PINO CUTTAIA, PENSIERI D’ARTE CULINARIA

Rifondare i valori della filiera alimentare, sotto la lente macroscopica della ricerca, della sperimentazione e della creatività artistica, tratteggia la cifra stilistica di Pino Cuttaia.

Esponente dell’alta scuola della cucina italiana d’avanguardia, executive chef e patron del ristorante due stelle Michelin La Madia di Licata, in un ventennio ha saputo attrarre avventori dai cinque continenti in provincia di Agrigento, scomponendo le sovrastrutture classiche ed approcciandosi introspettivamente agli ingredienti del microcosmo della Valle dei Templi.

Sbriciolare il diaframma tra l’eleganza formale e spontaneità creativa, riformulando i codici della gestualità della cucina domestica, imbastisce il legame affettivo ed antropologico ai ricordi legati alle fragranze, ai sapori e alla ritualità familiare ed enuncia la personalità della cucina dello chef. La nitida trasposizione dell’ingrediente di prossimità coinvolge nella percezione di un dogma, rivelando una Sicilia crocevia dell’evoluzione mediterranea, terra che emulsiona le influenze delle dominazioni bizantine, arabe, normanne ed aragonesi, lasciando fermentare avanguardie ed inedite alchimie nella cultura che i sapori sanno divulgare.

Dalle sinergie con gli artigiani ed i produttori, lo chef ha negli anni indirizzato il suo approccio etico alla cucina, facendosi tramite di un messaggio universale di responsabilità nella tutela della biodiversità. L’orto al quale attinge è il Mediterraneo, non inteso limitatamente alle risorse ittiche ed agroalimentari, ma vissuto come laboratorio culturale diffuso di un’identità condivisa. Sartorialmente Pino Cuttaia reinventa trama ed ordito dei molluschi – sfruttandone la struttura proteica – ricrea texture e forme che si fanno ologramma tra evocazione ed iconografica allegoria.

Superando la variabile della pezzatura delle seppie della pesca locale, ad esempio, nascono l’uovo e gli gnocchi di seppia”, praline di mare che enunciano la quintessenza fondente e iodica del mollusco, in dialogo con l’eterea croccantezza delle chips delle sue uova.

Gli gnocchi di seppia, nella storiografia del ristorante La Madia, sono emblema di primavera: come un reef corallino si spiralizzano sulla crema di finocchi, tra gli accenti austeri di anice ed umorali di nero di seppia essiccato.

 

Proprio gli accenti scenici e lisergici istoriano la nuova edizione dell’interpretazione di un formaggio raro dell’entroterra sikano, emblema della cooperazione dello Chef e dei custodi dell’ancestralità casearia, che mira al sostegno dell’economia territoriale: la Tuma Persa smarrisce letteralmente l’acredine della sua caratteristica piccantezza e la graffiante pastosità, nell’idillio di un primo piatto manifesto.

Il ricordo di una cacio e pepe o semplicemente il legame indissolubile tra terra e mare, dove il valore del tempo si misura nell’affinamento di un formaggio d’autore o delle conserve di mare dello chef: “la bottarga di tonno rosso affina sotto la perpetua valutazione di un processo osmotico ed enzimatico che esalti le caratteristiche organolettiche delle uova del pesce pelagico”, vellutata enfasi marina a contocanto dell’onda erbacea del formaggio, nella trama carezzevole dell’opulenza della tartare di scampi e nel compendio dei rigatoni di trafila propria.

Una Sicilia di mare e di entroterra che sconfina nei boschi dei Nebrodi, dove i suini autoctoni allevati allo stato brado, sviluppano complessità organolettiche percepibili grazie alla composizione della massa grassa, paragonabile al salmone per la percentuale di acidi grassi essenziali poliinsaturi omega-3 ed omega-6: evidenza genetica e dell’alimentazione naturale ricca di castagne ed essenze del sottobosco.

Il rispetto per l’animale traspare non solo dalla garanzia di un allevamento rispettoso del suo benessere, ma anche dalla valorizzazione di ogni sua parte, nella circolarità di una cucina che abbia fulcro nella sostenibilità”.

Cotture sapienti rivelano l’umami identitario delle carni, sta all’ospite l’aggiunta dei soffi di sale, non necessita di corruzione alcuna, infatti, la degustazione del maialino Nero siciliano, glorificato anche dal servizio al guéridon, che vede lo chef esegeta in sala.

La primavera nell’opera di Pino Cuttaia si percepisce nella consapevolezza della semplificazione stilistica, nell’armonia che nasce dalle assonanze più che dai contrasti, dalla contemporaneità declinata nelle riletture critiche di ogni piatto che compone i menù.

Ogni slancio artistico porta in degustazione il messaggio profetico che la ripartenza sia un atto corale, di rifondazione cooperativa di quanti operino per preservare la qualità di ciò che diventa nutrimento.

 

 

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