SUGGESTIONI MEDIEVALI AL CASTELLO DEL TREBBIO
Un maniero ben tenuto che risale al medioevo, immerso nella fertile collina fiorentina solcata dal fiume Sieve, che ci riporta all’epoca lontana della disputa fra i De Pazzi e i Medici, ma sono stati necessari anni di lavori per portarlo all’attuale bellezza. La tenuta del Castello del Trebbio, acquistata nel 1968 dalla famiglia Baj Macario, prosegue con la medesima filosofia improntata dai genitori, grazie alla figlia Anna e al marito Stefano Casadei, che nei primi anni Novanta ne rileveranno la proprietà, diventando custodi della suggestiva rocca, appartenuta alla famosa famiglia De Pazzi. Una volta completato il restauro della struttura, resa abitabile da importanti lavori di consolidamento, vennero introdotte in tempi più recenti importanti innovazioni nella produzione vitivinicola, trasformando i casali dove un tempo vivevano i mezzadri della tenuta in confortevoli appartamenti B&B con piscina immersi tra gli ulivi. L’accurato restyling ha prodotto i risultati sperati e oggi le visite sono diventate un’attività rilevante, con un turismo attento e curioso che vuole scoprire il territorio, la storia, il vino, la gastronomia. La visita inizia con le cantine di affinamento, le sale degustazione e le segrete, attraverso un tunnel realizzato nel 2018 che passa sotto alla strada e mette in comunicazione il piccolo borgo, sede dell’agriturismo e del ristorante, con il suggestivo edificio merlato. Dal cortile del castello, progettato con l’ausilio del Brunelleschi, dove ammirare lo stemma Dei Pazzi scolpito dal Donatello, si prosegue alla volta della sala della congiura, dove si narra che venne ordito il celeberrimo complotto. Siamo nella valle del Sieve, alle spalle di Firenze, un’area ancora relativamente poco battuta dal turismo di massa, dove si respira la storia e le persone sono ancora autentiche. Torrenti, colline verdissime, boschi di faggi e querce, insieme a distese ben ordinate di uliveti e vigne che danno il pregiato Chianti Rufina, la più piccola ed elevata specificazione geografica del Chianti, protagonista negli ultimi anni di una piccola rivoluzione che ha destato l’attenzione dei wine lovers.
Territori Etruschi e poi Romani, baciati da una felice conformazione orografica dove il Sieve si unisce all’Arno, ed è profondamente radicata una nobile tradizione agricola e vitivinicola, iniziata ben prima del periodo Granducale, mentre a nord c’è il montuoso Mugello. Le attività della tenuta coinvolgono gli ospiti in corsi di cucina toscana, nella raccolta delle olive svelando i segreti della trasformazione in olio extra vergine e nelle degustazioni di vini, mentre i dintorni offrono numerosi spunti per conoscere il territorio, magari esplorando l’area protetta estesa oltre 800 ettari di S. Brigida, istituita dal Comune di Pontassieve nel 1997, tra il Mugello e il Valdarno. Gli amanti della natura potranno noleggiare le e-bike o le mountan-bike, oppure indossare gli scarponcini e andare alla ricerca dei sentieri delle burraie, caratteristici edifici in pietra di piccole dimensioni, parzialmente interrati, che punteggiano la collina fiorentina, all’interno dei quali scorreva sempre un rigagnolo d’acqua fresca e c’erano vasche d’acqua e ripiani, dove la temperatura favorevole, conservava dal caldo estivo le caciotte e il burro.
Edifici della memoria, nati in epoche nelle quali il frigorifero non esisteva, da rivivere in un percorso ricco di torrenti e corsi d’acqua, che porta a 11 burraie perfettamente restaurate da un’associazione di volontari, percorrendo un itinerario di 16 chilometri senza particolari difficoltà. Ma anche il santuario della Madonna del Sasso merita una visita. Riporta a un atto di devozione mariana che risale al 1484, quando venne edificato, ponendo all’interno il masso, sul quale due pastorelle avevano visto la Vergine. Oppure c’è il trekking del Rinascimento, che si snoda da Santa Brigida a Pontassieve, fra ombrosi querceti, boschi e radure, passando per il mulino a vento settecentesco di Monterifrassine, antichi tabernacoli, mulattiere, uliveti panoramici, fino a Nipozzano. Al Castello del Trebbio, ogni albero, ogni muretto, ogni pietra, ricordano ad Anna i suoi genitori e quanto avessero a cuore quel luogo, dove si erano trasferiti con i cinque figli nel 1970 e di cui oggi lei ha colto il testimone insieme al marito Stefano, infondendo all’operosa attività della tenuta la medesima passione.
Un suggestivo luogo, che è un tuffo nella storia: “Il Castello del Trebbio, che deriva dal latino ‘Trivium’, incrocio di tre strade” racconta Anna Baj Macario “si origina quasi due secoli prima del Rinascimento, come avamposto dalla famiglia De Pazzi. Siamo nel 1184 e la forza politica e militare della celebre dinastia di banchieri fiorentina è indispensabile alla sua sopravvivenza. I Pazzi scelgono il Castello del Trebbio per trascorrervi brevi periodi, è una location non sontuosa, ma tranquilla e defilata, dove Piero e Andrea vengono volentieri. Lasceranno un segno indelebile in questo territorio, sarà in queste sale che verrà ordita ‘la congiura De Pazzi’, un complotto che auspicava la dipartita di Giuliano e Lorenzo dè Medici e si concluderà nel sangue il 26 aprile 1478. La famiglia De Pazzi verrà esiliata e le verranno confiscate le molte ville, compreso il Trebbio, insieme all’ingente patrimonio. Un luogo che dopo 800 anni ci troviamo a custodire, come vorremmo facessero nel prossimo futuro i nostri figli e nipoti, perché ciò che noi lasciamo sono le nostre radici e la nostra storia”.
Nel ’68 la tenuta viene proposta al papà e alla mamma di Anna, che in quel periodo vivono in Svizzera, ma quando vengono a vedere il luogo, si accorgono che il castello e i terreni sono in condizioni di abbandono: “Lo compreranno lo stesso, a mia mamma era piaciuto tantissimo. Così nel ’70 tutta la famiglia si traferisce al Trebbio, mia madre aveva già 5 figli e si dormiva tutti insieme. Il castello era un cantiere, i tetti mancavano per metà, le stanze erano grandi, vuote e divise da lenzuoli, una parte era adibita a magazzino e si diceva che alcune stanze fossero state utilizzato come ricovero di fortuna per i pellegrini di passaggio.”
In quegli anni il papà di Anna continuerà a lavorare nella finanza, mentre è la mamma a seguire il castello, affiancata nelle scelte importanti da un architetto di nome che la introduce ai segreti del restauro, consigliandole di conservare tutti i vecchi legni, le mattonelle in cotto, i chiodi in ferro battuto, saranno materiale prezioso per concludere i lavori, mentre il castello, anno dopo anno riacquista l’antico splendore. Poi alla fine degli anni ’80, una battuta d’arresto: viene a mancare il papà e dopo soli 16 mesi la mamma, in seguito a un incidente sulla neve. “Rimaniamo noi cinque figli, abbiamo un’età tra i 23 e i 28 anni, siamo giovani e inesperti, due anni difficili nei quali non mancheranno gli errori, fino a quando ognuno troverà la sua strada. Insieme a mio marito e mio fratello maggiore Alberto, decidiamo di mantenere la proprietà del castello, inizia un nuovo percorso nel quale alieniamo alcuni terreni e case coloniche ridimensionando la tenuta, è uno straordinario salto nel buio. Da allora sono trascorsi 31 anni, un periodo nel quale abbiamo capito l’importanza delle persone, del team, del territorio e delle sinergie”.
Nel ’90 vengono riorganizzati i vigneti della tenuta, si punta tutto sulla qualità e si comincia a vendere il vino alla ristorazione. Parte l’enoturismo e si accolgono i gruppi, iniziando a condividere con gli appassionati di vino il castello, nel quale la famiglia abita 365 giorni all’anno: “abbiamo capito che il turismo poteva essere una strada percorribile e step by step, apriamo il castello alle visite e ristrutturiamo i casali, per offrire a chi arriva un soggiorno dove possa sentirsi a casa”. La tutela del territorio è al primo posto e il castello è autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie ai pannelli fotovoltaici. In ambito enologico, invece, si mettono in atto pratiche agronomiche che guardano senza preclusioni al passato e al presente, mettendo in campo l’uso della terracotta per le fermentazioni e gli affinamenti.
Grazie a una crescita lenta e costante e alla solida esperienza di Stefano Casadei che viene da una famiglia di viticoltori e ispira scelte fondamentali nella direzione della sostenibilità, migliora notevolmente il posizionamento dei vini. Un’espressione identitaria che con il Sangiovese e il Trebbiano ben racconta il territorio del Chianti Rufina, ma che grazie alle particolari condizioni climatiche esprime anche ottimi Merlot e Syrah. Una stilistica che guarda con rispetto all’ambiente e connota pratiche Biointegrali, sia antiche che contemporanee, caratterizzando vini di grande concentrazione e personalità, come il Lastricato, un Chianti Rufina DOCG Riserva, Sangiovese 100%, vinificato in acciaio e terracotta, da bersi tranquillamente oltre i quindici anni. Al naso note di frutti di bosco e viola, al palato minerale, avvolgente, tannico, persistente. O il Congiura, un IGT Toscana Bianco, a base di Riesling, Pinot Grigio e Manzoni Bianco, vinificato in acciaio e tonneaux, che può invecchiare 5-7 anni, con note di mela, susina, biancospino, fresco e avvolgente. Ma anche il Metodo Classico, con uve Trebbiano, Chardonnay e liqueur a base di Trebbiano in anfora con ulteriori 6 mesi d’affinamento, dalle note di agrumi e crosta di pane, sapido e persistente.
Ad affiancare la produzione vitivinicola, da tredici anni c’è il frantoio, un’attività a cui Anna tiene molto, certa che la qualità dell’olio sia da ricondurre in modo particolare al processo di lavorazione e alla trasformazione, abbinando le buone pratiche antiche alla tecnologia. La ristorazione si integra bene con le molteplici attività del Castello del Trebbio e offre un sincero momento di toscanità, grazie allo chef del ristorante ‘La sosta del gusto’, aperto nel 2006. Un edificio medievale adiacente al castello, con le volte in pietra e una terrazza panoramica, dove rivivere le tradizioni gastronomiche della Val di Sieve attraverso piatti gustosi e leggeri, realizzati con gli ortaggi, l’olio, lo zafferano, il farro, i grani originari, di produzione propria, insieme alle carni, ai formaggi e ai salumi locali. Nel Bio farm shop sono disponibili i prodotti che crescono nella tenuta e vengono realizzati artigianalmente attraverso le linee: ‘I Puri’ (alimentare) e ‘I Naturali’ (cosmetica), dallo zafferano, alle marmellate, dai grani originari®, all’olio extra vergine, dai vini, ai cosmetici, alla pasta, ai cantuccini. Una particolare filosofia agronomica che si riverbera nelle diverse attività del gruppo e nelle tre tenute: il Castello del Trebbio di Pontassieve (Firenze), la tenuta Olianas di Gergei (Cagliari) e la tenuta Casadei di Suvereto (Livorno), in un pensiero ampio e consapevole, che guarda all’etica e alla sostenibilità ambientale, con azioni efficaci e quotidiane.