SICILIA DOC, LA VITIVINICOLTURA CHE SI FA STORIA
Greci, arabi, latini. Si sono incrociati tutti qui, nei secoli che hanno poi reso la Sicilia tormentata, profonda, bellissima. Mira strategica per le potenze del Mediterraneo, culla di culture e filosofie che hanno arricchito l’umanità; ancora oggi terra promessa per chi guarda oltre l’orizzonte e cerca un luogo nuovo da cui ripartire, a ogni costo. Trinacria è sinonimo di accoglienza, diversità di caratteri e sterminata offerta di sentimenti e materie prime: un mosaico di sentori, non a caso il claim scelto da Sicilia DOC per rilanciarsi e rilanciare l’immagine della Sicilia ovunque nel mondo.
È il marchio regionale che si fa traino dei microterritori, un movimento che vede il livello qualitativo della produzione in costante aumento negli ultimi quindici anni, complice una ormai acclarata attenzione all’imbottigliamento, che non sempre in passato godeva di trasparenza. La serietà nella conduzione delle attività, che la DOC, nata come denominazione nel 2011, si propone come stendardo primario, si unisce poi a una larga penetrazione del tema della sostenibilità, sposato a tutto tondo, dal piano delle materie prime a quello della filiera.
Consorzio di Tutela Vini Sicilia Doc e privati si trovano di fatto a collaborare per un obiettivo comune, certificato da un case history tutt’altro che banale: dal 2012, quindi appena un anno dopo la creazione della denominazione, il valore del vino al litro è passato da 0.85€ a 1.25€. Cinquecento imbottigliatori, duecentoventimila ettari (85% dei quali collocati nella zona centro-occidentale della regione), e un totale di circa novanta milioni di bottiglie l’anno, in assestamento rispetto al passato recente ma solo per una comprovata e maggiore ricerca della qualità, rispetto alla quantità.
Atterrare sull’isola, regina del Mediterraneo (anche) per estensione, significa viaggiare tra i filari di varietà vinicole che hanno lasciato segni orgogliosi e longevi nella tradizione italiana. Colline dorate e per lo più vulcaniche (va da sé), che fanno da contraltare all’aura mistica e sensuale di un capoluogo come Palermo, diavolo e acquasanta insieme, l’indescrivibile Oratorio di San Lorenzo (dove ancora si aspetta il ritorno della controversa Natività di Caravaggio) sulle stesse vie del caos notturno e godereccio. Tre vitigni principi che trasudano storia, scienza e adesso guardano al domani con concreto entusiasmo.
Il Catarratto, bacca bianca tra le principali, recentemente conosciuta anche come Lucido. Variante genitrice di altre ricchezze, esportata per acidità importante e pronuncia indigena che resta impressa. Fu oggetto di profondo studio da parte del leggendario Barone Antonio Amendola, che nel 1904 ne incrociò le potenzialità con quello dello Zibibbo, per creare “un Marsala più aromatico”; erano gli albori del Grillo, varietà che dopo il disastro della fillossera andò assumendo sempre maggiore rilevanza, complice una rendita più soddisfacente di quella del Catarratto bianco. Nel 1976 fu Bruno Pastena, icona dello studio ampelografico locale, a intuirne la profondità anche a tutto pasto, e non solo come vino dolce. Oggi il Grillo si candida come tra le varietà leader del brand Sicilia, sospinto dalla enorme duttilità aromatica che lo caratterizza.

Grappolo di Grillo
Il Nero d’Avola, emblema della crescita del movimento, che in otto anni ha visto raddoppiare il proprio valore al litro: già noto in regione da prima del ‘600, fu nei secoli ritenuto e classificato come rosso generico, prima di un’autentica esplosione alla fine del diciannovesimo secolo. Bevuta inquieta e ipnotica, dalle ruvidezze godibili, la spezia esotica e l’agrume che somiglia a un tatuaggio orgoglioso della Sicilia. “C’è molto più da raccontare in Sicilia“, direbbe Laurent Bernard de la Gatinais, Presidente di Tenute Rapitalà e di Assovini Sicilia, “perché si tratta di un territorio incredibilmente vasto per varietà e disponibilità. Il Consorzio si pone come obiettivo proprio il valorizzare e il difendere questo mosaico di identità, per poterlo trasmettere fino in nazioni dove troppo spesso la specificità di un vino non viene riconosciuta“. Un punto di partenza, la DOC Sicilia, che può solo che far ben sperare.
DEGUSTAZIONE
Grillo: top 3
Vini Tola Grillo 2020
90/100
Viaggio senza mezzi termini, ingresso al naso che racconta quasi di balsamicità interessanti, mentre in bocca si presenta più docile, con sentori canditi.
Tasca d’Almerita Cavallo delle fate 2020
90/100
Pochi fronzoli, fresco di frutta matura, con sorso che vira sulla mineralità.
Fazio U Marusu 2020
91/100
Esotico e sognante, si sentono albicocca, frutti maturi, addirittura un inizio di miele che però non eccede mai.
Nero d’Avola: top 3
Duca di Salaparuta Passo delle Mule 2019
91/100
Al naso carezze all’arancio, con note di tabacco. Sorso pieno, vellutato, soddisfacente.
Caruso&Minini Cutaja Riserva 2017
90/100
Esperienza complessa, per questo intrigante, e automatico richiamo al sorso. Sentori di curcuma, spezia. Bocca che potrebbe dare ancora di più, con note calde di frutto rosso e cacao.
Baglio del Cristo di Campobello Lu Patri 2018
90/100
Vino sostenuto, deciso e confortevole, con aromi di cuoio e camino. Bevuta che si apre nel tempo, idea di caffè, pepe.
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