Stefano Antonucci, Verdicchio vs. world

Se metti insieme tre geniali interpreti del mondo enogastronomico che cosa può succedere? Sicuramente che passerai una serata memorabile, come ho personalmente sperimentato il 19 febbraio scorso alla Madonnina del Pescatore a Senigallia. Ma può anche accadere che, passata l’ebrezza del piacevole convivio, ti rimanga impressa nella mente la pregevole sensazione di aver imparato qualcosa.

Già, perché non poteva andare altrimenti viste le premesse. I tre protagonisti sono Stefano Antonucci, visionario produttore di vino marchigiano, una delle bandiere del Verdicchio (versante Jesi) ma non solo, vista la sua incontenibile capacità di innovare e inventare veri e propri stili di vino (e la sua carriera lo dimostra). Luca Gardini, che a parte i celebri titoli noti ai più, è semplicemente il più straordinario e geniale degustatore di vino che ho mai incontrato in vita mia. Moreno Cedroni, intimo, creativo e artistico chef che assieme a illustri colleghi ha cambiato il Dna della ristorazione marchigiana ed elevato Senigallia a meta gourmet per eccellenza.

Li metti insieme dicevamo, e ognuno recita il proprio ruolo in un intreccio che poteva risultare scontato e che invece ha messo a nudo un concetto, chiaro e per nulla banale: il Verdicchio è un grande vino che può competere, per caratteristiche e qualità, con i grandi bianchi del mondo.

Il primo atto è la sfida lanciata da Luca Gardini: porre il Tardivo ma non Tardo Verdicchio Riserva Classico Sup. 2015 di Santa Barbara accanto ai grandi bianchi del mondo: il Quinta Apolonia 2016 Belondrade (Spagna); il Saumur Blanc les Pentes 2015 Michel Chevré (Francia); il Ried Liebenberg Grüner Veltliner Smaragd 2016 Josef Jamek (Austria) e Die Ouwingerdreeks ‘Skurfberg’ White 2016 The Sadie Family (Sud Africa).

Chi vince? Ovviamente quel “concetto” che Luca vuole ostentare con forza, ovvero vince l’emozione, a cui sono legato da sempre, di godere di vini sapidi e minerali, fortemente legati al territorio di appartenenza, incredibilmente bevibili, pieni di suggestioni e tecnicamente perfetti. Che, tradotto, significa assaporare l’anima di quei vini di cui non ne hai mai abbastanza: dopo la prima bottiglia ti fiondi a stapparne un’altra, e poi un’altra …

Amo il Verdicchio per la sua fluidità, la sua eccezionale capacità di trasmettere immagini di una soavità incomparabile. Un grande vino “gastronomico”, incastonato, come una gemma, in una terra meravigliosa. E sono felice che il Verdicchio di Stefano sia lì, a conversare amabilmente con i grandi Chenin Blanc, Grüner Veltliner o Verdejo. Aprirsi al mondo è come rinascere, risplendere di sfumature nuove, rafforzare la propria indole contro l’atavica idiosincrasia a mostrare i muscoli fuori dal proprio paese.

Dopo la lectio magistralis di Luca, ecco Moreno Cedroni, che entra in scena in punta di piedi, lasciando per una sera nel cassetto le iperboli di una cucina troppo concettuale. Non vuole fare il centravanti, non vuole infilarsi la maglia numero 9 o 10, quelle le lascia a Stefano e Luca.

Indossa la numero 4, quella dei grandi mediani, che recuperano mille palloni e rilanciano l’azione che porta al gol: Scampo marinato all’arancia e sfera bitter; Catalana e panzanella; Frittatina morbida alla vongole, erbe di campo selvatiche e cavolo fermentato; Tortellini ripieni di parmigiano liquido, tartare di manzo e accenno di pomodoro; Filetto di Fassona, verza, aglio nero e topinambur; Castagnola fritta, crema Chantilly, cioccolato bianco e sorbetto al mandarino.

Gusti chiari, espliciti, per nulla dissimulati. Giusto per accompagnare quel fiume di vino che arriva sulla mia tavola, tra cui uno spettacolare Verdicchio Stefano Antonucci Classico Superiore 2010 e il leggendario Mossone 2015, uno dei grandi Merlot italiani.

Conosco Stefano Antonucci, Luca Gardini e Moreno Cedroni da molti, molti anni.

Ancora riescono a stupirmi e a rendermi felice.

E’ un buon segno. Per me e per loro.

 

Selfie d’autore

 

www.santabarbara.it

www.gardininotes.com

www.morenocedroni.it