zambra non solo in diverse città d’Italia ma anche – e abbondantemente – all’estero. Un lavoro che lo porta ad essere più fuori che dentro casa, rendendo proprio per questo speciali i momenti di solitudine a contemplazione del mare d’Abruzzo, in quel silenzio che, certe volte, è tutto.

La riconoscenza e l’affetto che Federico nutre verso la sua famiglia è presente in ogni gesto, persino nel più distante dal passato. Poiché l’abitudine a dare le cose per scontate è un morso che divora i pigri, non certo chi, viaggiando, si permette di sentire la mancanza. Per questo, fra le prime scelte di Federico, ci fu quella di ricostruire la torre, che campeggia in etichetta e che dà nome alla cantina. La storia di questa torre è legata alla memoria del nonno.

Fu lui, nel 1910, ad acquistare i terreni, al cui centro campeggiava una torre in mattoni che scelse di non rimuovere. Purtroppo, a questo estirpo brutale ci pensò la guerra, nel 1944. Era il 1942 quando il nonno di Federico fu chiamato alle armi. Fece ritorno a Villamagna cinque anni dopo, nel 1947, a seguito di una lunga prigionia. Trovò un tempo ormai completamente diverso da prima, un tempo in cui la torre, come tante altre cose materiali e non, non c’era più. Attualmente si tratta di un progetto in atto, che vedrà probabilmente la luce il prossimo anno. Certo è che, dalla cima di quella torre, si godrà una delle più belle viste sul selvaggio e tenero Abruzzo.

 

DEGUSTAZIONE

 

PECORINO “POGGIO SALAIA” 2021

Incarna lo stile di Torre Zambra in tutta la sua lineare semplicità. Un vino dai profumi netti e sottili, che virano sulle note accoglienti del frutto e del miele così come su quelle più tese delle erbe aromatiche. Fresco, fine e, soprattutto, sapidissimo.

 

TREBBIANO D’ABRUZZO “PIANA MARINA” 2019

Fermenta in barrique questo vino prezioso dalla rara tiratura, che confluisce in una manciata di bottiglie numerate a mano. Naso ricco, denso, intenso. La bocca è succosa e sapida, di bellissimo corpo. È una bocca piena, ma per nulla pesante. L’espressione aromatica di bocca ricalca quella del naso, sfumando su ricordi di cola.

 

CERASUOLO D’ABRUZZO “PASSO SACRO” 2021

Un Cerasuolo che devia dai canoni di tempra tipici della tipologia. Noto per essere un vino che eredita dal Montepulciano vigore e carattere, qui si veste inaspettatamente della finezza del fiore e del the alla pesca. Un vino di palato, senza dubbio, dove il sorso è trainato dal brio sapido e dalla freschezza.

 

MONTEPULCIANO D’ABRUZZO “COLLE MAGGIO” 2020

La fragranza del Montepulciano. Con la 2020 si celebra la prima annata in certificazione biologica, nero su bianco. Il frutto fresco domina il naso, con note di fragola e di prugna. Il sorso è, ancora una volta, fine e connotato da quella sapidità che è ormai chiaro essere un marchio di fabbrica. Regala in persistenza pulizia di bocca e una nota di liquirizia.

 

VILLAMAGNA RISERVA 2018

Ebbene, eccoci qui, davanti a un calice della più piccola denominazione d’Italia: Villamagna. Piccola come gli scrigni, preziosa come le perle che, in questi cofanetti, si perdono nascondendosi in un angolo. Il Villamagna di Torre Zambra proviene da un taglio dei migliori vini ottenuti da Montepulciano coltivato in questa minuscola parentesi viticola. Il profumo qui acquisisce un timbro più scuro, più complesso. Amarena, cuoio, tabacco sono solo le prime impressioni, destinate a cambiare e ad arricchirsi con il passare dei minuti. La bocca è altrettanto scura, nei ricordi di fumo, cenere e cacao. È un vino fresco, è un vino dalla trama tannica sensibile ma ottimamente gestita, come impongono i dettami dell’eleganza.

 

torrezambra.it