AROMA: LA TRADIZIONE ROMANA È GOURMET

La Città Eterna è piena di luoghi suggestivi e di testimonianze storiche di architettura da togliere il fiato. Ma Roma vista da Aroma, ristorante stellato sul Rooftop difronte al Colosseo, non è mai stata così bella. Aroma corona lo storico Palazzo Manfredi, proprietà dei conti Goffredo e Leonardo Ceglia Manfredi, che fa parte del gruppo Manfredi Fine Hotels Collection, ed è una location davvero unica, proprio come il Colosseo, considerato il monumento più famoso del mondo. La posizione privilegiata del ristorante regala ai suoi ospiti una vista imperdibile, incantevole a tutte le ore del giorno e della notte. Il panorama maestoso abbraccia il Colle Oppio, il Foro Romano, l’Altare della Patria, il Colosseo e anche la Cupola di San Pietro vista in lontananza; sotto, invece, si può ammirare il Ludus Magnus, il complesso di palestre gladiatorie realizzato intorno all’anno 100 d.C. e collegato al Colosseo tramite una lunga galleria.

Dal 2010 alla guida di Aroma c’è l’executive chef Giuseppe Di Iorio, premiato da una prestigiosa  stella Michelin dal 2013. Lo chef ci accoglie in una giornata invernale illuminata dal sole splendente, troppo tranquilla, purtroppo, a causa del Covid e di conseguenza con pochi turisti, ma perfetta per fare una chiacchierata senza fretta e assaggiare qualche piatto “con vista”. Sempre sorridente e disponibile, Giuseppe Di Iorio – Pino per gli amici – ha accettato anche di raccontarsi tra una preparazione e l’altra.

Giuseppe Di Iorio, executive chef del ristorante Aroma

Nel frattempo arriva il primo piatto: una Tartare di ricciola su un letto di avocado e mela, foglie di ostrica, cipolla rossa caramellata e maionese al sesamo. Piatto cremoso e fresco grazie alle sottilissime scorze di lime: la morbidezza della ricciola si amalgama alla perfezione alla grassezza dell’avocado, creando un insieme dei sapori coinvolgenti e confortanti.

Tartare di ricciola su un letto di avocado e mela, foglie di ostrica, cipolla rossa caramellata e maionese al sesamo

“La passione per la cucina me l’ha trasmessa la mamma” racconta lo chef “Essendo l’ultimo di sei figli, tra cui 4 sorelle, sono sempre stato in mezzo, ero il più cocco di tutti, coccolato soprattutto dalle numerose donne della famiglia. I pranzi della domenica sono i miei ricordi preferiti, quel profumo di ragù che si cuoceva lentamente, la pasta fatta domenica mattina. Quel genere di cucina all’epoca si mangiava solo una volta a settimana, ed era una festa. E poi mi ricordo i pomodori. A settembre eravamo ancora in Calabria (mia mamma è calabrese), c’era ovunque l’odore dei pomodori ed era una gioia. A metà settembre iniziava il periodo delle lumache, con le prime piogge si andava fuori alle 4 di mattina a prendere le lumache, così erano più pulite.”

Ma ecco il secondo antipasto: un’Animella glassata al Parmigiano Reggiano con funghi cardoncelli. Il quinto quarto è uno degli elementi più significativi della cucina romana, entrato in voga negli ultimi anni nelle cucine più blasonate. Ma qui, nella capitale, è sempre stato amato, e portarlo a tavola vuol dire rendere omaggio alle proprie radici.

Animella glassata al Parmigiano Reggiano con funghi cardoncelli

“È un po’ come la storia degli italiani: quando si va all’estero, dopo che ritorniamo nel nostro meraviglioso paese, la prima cosa di cui abbiamo voglia è sempre un piatto di pasta, una semplice pasta al pomodoro. È incredibile, puoi mancare solo 10 giorni, ma vai quasi in astinenza. È l’organismo te lo chiede, è normale che ti porti appresso quei sapori, quegli ingredienti che ti fanno tornare bambino, che ti riportano la mente a un giorno di festa, come quella pasta al ragù.”

Mentre parliamo, arrivano i Tortelli di patate con ricci di mare, salsa all’aglio nero e bottarga di muggine. Ogni piccolo scrigno con il suo ripieno cremoso e una pennellata di sapidità è una vera esplosione di mare in bocca, esaltata dalle scagliette sottili di bottarga grattugiate direttamente a tavola. È bello vedere la bottarga trattata come il tartufo: con i guanti bianchi e una grattugia d’argento.

Tortelli di patate con ricci di mare, salsa all’aglio nero e bottarga di muggine

“Nel nostro menù da sempre c’è più pesce che carne, specie negli antipasti, anche se oramai, a causa del Covid, lavoriamo con molti più italiani, e così abbiamo ripreso diversi piatti romani che fanno parte della nostra cultura. Oggi facciamo la cucina gourmet che fino a 20 anni fa a Roma non esisteva, e la nostra è la cucina romana sì, ma rivisitata. È una grande cucina, e anche se viene proposta dai grandi chef, nella sua sostanza rimane sempre quella, riconoscibile.”

Ecco un altro ingrediente romano protagonista della portata successiva: il Baccalà leggermente affumicato, pomodoro di Piennolo, olive e foglie dì capperi.  Baccalà, il vero orgoglio capitolino. Tenerissimo, con la pelle croccante, contrastato dai sapori concentrati come la dolcezza del pomodoro, una punta di amaro delle olive nere e la sapidità dei capperi. Un classico sempreverde in veste raffinata.

Baccalà leggermente affumicato, pomodoro di Piennolo, olive e foglie dì capperi

La degustazione è accompagnata da un paio di calici di Champagne (Jean Duclert Harmonie Brut e Henriot Rosé), numerosi nella carta dei vini creata da Damiano, maître e sommelier appassionato.

“Lavoriamo tanto sulle nuove idee, abbinamenti, tecniche” continua lo chef Di IorioA differenza di una volta abbiamo molte possibilità e tecnologie a disposizione. Ma la cosa più importante è la grande materia prima che fa il 70% dell’opera. Poi basta non estremizzare e non rovinarla, non snaturarla, anche perché diventa la cucina senza identità, e non mi piace quel tipo di cucina. Oggi è facile mangiare a Roma e a Toronto gli stessi piatti, ma così non va bene. La cucina non può essere globalizzata, noi dobbiamo portare avanti la nostra filosofia e nostri prodotti. Detto in parole povere, se vuoi una carbonara, la devi mangiare qua. Facciamo il lavoro più bello del mondo, almeno secondo me, siamo un’eccellenza, siamo un paese meraviglioso e abbiamo una grande filiera, questo siamo.”

La Trilogia dì agnello con sedano rapa, rosmarino e visciole è un vero trionfo della romanità a tavola. Si inizia con un taco di una sfoglia di sedano rapa essiccata con tartare di agnello e chips di pomodoro; si continua con un morbidissimo filetto servito con la confettura dì visciole. Il culmine di questo tris è una croccantissima costoletta fritta, la vera essenza della cucina romana, su una soffice crema di sedano rapa.

Trilogia dì agnello con sedano rapa, rosmarino e visciole

“Dopo la scuola alberghiera sono andato a Londra per 10 anni, dal 1992 al 2001, a lavorare nelle strutture prestigiose come Hyde Park e Grosvenor House. È stata un’esperienza decisamente utile, soprattutto dal punto di vista organizzativo: al ristorante di Hyde Park Hotel eravamo 76 cuochi che coprivano il servizio 24 ore su 24. Invece a Grosvenor House, una struttura di lusso sfrenato, facevamo ben 900 coperti al giorno! Senza l’organizzazione perfetta ciò non sarebbe stato possibile. Quando è nata mia figlia Melissa, ho deciso di tornare per starle vicino, e dal 2002 ho iniziato a lavorare a Mirabelle insieme all’executive chef Giuseppe Sestito che avevo conosciuto a Londra. Passati altri 10 anni, ho preso comando di Aroma, ed eccomi ancora qua.”

Il dessert Visciole e ricotta

Il dessert, Visciole e ricotta, non poteva che essere un elegante omaggio al Colosseo e al dolce che prende le radici nelle antiche tradizioni di cucina romana: la crostata con ricotta di pecora e confettura di visciole. Spugna di mandorla, gocce di ricotta, piccole meringhe e visciole in tante consistenze: confettura, polvere e sorbetto. Un dessert romano, raffinato, indimenticabile.

 

 

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