TERRA, LA STORIA MAGICA DI UNA “CUCINA NEL BOSCO”

Salendo da Bolzano per il tracciato più volte rimaneggiato della vecchia carrozzabile del Passo di Vizze voluta dall’Imperatore Massimiliano I° d’Austria nel 1494, si oltrepassa la gola di Sarentino costeggiando il corso impetuoso del fiume Talvera e attraverso lunghe gallerie si raggiunge l’abitato di Sarentino, abbandonando la statale che poi risale a Passo Pennes e scende a Vipiteno. Forse grazie a un isolamento involontario dettato da vie di comunicazione fino ad alcuni decenni fa non così agevoli, la Val Sarentino ha preservato nei secoli una sua precisa identità e merita di essere scoperta in tutto il suo fascino. Circondata da cime e densa di boschi, prati verdissimi e torrenti di acqua cristallina, vi sopravvivono orgogliosamente antiche tradizioni consolidate in secoli di storia.

Un documento di donazione al Chiostro dell’Abazia di Novacella datato 1142, menziona Sarentino, ma non v’è dubbio che la valle iniziò molto prima a popolarsi e la nascita dei primi insediamenti è certamente antecedente, forse grazie ai cacciatori, che in particolare d’estate, scendevano dai molti valichi già nel mesolitico e nell’età del bronzo. “La Val Sarentino è la terra più bella e allegra del Paese!”, scriveva nel 1600 Marx Sittich von Wolkenstein, considerato il primo cronista altoatesino, facendo riferimento al carattere dei suoi abitanti, ospitali, dalla battuta sagace e dallo spiccato umorismo, eleganti nel tradizionale costume tipico indossato la domenica, con il cappello ornato da nastri rossi, se l’uomo non è ancora sposato e da nastri verdi se la moglie è nei paraggi. Caratteristici nel loro vivace e colorito dialetto, che rispetto a quello delle altre valli tirolesi è ritenuto un’autentica melodia, hanno a cuore i mestieri antichi della valle, preservati con orgoglio dalla globalizzazione, a partire dalla scultura del legno, alla tornitura, alla tessitura a mano, all’oreficeria, all’arte dello scalpellino e al ricamo con le rachidi di pavone.

Tra i punti di eccellenza la cucina tipica e la ristorazione, che brilla per una particolare meta enogastronomica, consolidata in anni di dedizione: il ristorante Terra The Magic place, due stelle Michelin. Un’opportunità per scoprire il calore familiare della tradizionale ospitalità sudtirolese, tra foreste di abete e pino mugo, lontani da tutto, ammirando le cime del Latemar e del Catinaccio a 1600 metri di quota sui rilievi alle spalle dell’abitato di Sarentino. Un’esperienza gastronomica che rappresenta una vera e propria iniziazione alla cucina delle erbe, padroneggiate con sapienza dallo chef Heinrich Schneider che ne ha fatto un mantra, insieme alla sorella Gisela, maître e sommelier, che coordina cantina, accoglienza e sala con competenza e attenzione. L’elegante e confortevole resort di famiglia, immerso nella natura, con la Spa e il ristorante 2 stelle Michelin (il più alto bistellato d’Italia), offre un’esperienza enogastronomica di grande piacevolezza e coinvolgimento emotivo, grazie a un background di tre generazioni e a tanta creatività.

Heinrich e Gisela Schneider

Il travaso di esperienze affonda le radici nella storia della valle ed ebbe inizio con il nonno Johann Brugger, visionario, moderno e innovativo nell’interpretare il nascente turismo montano, controcorrente anche nel vestire, preferendo al costume tradizionale sarentinese gli abiti di moda, a lui si deve la trasformazione della baita ricevuta in eredità in una mescita di cibo e vino con una pista per il gioco dei birilli, che sarà il primo germoglio di un’attività di famiglia che i prosecutori sapranno portare avanti con successo. Sposata Notburga Stauder, figlia del gestore della Fattoria Niederhauser in fondovalle, Johann costruì insieme a lei il Rifugio Sarentino, con l’intento di dare impulso all’attività sciistica in quel pezzetto di valle così selvaggio e panoramico: malgrado non vi fossero piste, si saliva per i sentieri, si godeva del confortevole ristoro del rifugio e si scendeva con gli sci ai piedi per i campi innevati. Una promettente iniziativa imprenditoriale che verrà bruscamente interrotta da un incendio, ma che non farà perdere d’animo i due sposi, che in quegli anni alternano il commercio del legname alla gestione del rifugio Sarentino, mentre nascono sei figlie. La primogenita, Rosa figlia di Notburga e Johann, nel frattempo conosce Albert Schneider, un giovane imprenditore tedesco appassionato di sci alpinismo che ha all’attivo già numerose spedizioni di successo. I due giovani si sposano ma per mandare avanti l’attività devono affrontare notevoli difficoltà date dalla posizione e dall’altitudine, le basse temperature d’inverno fanno gelare i tubi dell’acqua, non ci sono né telefono né energia elettrica e la strada è poco più di un sentiero innevato per parecchi mesi all’anno. Ma nel ‘76 i due giovani finalmente coronano il loro sogno, costruiscono l’albergo ristorante Auener Hof, connotandosi sempre di più per la qualità della cucina, tanto da annoverare tra i propri clienti il regista e alpinista Luis Trenker, la sciatrice alpina Rosi Mittermaier, lo slalomista Christian Neureuther, la campionessa olimpionica dello sci Marielle Goitschel, il pilota di rally finlandese Simo Lampinenn e il celebre scalatore Reinhold Messner. Una meta che anno dopo anno si consolida e nel 1998 prende un nuovo impulso con i due figli Gisela ed Heinrich che completata un’esperienza di alcuni anni in Italia e all’estero decidono di comune accordo di proseguire l’attività di famiglia. La scelta di dare una svolta alla filosofia di cucina prediligendo una proposta gourmet è coraggiosa, ma le radici sono solide e traggono linfa dalle esperienze e dalla cucina di mamma Rosa che ha trasmesso ad Heinrich fin da bambino la conoscenza delle erbe, come trovarle, come riconoscerle e cosa farne.

Nel 2008 arriva la prima stella Michelin una ‘medaglia’ più che meritata per i due fratelli che prelude ad importanti lavori di ristrutturazione e ampliamento, che dopo quattro anni di cantiere cambiano volto al resort. Nel 2014 Terra The Magic place fa ingresso nell’esclusiva associazione internazionale Relais & Chateaux e nel 2016 viene assegnata l’ambita seconda stella Michelin, un privilegio riservato solamente a tre insegne in Alto Adige, sintesi di un lavoro corale portato avanti in questi anni, dove la fornita cantina, il servizio attento e l’accoglienza, non sono secondi alla sopraffina cucina.

Dopo l’alberghiera, una stagione estiva insieme alla mamma, una invernale presso un importante hotel dell’Alto Adige e un periodo in Francia” ci racconta Heinrich Schneider “sono tornato all’Auener Hof, perché la famiglia aveva bisogno di me nella gestione. La cucina della mamma era tradizionale e molto buona, con i classici canederli e i piatti della memoria, mentre la carta, con il mio apporto, ha avuto anche una sezione dedicata alla cucina creativa. Ero molto affascinato dalle erbe, mia madre le utilizzava per preparare decotti e infusi, lo aveva imparato da mia nonna che le impiegava prevalentemente ad uso medicinale. Durante la nostra infanzia, io e mia sorella non avevamo vicini di casa e spesso giocavamo insieme nei boschi qui intorno e così da piccolo imparai a distinguere le erbe buone e i funghi raccogliendoli insieme alla mamma o anche da solo quando lei non poteva. In seguito, ho voluto specializzarmi frequentando un corso del Centro Scientifico della Provincia sulle erbe selvatiche, della durata di un anno, dove ho appreso come riconoscere le piante, le caratteristiche e i benefici di ogni diversa erba, le preparazioni, le cotture, la conservazione, ero l’unico chef, gli altri erano farmacisti e studiosi”. Un rapporto quotidiano con la natura della valle fatto di biodiversità, antiche tradizioni e rispetto: “La mattina raccolgo le erbe che mi occorrono, guardando al bosco con deferenza e gratitudine, ognuna ha le sue regole e il suo grado di maturazione, è diversa se la raccogli in fioritura o prima, può acquisire una parte amara che è meglio non vi sia, in genere il momento migliore per la raccolta è marzo, alcune erbe essendo stagionali vanno raccolte in quantità per poterle essiccare e farle durare un anno, come l’olio di pino mugo, che preparo raccogliendo i germogli, lasciandoli in infusione per circa due anni o la cenere di erbe (tostate, frullate e essiccate), o ancora l’olio di fieno e la polvere di funghi. Lavoro circa sessanta erbe selvatiche diverse, ma la mia preferita è l’edera terrestre, che cresce qua intorno anche se siamo al limite come altitudine, a 1000 metri sarebbe l’ideale, è dolce, non amara, con un sapore tra la ruta e la menta, la metto sui dolci, nel gelato e nella crema, per aromatizzare, una volta che ha conferito l’aroma la tolgo. L’erba Silene invece è quasi una verdura, simile a uno spinacino poco ferroso che sa di cetriolo, la uso a crudo, oppure saltata in padella. La Pimpinella è una rosacea che cresce bene qua intorno, da usare a crudo sul pesce o per fare un pesto, ha foglioline con sapore dal retrogusto di cetriolo, non amaro. La Achillea, di cui esistono oltre ottocento varietà al mondo, più o meno amare o piccanti. Un’erba genuina, un po’ piccante da cui mia madre otteneva una tisana buonissima, la mettiamo su uno spaghetto croccante all’ultimo, posso aggiungerla a una materia grassa, a crudo, oppure saltata in padella, fa bene al fegato e al sangue. L’acetraria, che spunta dopo le piogge, da raccogliere ed essiccare”. Tutti gli altri ingredienti sono acquistati in valle, come i formaggi di malga, la carne bio macellata a Sarentino, lo speck stagionato fino a tre anni, con i maialini allevati allo stato brado, i pesci di acqua dolce come il salmerino e il temolo, pescati nei torrenti di montagna, la farina di Passo Pennes, il miele prodotto nella malga dei vicini.

È una cucina leggera, senza compromessi, a base di verdure ed erbe, poco pesce e poca carne, con un menù degustazione da undici portate dove sono banditi l’astice, il pesce di mare e ciò che non si produce in valle “e se mi manca un ingrediente per la creazione di un piatto cerco un alternativa local”. Entusiasmante il ‘degustazione’ che ben descrive le attitudini dello chef, le notevoli capacità tecniche e un particolare afflato alla sostenibilità, mentre tutti i piatti sono abbinati con sapienza da Gisela, padrona di casa elegante e premurosa, alternando calici di vini, a tè e tisane. Si comincia con la Pralina pera, ibisco e menta, un entratina a forma di sfera leggera e rinfrescante, con l’interno liquido, preparata con mela, rafano, una marinatura di pere Williams mature, petali di ibisco secchi, succo di limone, a cui aggiungere una meringa alla cenere di erbe, passata nel burro cacao e menta.

Si prosegue con il Cuscino di miglio al cavolfiore, un’esplosione al palato di notevole concentrazione, dalle raffinate note aromatiche, sulfuree e balsamiche, realizzato caramellando l’ortaggio in pentola insieme a un ramo di pino, lime grattugiato, frullato insieme e farcito. Lo Spaghetto al lievito, achillea e spuma di asperula, insieme a pepe rosa, patate, lime, cannella e burro di nocciola, piatto al naso profumatissimo di erbe e al palato goloso, con la verbena dominata a dovere senza che prevarichi sul resto. Il Pollo bio e acetosella, con una mousse di pollo, crema nocciola, erbe monadia, acetosella, finocchietto, verbena, perle di polvere di porcini, cialda croccante con gel di rum e mousse nocciola, dove la freschezza va a bilanciare armoniosamente la grassezza del piatto. Il Salmerino marinato con lacca rossa o bianca, perle al levistico e perle alla cenere di erbe, cialda grigia, spuma con olio di pino, fumetto di pesce, olio di vinacciolo, purè di rape rosse, cerfoglio impanato con rape rosse in polvere, cialda rafano e azoto, dolcezza, note aromatiche, iodate e ferrose che rivelano notevole piacevolezza e palatabilità. Il Raviolo in crema di lievito caramellato, con sambuco e petali di calendula, di grande armonia, con la glassatura che entra in equilibrio grazie al ripieno di erbe, evoca un registro ampio di note amarotiche e tradisce il sospiro del bosco e dei suoi elementi. Il Capriolo glassato di grande freschezza ed eleganza, con riduzione di mirtilli neri, arrotolato in petali di garofano, foglie di timo, fiori di lavanda, dove la parte selvatica entra magistralmente in equilibrio con le note erbacee. Straordinaria la Crema di edera terrestre con granita di lamponi, zucchero di betulla (meno dolce e più naturale), nel primo strato una catalana di edera terrestre, secondo strato una base di gelatina di menta e granita di lamponi, dieci erbe fresche, tra cui finocchio, zucchero di melissa, petali di edera, acetosella, menta, achillea, un’esperienza inebriante con rimandi sottili all’universo floreale.

L’altra metà del resort è rappresentata da Gisela altrettanto scrupolosa e consapevole nel compiere il proprio ruolo: “Quando i miei genitori a metà degli anni settanta aprirono l’Auener Hof era il periodo della Schiava e del Santa Magdalena, ma mio padre credeva molto nel Lagrein, a quel tempo poco apprezzato, e non mancava occasione per proporlo. In quegli anni avevamo solo una ventina di etichette, ma una volta tornati nel ‘98, io e mio fratello cerchiamo di innovare, ampliando la proposta. Fatta l’alberghiera mi accorgo che occorre prepararsi di più e faccio il corso sommelier, durante il terzo livello conosco mio marito e inizio un percorso di condivisione che mi aiuta a costruire un mio palato”. La carta di Terra è tesa ad approfondire l’Alto Adige, ma senza dimenticare l’Italia e il resto dell’Europa e Gisela comincia a viaggiare, per visitare le più significative regioni europee, alimentando la sua passione per il vino ma anche quella per la roccia e le scalate. Da alcuni anni a questa parte ha scoperto che quando deve assaggiare è meglio che sia da sola oppure con il marito, senza il produttore o altre persone: “l’esperienza è più profonda, riesco a cogliere molti più aspetti del vino di quando si è in gruppo. Cerco piccoli produttori e zone meno conosciute e propongo abbinamenti ragionati ai piatti del menù, la cucina di Heinrich a base di erbe richiede un’attenzione particolare nella scelta del vino, trovare l’abbinamento giusto è difficile ma fondamentale, senza voler stupire l’ospite con bottiglie particolari e mi prendo tanto tempo per trovare il calice giusto, gli ingredienti artigianali della cucina di Heinrich non sono mai uguali alla volta precedente, e anche le annate dei vini da un anno all’altro non sono le stesse”.

Gisela Schneider

La scenografica cantina sospesa sulla sala contiene circa 1000 etichette con un particolare focus sui 35 vitigni diversi del Sud Tirolo, offrendo un ampio spettro identitario, insieme ai vini importanti di Italia, Francia, Austria, Spagna, Ungheria, Germania. Aria frizzante e panorami straordinari da godere soggiornando in una delle otto camere e due suite arredate nel tradizionale stile alpino del tranquillo resort, lasciandosi cullare da una sontuosa colazione a base di soufflé con marmellata di lamponi della Val Venosta, yogurt naturale, miele di api regina, ricottine alle erbe, formaggi tipici, speck, burro di malga e succo di mela, prima di dedicarsi ad avvincenti escursioni nella natura per tutti i livelli di allenamento, raggiungendo i valichi e le cime panoramiche che circondano la valle, tra cui gli ‘Omini di pietra’ tra le mete più misteriose e ambite. Da non dimenticare prima di ripartire, una buona spesa di prodotti tipici sarentinesi e regionali, come la carne bio, il cioccolato del produttore Oberholler, il miele, le mele, i succhi naturali di mela del produttore Kohl nella vicina Auna di Sotto e per la cura del corpo la linea Trehs ottenuta dal pino mugo della valle.

 

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