MONFERRATO, TRANQUILLITÀ E IDENTITÀ

Boschi e prati, noccioli e vigne, colline che si inseguono l’un l’altra come le onde di un mare né calmo né mosso per un ricordo, per chi non è più così giovane, del bollettino del mare, che la radio nazionale trasmetteva e irradia con quotidiana regolarità. Il Monferrato, patrimonio Unesco insieme a Langhe-Roero, è enclave, sono borghi, paesi e frazioni apparentemente simili tra loro, e in parte lo sono, ma con precise identità urbanistiche, fatte di portici, botteghe storiche, case e piccoli palazzi di architetture oneste, di misurata eleganza e mai chiassose; si pensi, ma l’elenco potrebbe essere davvero lungo, a Canelli, a Nizza Monferrato, a Vignale, a Costigliole d’Asti, a Montemagno.

Nessuno scempio edilizio violenta le terre, al più piccole aziende e fabbriche mai invadenti per l’occhio, a volersi inserire in punta di piedi, quasi nascoste e in silenzio, nel territorio. Silenzio e territorio: il silenzio è il frastuono della quiete, fatta di ritmi di vita umani, senza mai correre a inseguire un tempo più veloce di quanto si vorrebbe. Il territorio profuma delle vicine Alpi, del mare della Liguria, è mite, ventilato, guarda ad Asti e Alessandria e, volgendosi, a Torino; dall’altra parte a Savona.

Facile pensare a una mancanza d’identità, in virtù dei confini e delle città citate: profondamente sbagliato crederlo. Sono ispirazioni e influenze, nulla più, che permettono da sempre o quasi un DNA prettamente monferrino, unico e davvero identitario, di personalità. Sono le mille attività ludiche e sportive per immergersi in una natura mai sfruttata da un uso violento e intensivo delle coltivazioni, come quella della riserva naturale della Valsarmassa, sono le sagre e fiere, gli appuntamenti culturali, l’arte e l’architettura, le installazioni e le opere, che trovano casa in alcune cantine del luogo, di artisti come Ugo Nespolo, Emanuele Luzzati o il percorso naturalistico, paesaggistico e artistico dei Nidi nel borgo di Vinchio.

Massimo Camia

Ma sono anche le eccellenze gastronomiche, che vanno dagli Agnolotti del Plin ai Risotti, dalla celebre Bagnacauda al Vitello tornato, dai Salumi e Formaggi locali fino alla famosa Carne cruda, senza dimenticare il Fritto e il Bollito, terminando con una autentica dolce leccornia piemontese, il Bunet. Piatti di qui, magari rivisitati, con garbo e dovuto rispetto, dallo chef stellato Massimo Camia, piemontese Doc in una cena di gala, era una sera di pochi giorni fa, per celebrare i vini, di carattere e corpo, del Nizza Docg, cru della Barbera; una cena per un compleanno, il settimo, voluto dall’Associazione Produttori del Nizza.

Se il Monferrato, si scriveva, è un’enclave di vita vissuta, le parole più intense sono quelle dello scrittore Davide Lajolo. “Leggevo del mare nei libri delle elementari e quando venivo qui, nell’immersa distesa di verde sotto il sole, mi dicevo: il mare deve essere così sempre uguale a vista d’occhio. E quando mi sono scontrato con il mare e l’ho navigato notte e giorno nello spasimo delle guerre, avevo sempre nostalgia del mare verde della Sermassa, il mare del mio paese”.

 

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