ROVERÉ DELLA LUNA: LA NUOVA LINEA CHE GUARDA ALL’ALTO ADIGE
Roveré della Luna, un piccolo comune in territorio trentino, chiamato in dialetto Eichholz e in tedesco Aichholz, che dista un paio di chilometri dalla Chiusa di Salorno, barriera che per secoli ha separato geograficamente la parte germanofona e quella italofona del Trentino-Alto Adige, facendone quasi un confine linguistico. L’origine del nome di questo luogo, sul quale si interrogò nel 1905 anche Cesare Battisti, riporta a un’ansa (o ‘luna’), nei pressi di un bosco di roveri, posto lungo il tracciato originario del fiume Adige. Ma non è l’unica ipotesi, ‘luna’ potrebbe risalire al vocabolo tedesco ‘Lahn’, che significa slavina, in riferimento alle vicine ghiaie sassose del rio Favògna e quindi ‘Bosco di roveri presso la frana’. Una località che solo casualmente è a forma di falce di luna, grazie allo sviluppo che ha avuto l’urbanistica del borgo negli ultimi cento anni, ma dove la natura e il territorio significano ancora molto e dove ogni anno viene celebrata la ‘festa degli alberi’, durante la quale da tradizione, i bambini della locale scuola elementare piantano un albero ciascuno.
Nel 1919, in un Trentino post bellico poverissimo, grazie al coraggio e alla determinazione di 24 soci fondatori, si costituisce a Salorno la Cantina Roveré della Luna, vi rimarrà fino al 1953, per poi spostarsi nell’attiguo borgo di Roveré della Luna, lungo l’antica via Claudia Augusta, arteria cruciale che da secoli unisce il Mediterraneo all’Europa centrale. Oggi sono 300 i soci, a collaborare attivamente per preservare l’identità dei grandi vini classici che qui si producono da secoli, come il Lagrein, la cui origine è documentata a partire dal XV secolo, ognuno sposato anima e corpo alla sua azienda agricola e al territorio, ma coesi nel perseguire i medesimi obiettivi.
430 gli ettari di terreno vitato, situati tra i 200 e i 950 metri di altezza, esposti per oltre 300 giorni all’anno alla luce solare, con produzioni rigogliose che per il 40% si concentrano sui vini trentini rossi, il 32% sui bianchi e il 28% sugli spumanti Trentodoc, grazie a terreni fertili di origine alluvionale, estesi tra Trentino e Alto Adige e a un microclima influenzato dalle alte cime circostanti, dalla brezza che soffia nella valle e dallo scorrere del fiume Adige.
Il consolidato brand trentino, che nel 2019 ha festeggiato i primi cento anni con un grande evento, prosegue nel segno di una lunga tradizione vitivinicola che riporta a Enrico di Carinzia e Tirolo, il quale nel 1327, attribuì ad alcuni vassalli della Piana Rotaliana, 40 jugheri, perché potessero realizzare una vigna, nelle vicinanze di un bosco di roveri (‘Aichholz’ in tedesco), proprio dove ora sorge il paese di Roveré della Luna. Lo jughero era un’antica unità di misura, che sanciva quanto terreno si potesse arare in un giorno con due buoi.
Tanta storia induce all’assaggio dei nuovi ‘Alto Adige Doc’ della Cantina Roveré della Luna – Aichholz. Una linea che in virtù di antiche concessioni, è dedicata in modo particolare ai vitigni altoatesini, ed esprime le peculiarità uniche di un territorio da secoli votato al vino, per produzioni dall’approccio contemporaneo, che si caratterizzano per intensità e freschezza e hanno come elemento distintivo un moderato tenore alcolico.
DEGUSTAZIONE
PINOT NERO ‘QUERCIA’ 2023
Un vitigno internazionale di pregio, dal carattere fine ed elegante, che in Alto Adige dà il meglio di sé, amato dai wine lovers per la struttura e la complessità aromatica. Il Quercia si origina su suoli sabbiosi alluvionali, attraverso procedimenti accurati. La diraspatura con selezione degli acini, una breve macerazione a freddo, una fermentazione in tino tronco-conico di rovere francese a temperatura controllata e un lungo affinamento in barriques nuove con fermentazione malolattica. Un Pinot nero che si caratterizza per un sorso classico, estremamente piacevole, dall’inconfondibile colore rosso rubino brillante, tendente al violaceo. Al naso, un profilo aromatico con sentori di fragoline e frutti rossi. Al palato una trama setosa e tanto frutto primario ben integrato, lampone, fragola, ginepro e assenza di legno. Un Pinot nero ‘vecchia scuola Alto Adige’ capace di divertire, che restituisce al sorso una notevole godibilità, grazie anche alla gradazione alcolica contenuta e alla chiusura lunga e sontuosa. Da bersi ora, ma con un bel potenziale d’invecchiamento, che alla prova del tempo saprà non disattendere
PINOT BIANCO ‘ACACIA’ 2023
Un vitigno spesso impiegato nella spumantizzazione, diffuso in Italia, ma anche in Francia e Germania, che in Alto Adige ha trovato la sua casa. Diverse le forme di allevamento e un grappolo compatto di dimensioni medio piccole, con bacche sferoidali, buccia fine, polpa dolce e gustosa dalla naturale acidità, per un Pinot bianco che si origina su suoli sabbiosi alluvionali dell’area di Salorno e viene allevato a pergola, mentre la vinificazione delle uve avviene con pressatura soffice, decantazione statica a freddo e fermentazione a temperatura controllata, a cui seguirà un lungo affinamento in acciaio sui lieviti. Al naso impercettibili sentori di fiori bianchi, pesca, albicocca. Al palato un’intensità maggiore rispetto alla parte olfattiva, che rivela struttura, equilibrio e un sorso secco, che riempie il palato ed evidenzia corpo e freschezza, insieme a una lieve grassezza e a un ricordo piacevole di autolisi, lievito, vaniglia sia al naso che in bocca.
GEWÜRZTRAMINER ‘ROSA’ 2023
La notevole personalità e aromaticità e il forte radicamento nel territorio sono i tratti distintivi del Gewürztraminer, una delle leggende altoatesine del vino, diffuso in area germanofona già nel Duecento col nome di ‘Traminer’, ma con buona probabilità originario del villaggio vinicolo di Termeno. Un vitigno tanto celebrato, da divenire l’emblema della regione, che nel ‘Rosa’, la versione della Cantina Roveré della Luna – Aichholz, ho trovato particolarmente piacevole e identitario. Nasce su terreni sabbiosi alluvionali ed è allevato a Guyot, nella zona di Salorno. La vinificazione avviene per macerazione prolungata delle bucce a freddo, pressatura soffice, decantazione statica a freddo, fermentazione a temperatura controllata, mentre l’affinamento lungo sui lieviti, viene eseguito in acciaio. Un grande vino da abbinamento, che al naso esprime persistenza e complessità, insieme a sentori suadenti di papaia, mango, rosa, chiodi di garofano, litchi. Al palato non delude le attese, grazie a una struttura ampia, avvolgente, succulenta, sostenuta da un’intensità floreale e fruttata di grande potenza e lunghezza, che lascia intuire un interessante potenziale d’invecchiamento.