I VINI PER IL MIGLIOR FORMAGGIO DEL MONDO
A Gruyères nel Canton Friburgo, tra le montagne della Svizzera, da nove secoli si produce il celeberrimo Gruyère, una specialità casearia dalle caratteristiche organolettiche uniche al mondo, conosciuta fin dal 1115. Un formaggio svizzero dalla spiccata personalità, che lo scorso ottobre è stato eletto migliore del mondo, grazie a una selezione di straordinaria finezza e persistenza che ha sbaragliato gli inseguitori (tra cui un Gorgonzola Dop). Un severo disciplinare ne regola le fasi di lavorazione e la stagionatura, ne impone la naturalità, ne indica un ben preciso areale di produzione, in quella stessa parte della Svizzera tra Berna e il Lago di Ginevra, che è meta ambita dai vip di tutto il mondo. A Berna, nel 1903, si trasferirà Albert Einstein, durante il suo momento più prolifico e creativo, trovando un impiego all’ufficio brevetti; Montreaux per Ernest Hemingway, era “uno dei posti più belli al mondo”, vi trarrà ispirazione per il romanzo Addio alle armi; Tolochenaz sul Lago di Ginevra fu la località dove visse l’attrice Audrey Hepburn con il marito e i bambini per più di trent’anni; Vevey venne scelta come residenza dal regista Charlie Chaplin nel 1952, quando aveva appena terminato di girare Luci dalla ribalta; sempre a Montreaux i Deep Purple scrissero il loro brano più famoso, Smoke on the Water; i Queen incisero nove album e Freddie Mercury trascorse in una villa sul lago gli ultimi dieci anni di vita. Una meta assoluta anche per il musicista Prince: “portatemi fra le vigne del Lavaux per rivedere quelle montagne e quel lago”; e per la stilista Coco Chanel; il compositore Igor Stravinskij; l’imperatrice Sissi; Gandhi; Victor Hugo.
Il Gruyére

Photo credits Roberto Carnevali
Il Gruyére ha quasi mille anni di storia e affonda le sue origini al medioevo, quando i casari riuscirono a trasformare il prezioso latte delle bovine autoctone di queste floride e verdi valli, nel celeberrimo formaggio. Per dare inizio alla protezione del marchio si dovrà attendere il XVII secolo, con la marchiatura, a cui si aggiungerà nel 1762 l’ingresso della parola Gruyère nel prestigioso dizionario dell’Académie française, mentre i convegni di Madrid (1891), Parigi (1926) e Roma (1930), sanciscono il primo trattato che protegge le denominazioni e la loro origine, fino al 2001 quando arriva la denominazione di origine controllata (Aoc) e finalmente nel 2011, la denominazione di origine protetta (Aop). Le fasi di lavorazione sono regolate da un rigido disciplinare, che consente la certificazione di quattro varietà: il Gruyère Classico, con 6/9 mesi di stagionatura dal sapore dolce e raffinato; il Gruyère Réserve, stagionato almeno 10 mesi dal sapore deciso ed aromatico; il Gruyère d’Alpage, prodotto in alpeggio da metà maggio a metà ottobre, gusto tra il floreale e il fruttato grazie alla rigogliosa vegetazione dei pascoli, per confezionare la forma che è più piccola e pesa solo 25 kg. viene pressato esclusivamente in tela; il Gruyère Bio, prodotto con il rigoroso disciplinare Bio Suisse, è più morbido e ha un sapore più lieve, ma che diventa più saporito se stagionato oltre i 10 mesi. Per ottenere una forma di 35 kg, che nei lunghi mesi di stagionatura, viene periodicamente spazzolata, lavata con acqua salata e capovolta, occorrono circa 400 litri di latte crudo fresco, da mucche alimentate a erba dei pascoli d’estate e a fieno d’inverno, procedimenti secolari che mettono al bando insilati e additivi.

I pascoli di Gruyères
Il Gruyére nasce in luoghi dal fascino immutato, dove l’arte casearia è fortemente radicata ed esprime altissime artigianalità, tanto che è la quarta volta che un Gruyère Aop, dalla classica pasta dura, ottenuto con latte non pastorizzato, trionfa al World Champion Cheese. Un’intera giornata di lavoro per i 250 giudici esperti assaggiatori, in rappresentanza di 38 nazioni, a cui ha partecipato per l’Italia, anche Roberto Guermandi titolare della formaggeria L’angolo della freschezza a Bologna, una meta irrinunciabile per i gourmet, eletto nel 2022 miglior formaggeria d’Italia. Nelle eliminatorie per selezionare i candidati alla finalissima, sono stati assaggiati ben 4.434 formaggi provenienti da 42 paesi, giudicati da una super giuria di 16 membri da 15 Paesi, che hanno degustato, assegnato i punteggi in presenza del pubblico e aggiudicato il podio. L’esclusivo evento, che quest’anno si è tenuto a Newport in Galles, ha assegnato il massimo punteggio al Gruyère prodotto a Vorderfultigen, a venti chilometri da Berna, qualificandolo come: “un formaggio artigianale perfetto, perché morbido in bocca e scioglievole sulla lingua, con sensazioni di erba appena tagliata, frutta disidratata, nocciole tostate, note di cuoio e tabacco, insieme a una straordinaria armonia e a un finale lungo”.
Dove trovarlo

Angolo della freschezza a Bologna (photo credits Roberto Carnevali)
Il super Gruyère Aop arrivato a podio è reperibile in pochissime formaggerie d’Italia, una di queste è ovviamente l’Angolo della freschezza di Bologna, dove Roberto Guermandi una volta tornato in patria ha voluto rendere partecipi i clienti dell’importante esperienza internazionale che ha avuto, acquistandone alcune forme. Un negozio con un assortimento notevolissimo, che si trova a Granarolo, una piccola frazione dell’hinterland bolognese, casualmente nello stesso stabile dove si trova la pasticceria di Gino Fabbri, campione del mondo alla Coupe du Monde de la Patisserie di Lione nel 2015.

Photo credits Roberto Carnevali
Oltre al Gruyére campione del mondo, disponibile anche in questo periodo, ma con una diversa stagionatura rispetto a quella del podio, c’è l’imbarazzo della scelta. Un settore ampio della bottega è dedicato con orgoglio al Parmigiano Reggiano, sovrano assoluto della caseificazione e alle sue differenti aree e stagionature, poi decine e decine di diversi formaggi a pasta molle, semidura, dura, con consistenze, aromi e caratteristiche organolettiche agli antipodi uno dall’altro, li accomuna unicamente l’essersi originati dal latte, di mucca, pecora, capra, selezionati dai cinque continenti. Notevole la selezione dei Camembert, provenienti dalla Normandia e dal nord Italia, compreso quello di bufala, di un piccolo produttore bergamasco e a seguire la Robiola di Roccaverano, il Bitto, il Castelmagno, il Caciocavallo stagionato in grotta, i Pecorino toscano e sardo, il Gorgonzola, la Burrata, il Fiordilatte pugliese, le Formaggette di capra a latte crudo, insieme a decine di altre specialità di affidabili produttori, che fanno di questa insegna una meta assoluta. Formaggi, posizionati in buon ordine, che arrivano dall’Italia e dal mondo, selezionati grazie alla competenza di Roberto Guermandi e di suo papà, che rappresentano per chiunque voglia avvicinarsi a questo mondo straordinario, un’iniziazione ai saperi ancestrali, dove caci dalla storia millenaria, si intrecciano alle vicende familiari di minuscoli artigiani.
VINI & GRUYÈRE
Ecco tre vini perfetti per abbinare il miglior formaggio del mondo
VITTORIO MORETTI VM 80 EDIZIONE LIMITATA 2013 BELLAVISTA
Franciacorta Docg
Chardonnay (62%) e Pinot Nero (38%)
Il sogno di Vittorio Moretti di diventare vignaiolo riporta alle estati passate nelle campagne dei nonni materni, in un rapporto iniziato durante l’infanzia tra terra e natura, mai venuto meno, anche quando si afferma come costruttore prendendo le redini dell’attività di famiglia che risale al 1400. Oggi il Gruppo conta sei cantine in tre regioni, ma le prime vendemmie di Bellavista si originano grazie a pochi ettari vitati accanto alla casa di famiglia, a Erbusco, con l’intento di fare un vino da bere con gli amici, poi la passione, i viaggi in Francia e il costante confronto, daranno vita a un progetto visionario, che pone Vittorio Moretti tra i precursori del fenomeno Franciacorta. Un contesto che negli anni Settanta del ‘900, Moretti riesce a valorizzare giorno dopo giorno, creando da zero qualcosa che non c’era, ponendo in evidenza una innata vocazione del terroir alle bollicine, tanto da farne un prodotto di eccellenza, capace di arrivare nei cinque continenti. Ma riesce anche a instillare nelle figlie Carmen, Francesca e Valentina, la medesima passione per la spumantizzazione, insieme a un afflato verso l’arte, che promuove e valorizza i giovani artisti, con iniziative di rilievo come il Parco delle Sculture nei pressi della tenuta. Nella Cuvée Vittorio Moretti (prima annata prodotta 1984), traspare la ricerca dell’eccellenza e ci sono tutte le azioni profuse in questi anni dal fondatore di Bellavista, verso il significato di memoria e convivialità nella sua più alta accezione. Un finissimo assemblaggio che parla di territorio e ci riporta con la mente e il palato alle migliori bollicine che abbiamo assaggiato, in una sintesi perfetta dei migliori suoli, delle esposizioni più favorevoli, delle selezioni più pregiate. Le uve raccolte dalle piante più vecchie che hanno in media 30 anni, sostano in piccole botti di rovere bianco, mentre l’affinamento sui lieviti si protrae oltre 96 mesi, favorito dall’impiego del sughero. Una grande riserva, di grande longevità, disponibile non prima dei sette anni dalla vendemmia, a cui ci si avvicina con una certa deferenza. Al naso esprime delicate sensazioni floreali che vanno dal sambuco, al gelsomino, alle erbe aromatiche, che spaziano dall’elicriso, alla portulaca, al timo, con lievi sentori di idrocarburi, mango e bergamotto. Al palato il sorso si rivela generoso, aperto, intenso, fine, fresco, con un rapporto intrigante tra acidità e corpo, chiudendo con un finale di infinita pulizia e lunghezza. Questa edizione limitata conta esclusivamente 1.000 magnum e 500 Jeroboam. Un vero pezzo da collezione per la celebrazione dell’ottantesimo compleanno del fondatore Vittorio Moretti.
L’altro abbinamento: capasanta, radicchio di Chioggia, limone bruciato e i ravioli di Murano ripieni di trippa di merluzzo, brodo di busara, olio speziato, firmato da Riccardo Canella del Ristorante Oro dell’Hotel Cipriani Belmond Venice.
terramoretti/bellavista
VIGNA IL CANTICO DELLA FIGURA 2013 ANDREA FELICI
Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico Docg
Verdicchio 100%
Nell’area vocata al Verdicchio, tra Apiro e Cupramontana, nel maceratese, Leopardo Felici, guida una piccola realtà produttiva a carattere familiare. Una cantina dalla consolidata reputazione, già densa di riconoscimenti, sviluppata su un’estensione di dieci ettari, che produce due soli vini: il Cantico della Figura, che è un cru di Verdicchio e la Cuvée Andrea Felici che è l’assemblaggio dei diversi vigneti dell’azienda. Qui le cose si fanno per bene, senza sforzare, attraverso raccolte a mano in piccole cassette, vinificazioni che sopraggiungono poco dopo la vendemmia e grande rispetto per l’ecosistema e l’identità territoriale. “Spendiamo una considerevole porzione della nostra vita nel vigneto. Cerchiamo di rispettare le sue richieste per far emergere la sua personalità”. Le favorevoli escursioni termiche, le correnti d’aria, il clima caldo e temperato con una certa piovosità, il territorio collinare a circa 500 metri di altitudine che alterna radure a boschi e a vigneti, insieme a tanta passione, creano le condizioni ideali perché il Verdicchio possa prosperare e dare vita all’interpretazione fortemente identitaria che gli ha dato Leopardo Felici. Il Cantico della Figura nasce grazie a vigne di cinquant’anni su suoli calcareo argillosi, che caratterizzano concentrazione, complessità, eleganza e mineralità. Il mosto fermenta due settimane sulle bucce, per poi maturare in contenitori di cemento vetrificato, affinando sui lieviti 12 mesi e 6 in bottiglia, un tempo molto più lungo rispetto a quello indicato dal disciplinare, tenendo fede agli obiettivi di tipicità, piacevolezza e longevità che si è posto il vignaiolo. Al naso sensazioni olfattive che intersecano sentori di fiori gialli, agrumi, crema pasticcera, erbe aromatiche, equiseto, calendula. Al palato un sorso che entusiasma, fresco, sapido, di buon corpo, con una spalla acida importante, note di pera, mela, una parte citrica leggermente agrumata e un finale lungo e persistente.
L’altro abbinamento: oltre al Gruyère da gustare con i piatti dei fratelli Lebano al Terrazza Gallia a Milano: focaccia genovese all’olio extra vergine; antipasto di tonno crudo, mandorla siciliana, fichi; plin alla scapece di zucchina, colatura di pecorino della Val d’Orcia, zafferano, gamberi gobbetti.
andreafelici.it
CONTRADA R 2021 PASSOPISCIARO
Terre siciliane Igp
Nerello Mascalese 100%
Alle pendici dell’Etna, nella frazione di Passopisciaro, l’antico baglio siciliano dei cugini Franchetti, una corte, quasi un fortino e tutto intorno vigneti che si sviluppano su impervi e secolari terrazzamenti vitati. Nei primi anni 2000, dopo il successo internazionale di Tenuta di Trinoro, in Val D’Orcia, Andrea Franchetti scopre l’Etna e mette a punto un progetto visionario basato sull’impianto di nuovi vigneti di varietà alloctone come il Petit Verdot, il Cesanese di Affile, lo Chardonnay e sul recupero dell’antico vitigno siciliano Nerello Mascalese, con cui realizza sei vini delicati e aromatici. Vigneti (alcuni a piede franco), che portano i nomi delle contrade dove sono dislocati e hanno tra i 70 e i 100 anni di età, ognuno con le sue peculiarità e la sua storia, fatta di terreni che nella loro composizione si giovano di colate laviche avvenute decenni prima, differenti microclimi, esposizioni, escursioni termiche e altitudini diverse. Il Contrada R (diminutivo di Rampante), ha un’estensione di 1,4 ettari, si sviluppa a 1.000 metri di altezza ed è la contrada più elevata, al limite dell’area coltivabile del vulcano. La composizione dei terreni contempla la presenza di lava antica particolarmente ossidata e sabbiosa, la vinificazione si svolge per 15 giorni in tini di acciaio, per poi proseguire con la malolattica e l’affinamento in grandi botti di rovere per circa 18 mesi. Un Nerello Mascalese che grazie alla dedizione di Franchetti ogni volta sbalordisce e puntualmente riesce a spostare l’asticella un po’ più in alto, aggiungendo qualcosa in più alla piacevolezza e alla convivialità di questo vino antico, che era finito nell’oblio. Al naso rivela impercettibili nuances di fiori, frutta, ribes nero, prugna, uva spina e lievi sentori minerali. Al palato regala un sorso intenso, strutturato, elegante, di grande acidità e potenza, con un’ampia trama tannica, non troppo invadente ma importante, tutto succo e freschezza, con un finale persistente che evidenzia una interessante longevità e tra dieci, quindici anni, potrà riservare piacevoli sorprese.
L’altro abbinamento: oltre al Gruyère, da gustare con una crescentina calda dell’Alto Frignano; Tartare di manzo, salsa verde e burro all’acciuga; Cappuccino di cipolla e foie gras; Gnudi burro nocciola e lardo di Cinta Senese; tutti piatti preparati dall’executive chef Daniele Ciofi del Bistrot No More, a Palazzo BelVedere di Montecatini.
vinifranchetti/passopisciaro
langolodellafreschezza.eu
Cover: Città di Gruyeres, cantone di Friburgo, Svizzera